Il ticket licenziamenti nel 2023
L'Editoriale di Eufranio Massi
Il contributo di ingresso alla NASPI, come ogni anno, è soggetto a variazione, essendo legato al trattamento di disoccupazione che viene aggiornato al 100%, sulla base dell’inflazione. L’aggiornamento di quest’ultimo, unitamente a quello degli ammortizzatori sociali, è stato reso noto dall’INPS con la circolare n. 14 del 3 febbraio 2023.
Prima di entrare nel merito dei nuovi contributi richiesti ai datori di lavoro appare opportuno ricordare che:
a. Il ticket licenziamento deve essere corrisposto, in un’unica soluzione, entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è avvenuto il recesso, ogni qual volta il rapporto di lavoro a tempo indeterminato si risolve attraverso un atto volontario del datore. Esso è dovuto anche nell’ipotesi in cui un datore l’apprendista non venga confermato al termine del periodo formativo;
b. Il contributo di ingresso alla NASPI è dovuto anche nel caso in cui il rapporto si estingua per dimissioni dovute a giusta causa;
c. L’importo va versato anche nel caso in cui l’ex dipendente non abbia i requisiti soggettivi per la fruizione del trattamento di disoccupazione o abbia trovato una nuova occupazione;
d. Il contributo di ingresso va versato anche nel caso in cui la donna presenti, durante il c.d. “periodo protetto” le proprie dimissioni, confermate avanti ad un funzionario dell’Ispettorato territoriale del Lavoro;
e. Il contributo di ingresso va versato anche nel caso in cui sia il padre a presentare le proprie dimissioni, con le stesse modalità previste al punto d), nei casi previsti dall’art. 28 del D.L.vo n. 151/2001 (sostituzione della madre del bambino perché morta, o gravemente malata, o perché quest’ultima ha abbandonato il figlio, o perché risulta unico affidatario). L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota n. 9550 del 6 settembre 2022, ha affermato che il contributo NASPI va versato anche nel caso in cui a presentare le dimissioni (dal giorno della fruizione del primo permesso fino al compimento di un anno di età da parte del bambino) sia un lavoratore che ha fruito del congedo obbligatorio di paternità ex art. 27-bis (10 giorni nel periodo compreso tra il settimo mese di gravidanza ed il quinto mese “post-partum”, salvo trattamento di miglior favore previsto dalla contrattazione collettiva);
f. Il contributo è dovuto anche nel caso in cui il rapporto di lavoro si sia concluso con una risoluzione consensuale, sottoscritta avanti alla commissione provinciale di conciliazione presso l’ITL, all’interno della procedura obbligatoria relativa all’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo prevista dall’art. 7 della legge n. 604/1966 che riguarda le imprese dimensionate oltre le 15 unità ed i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del D.L.vo n. 23/2015;
g. Il contributo è dovuto anche nl caso in cui il lavoratore accetti, a seguito della procedura agevolata introdotta dall’art. 6 del D.L.vo n. 23/2015, una proposta economica ad accettazione del provvedimento di licenziamento (interpello Ministero del Lavoro n. 13/2015);
h. Il contributo è dovuto anche nel caso in cui si realizzi una risoluzione consensuale in sede “protetta”, a seguito di un rifiuto del lavoratore rispetto ad un ordine di trasferimento in una unità produttiva distante oltre 50 Km (o 80 minuti con i mezzi pubblici di trasporto).
Alcune puntualizzazioni si rendono, a mio avviso, necessarie e riguardano i licenziamenti.
