La telenovela dell’informativa sindacale per le recenti integrazioni salariali
L'editoriale di Eufranio Massi
Gli ammortizzatori previsti dall’art. 7 del D.L. n. 4/2022 rientrano, pienamente, nell’alveo del percorso delineato dal D.L.vo n. 148/2015, profondamente rinnovato dalla recente legge di Bilancio.
Questa scelta del Legislatore non è, assolutamente, venuta incontro a chi riteneva che, perdurando lo stato di emergenza, fosse possibile prorogare i trattamento integrativi COVID fino al prossimo 31 marzo. La norma, invece, punta ad affrontare i problemi delle aziende in difficoltà i cui settori di appartenenza sono individuati dai codici ATECO contenuti nell’Allegato 1 al D.L. (elencazione, a mio avviso, non completamente esaustiva), affermando che le sospensioni e le riduzioni di orario di lavoro attuate da queste imprese nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 marzo, comportano, unicamente, in “non pagamento” della contribuzione addizionale. Null’altro si dice, per cui tutte le altre disposizioni, contenute nel Decreto Legislativo, trovano applicazione, ivi compresa quella dell’art. 14 ove l’informazione e la consultazione sindacale (pur se non seguita da un accordo cosa che non è obbligatoria) debbono avvenire in via preventiva, pur se telematica, come stabilito, da ultimo, dall’art. 23 del D.L. n. 4. La procedura si applica sia alla CIGO che al Fondo di integrazione salariale (FIS).
Il rispetto di tale precetto è risultato, da subito, impossibile da rispettare atteso che il D.L. n. 4 è entrato in vigore il 27 gennaio e le richieste di integrazione possono partire dal 1° gennaio: chi ha scritto la norma ha “dimenticato” questo aspetto “non secondario” che è stato sottolineato, da subito, dai primi commentatori e, soprattutto, dagli operatori chiamati a gestire una situazione impossibile.
Tutto ciò è stato, progressivamente, compreso dagli organi amministrativi tanto è vero che, nel giro di 17 giorni (cosa del tutto inusuale per un decreto legge), ben quattro documenti (la circolare INPS n. 18/2022 ed i successivi messaggi n. 606 e n. 802 e la circolare n. 3 del Ministero del Lavoro) sono stati emanati per cercare di superare la problematica appena descritta: si è passati, progressivamente, da una interpretazione che sembrava di non tener conto delle criticità ad una che consente, nell’ottica della semplificazione, la possibilità, per le imprese che rientrano nei codici ATECO individuati nell’allegato, di effettuare l’informativa e la consultazione sindacale “ex post”.
E’ appena il caso di sottolineare come tale passaggio procedurale, che si deve svolgere in tempi ben definiti dal Legislatore, sia importante e non nuovo nelle CIGO, atteso che era previsto anche nella legge n. 164/1975, in quanto i lavoratori, per il tramite dei loro rappresentanti sindacali, nonché delle organizzazioni territoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, debbono essere messi a conoscenza, delle motivazioni che hanno portato a tale scelta, della durata e del numero dei soggetti coinvolti.
I primi interventi dell’Istituto che hanno spostato in avanti il termine della presentazione delle istanze relative al periodo 1° gennaio – 7 febbraio, fino a portarlo, per problemi connessi alla operatività del sistema di integrazione salariale, al 23 febbraio, sempre rimanendo nel vago circa la questione principale relativa alla informazione ed alla consultazione che, ovviamente, nella stragrande maggioranza dei casi non poteva essere preventiva (il D.L. n. 4/2022 ai primi di gennaio non c’era, si era ancora in piena pandemia, e si rincorrevano voci circa una proroga della Cassa COVID, ecc.).
Indubbiamente le difficoltà dell’INPS nascevano dal fatto che affermare “a chiare lettere” la possibilità che la procedura potesse essere, legittimamente, effettuata “ex post”, non era cosa semplice essendo ipotizzabile, per un dirigente pubblico, una responsabilità erariale, per aver autorizzato trattamenti in contrasto con una disposizione di legge il cui obiettivo è quello di portare a conoscenza dei lavoratori, per il tramite delle organizzazioni sindacali, le difficoltà in cui si trova l’azienda. Di qui, l’idea di “responsabilizzare” in una sorta di “scarica barile” le organizzazioni sindacali a rilasciare una dichiarazione con la quale si affermava (cosa non vera, nella stragrande maggioranza dei casi) che “la procedura era stata correttamente espletata”.
