Le proroghe nei contratti a tempo determinato [E. Massi]
Tra le novità più importanti rilevabili nella disciplina dei contratti a termine dopo le profonde modifiche introdotte con la legge n. 78/2014, spicca quella delle proroghe.
L’esame che intendo effettuare con questa riflessione riguarda non soltanto l’istituto ma anche le possibili correlazioni con altri “passaggi normativi” non toccati dalla legge di riforma.
Ma, andiamo con ordine partendo da ciò che il D.L.vo n. 368/2001 affermava fino al 20 marzo 2014.
La proroga, secondo il vecchio art. 4, era strettamente legata al singolo contratto e poteva essere prevista anche per un periodo superiore al termine iniziale (e, comunque, entro il tetto massimo dei 36 mesi) a condizione che vi fosse il consenso del lavoratore, che si riferisse alla stessa attività lavorativa e che, infine, sussistessero ragioni oggettive. Ora, ferma restando la previsione dell’originario D.L. n. 34/2014 che prevedeva ben otto proroghe nell’ambito dello stesso contratto (e che è stata superata dal testo definitivo pubblicato in Gazzetta Ufficiale la sera del 19 maggio u.s.), il numero massimo delle stesse viene stabilito in cinque nell’ambito dei 36 mesi e a prescindere dal numero dei rinnovi contrattuali. In sostanza, le proroghe costituiscono una sorta di “bonus” da spendere nell’arco temporale massimo e non sono più riferite ai singoli contratti a tempo determinato. Da ciò ne consegue che il datore di lavoro può gestire, con la fine delle ragioni giustificatrici, le proprie eventuali esigenze a termine, stipulando sia una pluralità di contratti a termine che, attingendo alle proroghe, che, infine, ricorrendone le condizioni, alla possibilità di “sforamento” del termine, con la prosecuzione del rapporto fino a trenta o cinquanta giorni (a seconda della durata del contratto) con le maggiorazioni legali previste dall’art. 5 del D.L.vo n. 368/2001.
Le motivazioni oggettive, determinanti per la legittimità della vecchia proroga, non ci sono più: l’eliminazione è coerente con il fatto che è stata superato il requisito delle ragioni giustificatrici.
Il consenso del lavoratore è sempre richiesto: qui nulla è cambiato rispetto al passato e la stessa Giurisprudenza ha convenuto, fin dalla vigenza della legge n. 230/1962, che lo stesso potesse essere manifestato in forma orale (Cass., n. 6305/1988; Cass., n. 4360/1986; Cass., n. 3517/1981), o ravvisabile per “fatti concludenti” dalla prosecuzione dell’attività lavorativa (Cass. n. 4939/1990), potendo essere fornito dal prestatore, anche in via preventiva, al momento della stipula iniziale (Cass., n. 6305/1988).
La proroga deve riguardare la “stessa attività lavorativa”, rispetto alla quale, in passato, in presenza delle “causali”, la Giurisprudenza (Cass., n. 10140/2005; Cass., n. 9993/2008) l’aveva riferita alla “dimensione oggettiva riferibile alla destinazione aziendale”. Ciò stava a significare che attraverso la proroga il dipendente non potesse essere adibito ad altre attività non correlate a quelle per le quali il contratto era stato originariamente stipulato. Detto questo, e in attesa di auspicabili chiarimenti amministrativi ed orientamenti dottrinari non può che affermarsi il principio secondo cui il lavoratore non possa essere utilizzato, anche in reparti od uffici diversi, soltanto per le mansioni per le quali è stato sottoscritto il contratto originario.
Una novità conseguente alla fine delle ragioni giustificatrici è rappresentata dal fatto che il Legislatore ha cancellato il comma 2 dell’art. 4 (l’onere della prova della esistenza delle stesse a carico del datore di lavoro) in quanto esso era divenuto del tutto superfluo.
Il problema della applicabilità delle nuove regole ai contratti in essere stipulati prima del 21 marzo 2014 (data di entrata in vigore del D.L. n. 34/2014) è stato risolto dall’art. 2 –bis (introdotto in sede di conversione) il quale afferma che le modifiche introdotte con l’art. 1 (contratti a termine) e con l’art. 2 (contratti di apprendistato) si applicano unicamente ai rapporti di lavoro instaurati a decorrere dalla data appena citata, fermi restando gli effetti già prodotti dalle disposizioni del D.L. n. 34/2014 (prima delle modifiche) che è stato in vigore dal 21 marzo al 19 maggio u.s. . Detto principio non è altro che l’applicazione di quanto previsto, in via generale, sotto l’aspetto civilistico, secondo cui nei contratti si applicano le regole vigenti al momenti della loro conclusione.
