Il vademecum per gli ispettori del lavoro nelle verifiche sulle integrazioni salariali straordinarie [E.Massi]
Tutto si può dire della riforma in materia di integrazioni salariali introdotta dal decreto legislativo n. 148/2015 meno che la Direzione Generale competente non si dia data da fare sfornando continuamente chiarimenti, interpretazioni e modalità operative il cui obiettivo è quello di rendere agevole il compito degli “addetti ai lavori” alle prese con una normativa del tutto nuova.
Sotto questo aspetto particolarmente importante appare la circolare n. 27 dell’8 agosto 2016 con la quale sono state fornite indicazioni ai Dirigenti delle Direzioni territoriali del Lavoro ed agli organi di vigilanza per procedere ai controlli richiesti dalle disposizioni che, rispetto al passato, se mi è consentito un paragone, appaiono, se pur diversi e numericamente inferiori, più finalizzati alla effettiva verifica del piano di risanamento presentato. Basti pensare alle verifiche “in corso d’opera” per i programmi di integrazione salariale previsti dall’art. 1 della legge n. 223/1991 o al fatto che per i contratti di solidarietà nulla era previsto (una forma di controllo c’era soltanto per i c.d. “contratti di solidarietà di tipo B” disciplinati dall’art. 5 della legge n. 236/1993, abrogato dallo scorso 1 luglio).
Fatta questa breve premessa, ritengo di dover entrare nel merito della questione cercando di focalizzare le questioni operative.
Come è noto, il decreto legislativo n. 148/2015 prevede che nei casi di ricorso alla CIGS (per ristrutturazione o per crisi aziendale) e al contratto di solidarietà difensivo, il controllo degli organi di vigilanza debba avvenire negli ultimi tre mesi della fruizione dell’ammortizzatore ed il verbale di verifica debba essere inviato alla Direzione Generale per gli Ammortizzatori Sociali e gli Incentivi all’Occupazione entro i 30 giorni successivi al termine del periodo, attraverso il sistema telematico della Cigsonline. Le Direzioni territoriali del Lavoro (ed, a breve, gli Ispettorati territoriali del Lavoro che ne erediteranno i compiti, con la piena attuazione del decreto legislativo n. 149/2015) sono in grado, da subito, di “calendarizzare” la verifica in quanto sono destinatarie, sin dall’inizio, della istanza con cui il datore di lavoro chiede l’intervento integrativo, atteso che è lo stesso sistema telematico ministeriale a notificarglielo. Si tratta di un adempimento da tenere in debita considerazione e che nella programmazione dell’attività dell’Ufficio riveste un ruolo di primaria importanza sia sotto l’aspetto delle ricadute sociali che sotto quello degli impegni di natura economica.Ovviamente, i controlli, che non possono essere soltanto documentali vanno effettuati sul posto, variano da causale a causale e possono presentare criticità e problematiche diverse.
Per qualsiasi ipotesi sarà sempre il D.M. n. 94033 del 13 gennaio 2016 a rappresentare il punto di riferimento degli ispettori.
È’ il caso, ad esempio, della ristrutturazione aziendale ove gli organi di vigilanza debbono, attentamente, vagliare il risultato degli investimenti per il periodo considerato. Essi debbono essere superiori in valore a quelli effettuati, come media, nella unità produttiva oggetto di intervento nel biennio precedente e, soprattutto, riscontrando sia la documentazione contabile cha ” visionando” il posto, debbono verificare che tali investimenti (ad esempio, la installazione dei nuovi macchinari acquistati che sia avvenuta presso l’unità da ristrutturare) siano quelli previsti nel piano di risanamento.
Particolare attenzione va indirizzata verso una eventuale formazione che veda coinvolti i lavoratori sospesi o in riduzione di orario. Qui sono diverse le cose da verificare (anche acquisendo le dichiarazioni degli interessati): “in primis” la stretta correlazione tra la formazione effettuata e le sospensioni, cosa che può generare alcune criticità, soprattutto se si svolge sul posto di lavoro e coinvolge un numero abbastanza alto di lavoratori. La criticità che potrebbe portare a forme elusive può essere superata accertando che il percorso formativo è finalizzato esclusivamente all’aggiornamento e non alla produzione: qui, molto opportunamente, la circolare n. 27 offre alcuni parametri indicativi che fanno riferimento alle mansioni ed ai compiti diversi, alla adibizione su macchinari ed attrezzature diverse, al contenuto del progetto formativo, alla idoneità dei soggetti formatori ed alle forme di “tutoraggio” da parte di lavoratori esperti.
La sospensione ed il recupero occupazionale sono gli altri elementi da controllare: la prima comporta che l’entità, le modalità ed il tempo richiesto debbono essere collegati alla riorganizzazione, il secondo che la percentuale di recupero del personale sospeso nella misura almeno del 70% sia stata effettivamente rispettata. Di qui la verifica numerica dei dipendenti rientrati in azienda, di quelli che hanno trovato una ricollocazione in altra struttura aziendale o in un’altra impresa o che hanno risolto in modo “non oppositivo” il rapporto di lavoro (dimissioni, risoluzioni consensuali, procedura collettiva di riduzione di personale, conclusasi con il criterio della volontarietà).
Diversi sono, invece, i controlli in caso di crisi aziendale che, rispetto al passato, non è più “agganciata” alla ipotesi della cessazione di attività.