Con la circolare n. 3 del Ministero del Lavoro del 16 febbraio, qualcosa cambia e, soprattutto, sulla scorta di tale indirizzo, l’INPS, con il messaggio n. 802emanato il giorno successivo, rivede, integralmente, quanto già affermato con il precedente messaggio n. 606.
Fino al 31 marzo, afferma l’Istituto, viene prevista una procedura semplificata per le istanze di accesso alle integrazioni salariali del FIS e dei Fondi di solidarietà bilaterali ex art. 26 e 40 del D.L.vo n. 140/2015 delle aziende ricomprese nei codici ATECO inseriti nell’Alleato 1 al D.L. n. 4/2022.
La procedura semplificata che concerne tre aspetti importanti.
Il primo, riguarda l’informativa e la consultazione sindacale che possono essere anche successive alla richiesta di sospensione o riduzione di orario: le aziende possono presentare la domanda anche senza aver allegata la prescritta documentazione che, tuttavia, dovrà essere prodotta, pena il “non accoglimento” dell’istanza, prima della approvazione, allorquando l’INPS la chiederà attraverso il c.d. “supplemento istruttorio” ex art. 11 del D.M. 95442/2016.
Il secondo, fa riferimento alla richiesta di pagamento diretto, in presenza di difficoltà di natura economica che non consentono l’anticipo del trattamento di cassa ai dipendenti. Essa non dovrà essere accompagnata dal prospetto contenente gli indicatori di liquidità, ma sarà sufficiente una mera dichiarazione delle difficoltà temporanee che la giustificano (effetti legati al COVID-19). Tale indicazione, che rappresenta una deroga rispetto al principio generale fissato nell’art. 7 del D.Lvo n. 148/2015, vuol essere, soprattutto, un aiuto ai piccoli datori di lavoro (quelli dimensionati fino a cinque dipendenti) che durante la pandemia fruivano, quale forma di erogazione delle integrazioni salariali, del pagamento diretto.
Il terzo concerne la semplificazione delle procedure di richiesta per i trattamenti di sostegno derivanti da una delle causali integrabili: ad esempio, la mancanza di lavoro e di commesse o la crisi di mercato che, in genere, accompagnano le istanze di CIGO potranno essere giustificate con una relazione ove, in maniera sintetica, si fa riferimenti agli effetti conseguenti alla crisi pandemica che hanno inciso negativamente sull’attività.
Alcune brevi considerazioni si rendono, a mio avviso, necessarie e riguardano, soprattutto, l’informativa sindacale.
E’, sicuramente, apprezzabile lo sforzo dell’Istituto, supportato dall’indirizzo espresso dall’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro, che ha cercato di ovviare all’assenza di un regime transitorio e, soprattutto, alla carenza del Legislatore che ha dimenticato un aspetto impossibile da rispettare come quello della informazione “preventiva” ma, non ci si può non chiedere, perché tale sforzo sia stato fatto, sostanzialmente, per le richieste di FIS e quelle dei Fondi di solidarietà bilaterali ex art. 26, riguardanti le aziende rientranti all’elenco allegato al D.L. n. 4/2022, non sia stato possibile farlo anche per le imprese che richiedono l’integrazione salariale con il regime ordinario e che, nel mese di dicembre e gennaio u.s. hanno vissuto la stessa emergenza dovuta al COVID ove l’informativa, essendo preventiva per una cassa che è iniziata ai primi di gennaio, sarebbe dovuta essere anticipata e, quindi, svolta nel mese di dicembre, con i termini, previsti dall’art 14 che, per i datori che occupano più di 50 dipendenti sono di almeno 25 giorni prima. Per costoro, la procedura può essere sostituita da una attestazione delle organizzazioni che certifica come l’iter normativo sia stato rispettato.
Per questi datori di lavoro restano in vigore anche le procedure ordinarie sia per il pagamento diretto ex art. 7 del D.L.vo n. 148/2015 che per le causali ove la prassi amministrativa richiede dettagliate relazioni tecniche. Identico ragionamento va fatto per le imprese che ricadono nelle tutele del FIS ma che non sono comprese nell’elenco allegato al D.L. n 4/2022.
A mio parere, le questioni legate alla mancanza di un periodo transitorio fino al 31 marzo per tutte le imprese non finiscono qui: probabilmente, ci saranno altri interventi amministrativi, in attesa che nella conversione in legge del D.L. n. 4/2022 non siano sanate tutte le posizioni “ex post”, come, auspicabilmente, sarebbe opportuno.
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