Sotto l’aspetto prettamente operativo non si può non sottolineare come, in prospettiva, un uso “oculato” delle proroghe da parte del datore di lavoro (che, quindi, possono essere più di una in ogni contratto, nel limite massimo di cinque riferibili a più rapporti nell’arco del triennio complessivo di durata intesa anche come sommatoria di rapporti), potrebbe portare ad una utilizzazione “minore” dello sforamento del termine finale che, in un’ottica di flessibilizzazione del contratto fu introdotta per non gravare sul datore di lavoro con il peso della scadenza del termine e con la conversione automatica a tempo indeterminato. Ebbene, tale flessibilità ha un costo che è pari al 20% di aumento sulla retribuzione riferita ai primi dieci giorni, che sale al 40% a partire dall’undicesimo e che ha incidenza non soltanto sulla contribuzione ma anche sugli istituti contrattuali connessi (art. 5, comma 2). Va, peraltro, sottolineato come l’allungamento “monetizzato” del rapporto attraverso la continuazione delle prestazioni oltre il termine fissato è possibile soltanto per la durata massima fissata dalla norma (trenta giorni se il contratto aveva una durata fino a sei mesi e cinquanta, se superiore), con la conseguenza che se, per ipotesi, dovesse allungarsi ulteriormente, senza soluzione di continuità, lo stesso, in assenza di comunicazioni al centro per l’impiego, diverrebbe “in nero” a partire dal giorno successivo.
Orbene, si potrebbe verificare il caso che un datore di lavoro provveda a prorogare un contratto (pur se già prorogato almeno una volta) “risparmiando” sulla retribuzione dovuta in caso di sforamento. Ovviamente, la proroga va comunicata, entro cinque giorni dal momento in cui è iniziata, on – line al centro per l’impiego (la sanzione per l’inottemperanza, diffidabile nella misura minima, è compresa tra 100 e 500 euro), mentre lo sforamento non va comunicato, essendo venuto meno l’obbligo, peraltro non sanzionato, per effetto della previsione contenuta nel D.L. n. 76/2013, convertito, con modificazioni, nella legge n. 99/2013.
Le questioni relative alla nuova disciplina delle proroghe non riguardano i contratti a termine che sono al di fuori dell’ombrello applicativo del D.L.vo n. 368/2001: mi riferisco, ad esempio, a quello più in uso che riguarda l’assunzione a tempo determinato dei lavoratori in mobilità per un massimo di dodici mesi. L’esclusione dal campo di applicazione è sancita dall’art. 10, comma 1, lettera c-ter, che fa salvi soltanto l’art. 6 che fissa i principi anti discriminazione e l’art. 8 sul computo dei dipendenti ai fini delle garanzie sindacali ex art. 35 della legge n. 300/1970. Ciò significa che una serie di istituti non sono minimamente applicabili a tale tipologia: mi riferisco, ad esempio, al fatto che il contratto a termine del lavoratore in mobilità non rientra nella sommatoria dei 36 mesi, all’assenza dell’intervallo tra un contratto e l’altro, allo sforamento del termine fissato e, infine, alle proroghe le quali, pur nell’arco temporale considerato che è di dodici mesi, potrebbero anche essere più di cinque.
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267 Commenti
Andrea
Maggio 25, 18:46Gentilissimo dott. Massi,
La contatto per esporLe un quesito, su cui spero possa aiutarmi a fare luce.
Ho 38 anni, e avevo un contratto a tempo determinato in un resort come Direttore Commerciale (durata un anno), inquadramento II livello. E’ scaduto a novembre scorso, e sono stato in disoccupazione (la struttura era chiusa per lockdown).
Il primo maggio, il datore di lavoro mi ha detto che aveva attivato un contratto di apprenditato manageriale, che sarebbe iniziato il giorno stesso.
Al giorno 25 (quindi dopo 25 giorni di effettivo lavoro), finalmente mi viene sottoposto il contratto cartaceo per la firma. In esso si legge che sono apprendista Direttore Commerciale III livello.