Il ticket, a scanso di equivoci, è sempre dovuto, secondo le indicazioni più volte ribadite dall’INPS e riguarda:
a. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
b. Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, che ricorre nel caso del recesso disciplinare o per scarso rendimento, e per il quale vanno, comunque, rispettate le procedure di contestazione e di difesa previste dall’art. 7 della legge n. 300/1970;
c. Il licenziamento per giusta causa che va adottato con le garanzie previste dall’art. 7 della legge n. 300/1970;
d. Il licenziamento a seguito di contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato: esso comporta una quantificazione del contributo esclusivamente per i periodi che concorrono al computo dell’anzianità aziendale;
e. Il licenziamento avvenuto durante o al termine del periodo di prova: in tale ipotesi non si paga il contributo se il recesso è avvenuto nei primi 15 giorni, atteso che l’obbligo del versamento scatta allorquando si supera tale soglia;
f. Il licenziamento per superamento del periodo di comporto;
g. Il licenziamento per inidoneità alle mansioni, per il quale occorre seguire specifiche procedure previste sia dalla legge n. 68/1999 che dal D.L.vo n. 81/2008;
Dalla elencazione sopra indicata è escluso il licenziamento del personale domestico.
Quantificazione dell’importo per i licenziamenti individuali e per quelli collettivi
Ma, come viene quantificato l’importo del contributo di ingresso e, soprattutto, quale è il valore per l’anno 2023?
L’importo dovuto è pari, nei licenziamenti individuali, al 41% del massimale mensile di NASPI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale, senza alcuna distinzione tra rapporti a tempo pieno e rapporti a tempo parziale: per i periodi inferiori all’anno, il ticket va determinato in proporzione al numero dei mesi, il cui computo scatta al superamento dei 15 giorni.
Per il 2023, per ogni anno di lavoro alle dipendenze il valore è pari a 603,10 euro che è la risultante del 41% di 1.470,99 euro. Il tetto del contributo è fissato in 1.809,30 euro per i contratti che hanno avuto una durata pari o superiore ai 36 mesi. La quota mensile da prendere in considerazione, qualora l’anzianità sia inferiore all’anno, è pari a 50,26 euro che è la risultante di 603,10:12.
Per i licenziamenti collettivi cambia la percentuale, rispetto al trattamento di NASPI, con la quale va effettuato il calcolo del ticket. Essa è dell’82% rispetto al massimale mensile e non del 41%.
Di conseguenza, per ogni 12 mesi, il valore del ticket è pari a 1.206,21 euro (valore mensile 100,51), mentre per gli ex dipendenti che presentano una anzianità pari o superiore a 36 mesi il contributo da versare è pari a 3.618,63 euro. Questi importi, però, riguardano soltanto l’ipotesi in cui la procedura collettiva di riduzione di personale ex articoli 4, 5 e 24 della legge n. 223/1991 si sia conclusa con un accordo sindacale: se ciò non dovesse avvenire la misura del contributo è moltiplicata per 3 per ogni lavoratore interessato.
Norme particolari, sul valore del ticket, sono, infine, previste, in aumento, nel caso in cui il datore d lavoro non rispetti alcuni “passaggi” della procedura sulle delocalizzazioni individuata dall’art. 1, commi da 224 a 237 della legge n. 234/2021.
A questo link è possibile consultare tutti gli Editoriali di Eufranio Massi.
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1 Commenti
STEFANO PIETRALDI
Aprile 20, 16:25Buonasera e complimenti al Dott. Massi e a tutto lo staff
In tema con il presente editoriale e nello specifico riguardo al c.d. ticket sui licenziamenti dei lavoratori INTERMITTENTI è ripetuta sempre la medesima frase: “Licenziamento lavoratore intermittente (esclusivamente per i periodi lavorati che concorrono al computo dell’anzianità aziendale)”…. ma nel caso di intermittenti a tempo INDETERMINATO è corretto che l’Inps pretenda il contributo INTERO ovvero su tutti i mesi di anzianità anche laddove il lavoratore intermittente abbia lavorato per ciascun mese MENO di 15 giorni? senza invece computare solo i mesi in cui ha lavorato oltre i 15 giorni.
Chiedo altresì se vi sia differenza, ai fini del computo dell’anzianità aziendale, tra intermittente a tempo indeterminato e a tempo determinato.
In attesa di riscontro ringrazio per la collaborazione a chiunque possa chiarire tale aspetto magari anche con la propria esperienza personale.