Il ruolo dell’ispettorato del lavoro nelle dimissioni per fatti concludenti

L'editoriale di Eufranio Massi

Il ruolo dell’ispettorato del lavoro nelle dimissioni per fatti concludenti

Dimissioni per fatti concludenti

Cosa cambia con la Legge 203/2024?

Le dimissioni per fatti concludenti, molto caldeggiate da aziende e professionisti, sono tornate nel nostro ordinamento attraverso l’art. 19 della legge n. 203/2024, ma, la formulazione adottata dal Legislatore suscita più di una perplessità.

La breve riflessione che segue, che si aggiunge a ciò che ho già scritto su questo blog ed alle risposte che ho dato nel webinar del 17 gennaio 2025, ha l’obiettivo di chiarire alcuni punti critici.

Premetto, da subito, che la procedura delle dimissioni per fatti concludenti è alternativa a quella per licenziamento per giustificato motivo soggettivo per assenza ingiustificata prevista da moltissimi CCNL, che comporta il rispetto della procedura ex art. 7 della legge n. 300/1970 e di quella contrattuale ed il pagamento del contributo di ingresso alla NASpI che nel 2025 il cui costo per un rapporto di almeno tre anni è pari a 1922,25 euro.

Procedure e tempistiche: Come deve agire il datore di lavoro

Ma, cosa deve fare un datore di lavoro che intenda utilizzare la procedura delle dimissioni per fatti concludenti?

Deve, innanzitutto, verificare quanti giorni debbono passare per il CCNL applicato perché l’assenza del lavoratore che non ha fatto pervenire alcuna comunicazione, possa ritenersi ingiustificata. Il numero dei giorni non è uguale nei vari contratti collettivi: ad esempio, il CCNL dei metalmeccanici ritiene che si possa parlare di assenza ingiustificata se per quattro giorni lavorativi il dipendente non ha fornito alcuna comunicazione, quello del commercio parla di tre. I contratti collettivi, giustamente, fanno riferimento a giornate lavorative, atteso che, in mancanza di specificazioni, l’art. 155 cpc afferma che i giorni si calcolano secondo il calendario comune.  L’assenza ingiustificata protratta per giorni è nei contratti collettivi lo strumento per attivare la procedura di licenziamento alla quale ho fatto cenno pocanzi: ebbene, il Legislatore afferma che il datore deve riferirsi alla sua durata anche per attivare la procedura delle dimissioni di fatto.

Il ruolo dell’ispettorato del lavoro: Controlli e comunicazioni

Ma cosa succede se un CCNL non dovesse prevedere nulla sulle assenze ingiustificate (cosa molto improbabile)?

Il datore di lavoro può riferirsi a quanto afferma l’art. 19: l’assenza dal lavoro, senza alcuna comunicazione, è ritenuta tale, trascorsi quindici giorni: quindi dal sedicesimo.

Come debbono essere calcolati i quindici giorni?

La norma non li ha definiti come lavorativi: quindi, ragionando con il codice alla mano, si debbono calcolare da calendario come ricorda l’art. 155 cpc.

La procedura per fatti concludenti si può applicare anche ai lavoratori assenti senza alcuna giustificazione da prima del 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore della norma?

La risposta è, senz’altro positiva.

Il datore di lavoro è tenuto a comunicare qualcosa al lavoratore che ritiene assente ingiustificato?

La norma legale non lo prevede, pur se una comunicazione all’ultimo domicilio conosciuto, circa il superamento del limite che ha portato alle dimissioni per fatti concludenti, potrebbe essere effettuata anche per “coprirsi” da eventuali, future, azioni in altra sede.

A questo punto, cosa deve fare il datore di lavoro?

Deve comunicare all’Ispettorato territoriale del Lavoro competente per territorio (lo si individua dal luogo ove si è svolta l’attività dell’ex dipendente) che si è proceduto a ritenere il lavoratore dimissionario per fatti concludenti: a tal proposito, con la nota n. 579 del 22 gennaio 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito un facsimile di modello nel quale sono riportati i dati identificativi relativi all’azienda, il nome del lavoratore, l’ultimo recapito conosciuto, il telefono e la mail ed ogni altro elemento utile, se in possesso del datore ed il CCNL applicato.