Questo è legalmente possibile? Essere apprendista di ciò che ero prima, ad un livello inferiore, e per giunta senza aver firmato il contratto (che però è partito)?
La ringrazio molto,
Emanuela
Maggio 03, 12:22Buongiorno Dottore.
Dal 1 novembre 2020 ero in disoccupazione per il non rinnovo di un contratto di 3 anni.
L’11 gennaio 2021 sono stata assunta tramite agenzia interinale presso una azienda fino al 28.02. Mi è stato prorogato fino al 30.04, poi progato fino al 6 agosto, per cui la kia disoccupazione risulta solo sospesa. Se trovassi un lavoro migliore è possibile recedere il contratto anticipatamente senza penali? Qualora non mi trovassi bene, posso recedere il contratto, dando il preavviso, e riprendere la disoccupazione?
La ringrazio.
Cordiali saluti
Emanuela
Andrea
Febbraio 26, 12:14Buona giornata,
Le chiedo cortesemente il seguente chiarimento.
Nel computo massimo di durata massima del contratto a tempo determinato si deve computare il periodo di tirocinio extracurriculare effettuato presso la stessa azienda prima dell’assunzione a termine.
Grazie
Ariadne72
Gennaio 26, 11:53Buon giorno, ho un contratto a tempo determinato che scadeva il 22.01.2021 e mi è stato prorogato al 31.03.2021. Possono non rinnovarmelo o forse c’è un’altra proroga dopo quella data visto il covid-19
Eufranio Massi
Febbraio 09, 10:15Dopo il 31 marzo, tornano le vecchie regole. Ciò significa che il contratto può essere prorogato per un massimo di 4 volte, che fino alla durata di 12 mesi la proroga avviene senza usale e che, dopo, occorre inserirla. La durata massima del contratto a termine è 24 mesi.
Dott. Eufranio Massi
alessio
Gennaio 19, 13:15Volevo porvi una domanda, ho un contratto a tempo determinato presso il Comune che scade a marzo. Ho diritto al TFR anche in caso di proroga o rinnovo del contratto?
ho letto che con la proroga slitta la data di scadenza originaria e il rapporto non si interrompe ma prosegue quindi ergo che il tfr non sia ancora dovuto a differenza del rinnovo che è proprio l ‘inizio di un altro contratto. Chiedo delucidazioni. grazie
Eufranio Massi
Febbraio 09, 09:59Il pagamento del TFR (art. 2120 cc) avviene al termine del rapporto. Se il contratto viene prorogato il rapporto non termina ma prosegue. Se, invece, il contratto viene rinnovato ci si trova di fronte ad uno stacco tra il precedente è quello nuovo (almeno dieci o venti giorni a seconda che il precedente rapporto sia durato fino a sei mesi od oltre) e, quindi, a due contratti diversi.
Dott. Eufranio Massi
Angela
Gennaio 17, 12:59Buongiorno,
non riesco ad avere risposte per quanto riguarda la mia situazione.
Sono stata assunta come apprendista da un’azienda con 7 / 8 dipendenti, in Ottobre 2018.
Ho partecipato anche al corso di formazione, ma mi sono stati fatti 4 contratti determinati prorogati ogni 3/4 mesi fino al Dicembre 2019 dove poi non mi è stato rinnovato dicendomi di restare a casa per un paio di mesi e ricominciare successivamente.
Questo non è accaduto e nel frattempo un’altra collega entrata poco dopo di me, non apprendista, è stata assunta con contratto indeterminato.
L’azienda non ha l’obbligo di farmi finire i tre anni di apprendistato? Come funziona in questo caso? Quali possono essere i miei diritti?
La ringrazio infinitamente
Eufranio Massi
Febbraio 09, 09:59Dalla lettura della sua nota non si capisce se il rapporto di apprendistato è terminato prima del periodo formativo per scelta aziendale (licenziamento) o per sua iniziativa (dimissioni) e sostituito da un contratto a tempo determinato prorogato 4 volte (che è il numero massimo di proroghe previste per tale ultimo contratto). Dalla fine del contratto a termine si hanno sei mesi di tempo per esercitare per iscritto il diritto di precedenza per una assunzione a tempo indeterminato per le mansioni già svolte e tale diritto si estingue dopo dodici mesi dalla fine del precedente rapporto.
Le consiglio di rivolgersi all’Ispettorato territoriale del Lavoro con tutta la documentazione del caso.
Dott. Eufranio Massi