Smart Working nella Pubblica Amministrazione: Novità

L'editoriale di Eufranio Massi

Smart Working nella Pubblica Amministrazione: Novità

Lo smart working nella pubblica amministrazione

Da strumento di nicchia, disciplinato, in via normativa, dagli articoli 18 e seguenti della legge n. 81/2017, il lavoro agile ha avuto, per necessità contingenti, una crescita più che esponenziale, durante la pandemia e di ciò gran parte si è verificato nel settore pubblico, in maniera abbastanza uniforme, con pochi riferimenti alla produttività.

Lo smart-working, ricordo, per inciso, è una modalità di esplicazione dell’attività lavorativa subordinata che si svolge in parte all’interno ed in parte all’esterno del luogo di lavoro.

Il nuovo contratto collettivo: un cambiamento strategico

Questa breve riflessione tende ad esaminare le novità introdotte con il nuovo contratto collettivo per i dipendenti dei Ministeri, delle Agenzie Fiscali e degli Enti Pubblici non economici, la cui ipotesi di accordo è stata siglata il 6 novembre 2024.

La Pubblica Amministrazione, dopo un periodo di incertezza, intende investire sul lavoro agile: probabilmente (anche se la cosa non è detta espressamente), con tale sistema si cerca di invogliare candidati residenti nelle Regioni del Meridione, restii ad accettare, pur vincitori di concorsi, posti negli Uffici pubblici del Nord a causa delle retribuzioni e del caro vita, in particolar modo della casa, ecc. Di ciò un esempio è rappresentato da una serie di selezioni nelle quali non sono stati coperti i posti che hanno riguardato gli Ispettorati territoriali del Lavoro del Nord.

Stando alla lettura dell’articolato (art. 13) la Pubblica Amministrazione si pone, con il lavoro agile, un duplice, ambizioso, obiettivo: quello di incrementare la produttività lavorativa e quello di venire incontro alle necessità dei cittadini. Ovviamente, passando dalle parole (belle) ai fatti, occorrerà trovare nella variegata gamma delle prestazioni offerte dalla Pubblica Amministrazione, metodi rigorosi per misurare sia la produttività (con estrema responsabilizzazione dei Dirigenti) che i benefici per l’utenza. Metto l’accento su questi due passaggi che, a mio avviso, restano fondamentali.

Gli obiettivi del lavoro agile nella PA

L’art. 13, dopo aver definito lo smart-working uno strumento di natura consensuale e volontaria, stabilisce che, in linea di principio, esso è utilizzabile da tutti i lavoratori: sta alle singole Amministrazioni escludere i dipendenti che lavorano in presenza, a turno, o quelli che utilizzano strumenti di lavoro che non possono essere utilizzati “da remoto”. La misura di utilizzazione del lavoro agile non può, ovviamente, essere uniforme: penso, ad esempio, a quei lavori che richiedono l’accesso in altri luoghi di lavoro come avviene per gli organi di vigilanza (qui, il lavoro agile potrebbe essere limitato ai momenti in cui si svolge attività di ufficio).

La norma contrattuale sembra favorire nella scelta i soggetti che si trovano in particolari condizioni (disabili, fruitori dei permessi ex lege n. 104/1992), proponendo un supporto alla soluzione di questioni che riguardano le vite e le situazioni personali. È sperabile, comunque, che in tal caso non si perdano di mira i due obiettivi principali ai quali ho fatto cenno pocanzi.

Regole per la contattabilità e la flessibilità lavorativa

Con il successivo articolo 14 l’ipotesi di accordo parla di “contattabilità” del dipendente “in smart”: ciò può avvenire sia via mail che per telefono, durante l’orario medio giornaliero di lavoro. Il fatto che la prestazione avvenga “da remoto”, non esclude la possibilità che lo stesso chieda i permessi previsti dalle norme legali e contrattuali, come se fosse in ufficio: durante il lavoro agile non sono possibili prestazioni di lavoro straordinario, missioni o la percezione di indennità per lavoro disagiato, mentre viene riconosciuto il ticket per il buono posto.

L’amministrazione, con un preavviso di un giorno, si riserva di richiamare in ufficio il dipendente per esigenze di servizio o per questioni tecnico-informatiche strettamente correlate alla prestazione da remoto.

Il diritto alla disconnessione e il rispetto dei tempi di riposo

C’è, poi, la questione della disconnessione e della “non attività” del lavoratore: le prestazioni, come recita l’art. 7 del D.L. vo n. 66/2003, sono precluse nell’arco temporale di 11 ore rispetto alla fine della precedente attività e sono, altresì vietate, tra le 22 e le 6 del giorno successivo. Ciò comporta, in tali periodi, l’assenza di contatti per motivi di lavoro con altri colleghi o con il responsabile dell’Ufficio, il divieto di leggere e-mail o messaggi correlati al lavoro, nonché l’accesso al sistema della propria Amministrazione.

Questa, per sommi capi, è la disciplina del lavoro agile pubblico che, necessariamente, dovrà essere calata nelle singole realtà e modellata sulle stesse.

Telelavoro e lavoro agile: una differenza fondamentale

Durante la pandemia lo smart-working è stato utilizzato “a piene mani” dalla Pubblica Amministrazione ma, nella realtà, questo era “un telelavoro adattato”: ora, con l’art. 15 si ribadisce che quest’ultimo è un’altra cosa in quanto, con una serie di garanzie previste sin dal D.P.R. n. 70/1999, la prestazione può effettuarsi, totalmente, nel domicilio del dipendente a condizione che sia disponibile un ambiente di lavoro del quale sia stata verificata, in via preventiva, la conformità alle norme generali di prevenzione e sicurezza.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 360 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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