La certificazione di parità come incentivo all’occupazione femminile
I dati dell'Istat mostrano un'incidenza in percentuale dell'occupazione femminile ancora troppo bassa: la certificazione di parità può essere un incentivo per le imprese
Su dieci lavoratori, in Italia, le donne sono soltanto quattro. L’Istat ha diffuso i primi dati sull’occupazione 2021, elaborati dalla Fondazione Moressa. I numeri evidenziano una crescita di 169mila unità rispetto al 2020 (+ 0,8%), ma il bicchiere è solo mezzo pieno, visto che, analizzando il trend sul lungo periodo, l’aumento non ha ancora compensato le posizioni perse: i 22.554.000 lavoratori dei 2021 sono sotto il dato dei 22.959.000 del 2018.
Ma per i due segmenti – maschile o femminile – dove si concentra l’incremento? In questo senso, per l’occupazione femminile la crescita appare più strutturale e riguarda quasi tutti i settori (specialmente quello dei servizi, con oltre il 70% di occupate); mentre quella maschile è presente per lo più in quello delle costruzioni.
Dov’è, quindi, il deficit? Nell’esiguità dell’aumento dell’occupazione femminile rispetto al totale. L’incidenza, infatti, è solo del 42,2%, e scende ulteriormente in alcune regioni del Sud (Campania, Sicilia e Calabria su tutte).
La certificazione di parità
Un nuovo impulso all’inserimento lavorativo delle donne potrebbe arrivare dall’attivazione di una delle misure del Pnrr: la certificazione di parità. Si tratta di uno strumento che consentirà alle aziende che promuovono la parità di genere di avere vantaggi fiscali. Lo scorso 24 marzo è stata delineata la prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, che definisce i criteri della certificazione di genere. Le sei aree di valutazione sono le seguenti:
- Cultura e strategia
- Governance
- Processi HR
- Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda
- Parità salariale
- Tutela della genitorialità e conciliazione vita lavoro
Ciascuna area è rappresentata da un peso percentuale che consente la misurazione del livello attuale dell’organizzazione e rispetto al quale viene misurato il miglioramento nel tempo. Il monitoraggio è annuale con verifica ogni due anni.
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