La verifica dell’Ispettorato non è obbligatoria ma facoltativa: se intende effettuarla, anche in relazione alle notevoli incombenze d’ufficio, la nota n. 579 afferma che la deve concludere entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione datoriale: conclusione che può avere tre esiti:

  • Il lavoratore non è stato trovato;
  • Il lavoratore, pur essendo stato trovato, ha, nella sostanza, confermato il proprio comportamento;
  • Il lavoratore ha prodotto elementi che fanno ritenere che l’assenza ingiustificata sia dovuta a causa di forza maggiore (ad esempio, lavoratore all’estero che, per fatti avvenuti nel proprio Paese, non è stato in grado di comunicare) o ad una responsabilità datoriale (ad esempio, il datore gli ha detto di stare a casa e di “non farsi vedere più”, cosa possibile in alcune piccolissime realtà, tale da configurare un “licenziamento orale”).

Ricorrendo tale ultima ipotesi, l’ispettore comunica alle parti la inefficacia delle “dimissioni per fatti concludenti”.

Tutto qui?

Si, perché l’Ispettorato del Lavoro non ha il potere di ricostituire il rapporto di lavoro e tale potere non è stato, per nulla, assegnato dal Legislatore nel momento in cui ha varato la disposizione con gli accertamenti, peraltro facoltativi. Il lavoratore avrà in mano un accertamento dell’ispettore da far valere come prova in un eventuale giudizio: strada ripida il cui traguardo appare lontano per chi ha bisogno di lavorare. Ovviamente, in caso di licenziamento orale, per definizione legale “nullo”, una sentenza che lo riconoscesse come tale potrebbe coprire tutto il periodo in cui il lavoratore non ha potuto svolgere le prestazioni.

Stando così le cose, l’ispettore potrebbe consigliare all’interessato che ha subito un “vulnus”, il ricorso a forme conciliative attivabili anche attraverso l’Ufficio, ma di ciò nella nota n. 579 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro non c’è traccia.

Cosa succede in caso di assenza ingiustificata?

Tornando agli adempimenti a carico del datore di lavoro, occorre ricordare è necessario comunicare ai servizi per l’impiego le dimissioni per fatti concludenti cosa che deve essere fatta (pena una sanzione amministrativa, diffidabile, compresa tra 100 e 500 euro) entro i 5 giorni successivi alla constatazione delle stesse (quindi, la data della comunicazione inviata all’Ispettorato territoriale del Lavoro).

Obblighi del datore di lavoro e sanzioni previste

Ma, cosa comportano le dimissioni per fatti concludenti?

Il datore non pagherà più il ticket di ingresso alla NASpI che, con i valori del 2025 (v. circolare INPS 25/2025), per una anzianità aziendale di almeno 3 anni, è pari, come detto pocanzi, a 1922,25 euro, e potrà trattenere, all’atto della erogazione delle competenze di fine rapporto, l’indennità di mancato preavviso se, appunto, non dovesse risultare lavorato.

Il lavoratore, essendo dimissionario e non licenziato non potrà fruire del trattamento di NASpI.

Effetti per aziende e lavoratori: NASpI e contributi

Per completezza di informazione, ricordo inoltre che con l’art. 1, comma 171 della n. 207/2024 si è intervenuti ulteriormente sui requisiti necessari per la fruizione della NASpI ed è stato previsto al nuovo comma c-bis inserito nell’art. 3 del D.L.vo n. 22/2015, che in caso di reimpiego di un lavoratore dimissionario per fatti concludenti con successivo licenziamento, il requisito delle 13 settimane di versamenti contributivi, necessario per la richiesta della indennità di disoccupazione, deve essere maturato durante il nuovo rapporto di lavoro, a differenza della regola generale ove si fa riferimento al quadriennio precedente la richiesta di NASpI. Si è voluto, con tale norma, punire chi, dopo le dimissioni per fatti concludenti (che non portano alla fruizione del trattamento), viene assunto da un datore di lavoro “compiacente” e licenziato pochi giorni dopo.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 366 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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1 Commenti

  1. La nuova norma delle 13 settimane nel nuovo lavoro per avere la naspi vale solo per le dimissioni per fatti concludenti o per tutte le dimissioni.
    Se un lavoratore si dimette volontariamente per cambiare lavoro e il nuovo datore di lavoro lo licenzia durante il periodo di prova, questo lavoratore ha diritto alla naspi?

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