Laddove si è in presenza di un andamento involutivo (bilanci in rosso nell’ultimo biennio), di un ridimensionamento dell’organico, andrà verificato se vi siano state assunzioni (di per sé non vietate se si tratta di profili professionali non presenti in azienda e assolutamente necessari per la produzione) ma, in ogni caso, se effettuate, andranno giustificate, soprattutto se sono portatrici di agevolazioni di natura economica e contributiva. Ovviamente, la crisi è, normalmente, accompagnata da un piano di gestione degli esuberi che si concretizza, il più delle volte, in una procedura di riduzione di personale: qui, va controllata la situazione che, al momento, si è concretizzata, rispetto al piano programmato.
Parzialmente diverso è il discorso relativo alla crisi improvvisa, dovuta, magari, ad un evento esterno ed improvviso (si pensi, ad esempio, ad un “embargo” delle importazioni e delle esportazioni determinata da una decisione politica). Qui, non vanno controllati l’andamento involutivo dell’ultimo biennio e la “stasi” occupazionale ma il piano di risanamento e l’eventuale ridimensionamento aziendale qualora sia stato prospettato.
Nel contratto di solidarietà difensivo, invece, va verificato il rispetto della riduzione di orario concordata, incrociando i dati del Libro Unico del Lavoro e delle timbrature, con le dichiarazioni dei lavoratori interessati. In tale quadro di riferimento va posta una particolare attenzione all’orario di lavoro, nel senso che un aumento delle prestazioni orarie possono essere giustificate soltanto se previste nell’accordo e, in ogni caso, determinano una riduzione della integrazione.
L’obiettivo del contratto di solidarietà, come recita la norma, è quello di evitare in tutto o in parte, i licenziamenti: tutto questo, per, come afferma il D.M. n. 94033, non esclude la possibilità che una riduzione di organico passi attraverso lo strumento della volontarietà (“criterio non oppositivo”) attivabile sia a livello collettivo con una procedura, che a livello individuale attraverso accordi tra le parti. Ci comporta che, qualora si sia concretizzata questa eventualità, gli organi di vigilanza dovranno controllare gli atti che hanno portato alla risoluzione dei singoli rapporti di lavoro. Ma, particolarmente importanti sono anche due ultimi controlli che gli ispettori si potrebbero trovare ad effettuare.
Mi riferisco, “in primis”, alla violazione del criterio della rotazione in CIGS di cui parlano l’art. 24, comma 6, del decreto legislativo n. 148/2015 ed il successivo D.M. n. 94956 del 10 marzo 2016, pensato per evitare una “ghettizzazione” dei lavoratori “scomodi”. È stato previsto un sistema sanzionatorio nei confronti di quelle imprese che, disattendendo quanto previsto nel verbale congiunto con le organizzazioni sindacali o dichiarato nella istanza di concessione della CIGS, non hanno effettuato la rotazione tra i lavoratori interessati alla sospensione od alla riduzione di orario: il D.M. ha quantificato la sanzione in un aumento del contributo addizionale previsto dall’art. 5 del decreto legislativo n. 148/2015 nella misura dell’1% calcolato sui singoli lavoratori per i quali non è stata applicata la rotazione e per il periodo accertato.
La circolare n. 27, dettando la modalità operative fissate nel D.M., afferma che gli ispettori effettuata la verifica con l’acquisizione della documentazione aziendale, della rilevazione dei dati del LUL, e delle dichiarazioni dei lavoratori, comminano la sanzione al trasgressore ma la materiale applicazione della stessa è opera della sede territoriale dell’INPS alla quale viene trasmesso il verbale. La sanzione, che consiste in un aumento dell’1% della percentuale, va correlata al periodo di godimento all’interno del quinquennio mobile (9%, 12% o 15%) e, quindi, può variare nei termini monetari. D’altra parte, è lo stesso art. 2 del D.M. a distinguere i due momenti affidando la comminazione della sanzione alla Direzione territoriale del Lavoro e la concreta applicazione alla sede locale dell’INPS.
Il secondo controllo particolarmente importante riguarda il c.d. “pagamento diretto” richiesto dalle imprese in difficoltà finanziarie anche attraverso la stessa istanza con la quale è stata fatta la richiesta dell’ammortizzatore straordinario.
Ebbene, il Ministero, chiede, richiamando le responsabilità derivanti dall’art. 2, comma 9, della legge n. 241/1990, che venga effettuato un accertamento sollecito (30 giorni dalla richiesta) ma che, soprattutto venga espresso, chiaramente, lo stato della situazione finanziaria (senza ricorrere a relazioni “fumose”), analizzando l’indice di liquidità riferita all’anno in corso: esso deve risultare negativo, con valore inferiore all’unità (come già precisato nella circolare n. 24/2015) ed è il risultato del rapporto tra liquidità immediate (contanti in cassa, assegni, conto corrente bancario, titoli negoziabili sul mercato, ecc.) e passività correnti (IVA, IRPEF, dipendenti, INPS, INAIL, ratei e riscontri passivi, partite passive da liquidare, ecc.). Se necessario, gli ispettori possono acquisire documenti degli organi di amministrazione e di controllo dell’impresa.
La circolare n. 27, ricorda, infine, che per gli interventi integrativi salariali in corso autorizzati sulla base della vecchia normativa antecedente il decreto legislativo n. 148/2015, gli ispettori del lavoro continueranno ad effettuare le verifiche sulla base dei tempi “cadenzati” dal D.P.R. n. 218/2000.
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