Il distacco degli apprendisti [E.Massi]
Il Ministero del Lavoro osserva che è obbligatorio prevedere l’ipotesi del distacco nel piano formativo dell’apprendista ed è necessario assicurare il tutoraggio sulla formazione
Il distacco di personale disciplinato, essenzialmente, dall’art. 30 del decreto legislativo n. 276/2003, è uno strumento di flessibilità legale correlata al rapporto di lavoro che, con particolare frequenza, laddove instaurato, richiama l’attenzione degli organi di vigilanza a causa del confine, abbastanza tenue, che, talora, lo separa dalla somministrazione illecita di personale.
Il Legislatore ne ha previsto la fattibilità in presenza di due condizioni essenziali, puntualmente declinate sia dalla prassi amministrativa, che dalla giurisprudenza, che dalla dottrina: la temporaneità e l’interesse del datore di lavoro “distaccante”, la cui esistenza, peraltro, si presume nelle imprese appartenenti allo stesso gruppo e nelle aziende che hanno stipulato un contratto di rete.
La temporaneità non postula, necessariamente, un termine finale più o meno breve ma è strettamente correlata alla permanenza dell’interesse del distaccante che deve essere concreto (ossia, deve essere attinente con le sue linee produttive, commerciali od amministrative), rilevante (ossia, non di “mera” facciata o estremamente secondario), durevole (ossia, deve persistere per tutta la durata del distacco durante il quale il lavoratore distaccato deve svolgere l’attività alla base della motivazione richiamata).
Questa breve premessa si è ritenuta necessaria, per comprendere il significato della risposta che il Ministero del Lavoro, in data 17 gennaio 2019, ha fornito, rispondendo ad un quesito inoltrato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro per conto della propria articolazione periferica di Udine-Pordenone.
Per brevità di esposizione non ritengo, anche perché mi porterebbe lontano dal tema di questa riflessione, soffermarmi sugli eventuali controlli degli ispettori del lavoro (parlerò, soltanto, dell’apparato sanzionatorio), sugli adempimenti burocratico- amministrativi che gravano, in generale, sui singoli datori di lavoro (distaccante e distaccatario) e sugli obblighi in materia prevenzionistica e di sicurezza sul lavoro.
Partendo dal presupposto che non sussiste alcuna disposizione che vieti il distacco temporaneo dell’apprendista, il Ministero del Lavoro ricorda che la tipologia dell’apprendistato è si’ a tempo indeterminato, ma è finalizzata, essendo un contratto a contenuto formativo, “alla formazione ed alla occupazione dei giovani” (art. 41, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015). Da ciò discende, giustamente, la primaria importanza del piano formativo sia per la componente interna, frutto delle determinazioni fissate dalla contrattazione collettiva, che esterna, scaturente dalle iniziative specifiche delle Regioni e delle Province Autonome. Tale importanza appare indubbiamente più rilevante di quella che il datore di lavoro ritiene di soddisfare attraverso il distacco proprio perché l’aspetto formativo è “fondante” nella tipologia contrattuale appena richiamata.
La prima condizione che il Dicastero pone, quindi, per la piena agibilità del distacco dell’apprendista è che quest’ultimo risulti dal piano formativo: nulla di più afferma la Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali che ha scritto la risposta ma, a mio avviso, sarebbe stato necessario aggiungere qualche altro chiarimento. Infatti, il piano formativo nell’apprendistato professionalizzante viene redatto dal datore di lavoro prima della instaurazione del rapporto di lavoro, mentre in quello di primo e di terzo livello, sempre in via preventiva, viene predisposto dall’istituzione formativa con la collaborazione dell’impresa interessata.
Ora è possibile che il distacco sia già stato previsto prima dell’assunzione ( soprattutto, se correlato al percorso formativo) ma, nella maggior parte dei casi, ci non appare possibile essendo legato, da un lato, all’interesse concreto del datore di lavoro che può appalesarsi nel corso del rapporto e, dall’altro, ad una acquisizione di professionalità progressiva del giovane che avviene durante il percorso formativo triennale (o quinquennale, se si tratta di qualifiche riferibili al settore dell’artigianato). Da quanto appena detto discende, a mio avviso, la possibilità di una integrazione del piano formativo durante l’esplicazione del rapporto, che tenga conto del distacco che si va ad instaurare nel rispetto delle condizioni richiamate nella risposta ministeriale. Tali condizioni, sottolineate nella risposta ministeriale, possono così evidenziarsi:
- Tutor: tale soggetto, se non è stato distaccato unitamente al giovane, deve essere messo in condizione di verificare che l’attività svolta sia coerente con il piano formativo e, al contempo, gli deve essere consentito, anche con accessi nell’azienda distaccataria, una sorta di controllo su ciò che il lavoratore sta facendo. Una alternativa a tale ipotesi potrebbe essere rappresentata dalla individuazione presso l’azienda distaccataria di un referente che si relazioni con il tutor: il tutto nell’ottica di una piena realizzazione del piano formativo e nello sviluppo professionale dell’apprendista all’interno del percorso formulato. La presenza del referente potrebbe essere prevista nella stessa nota in cui si dispone il distacco;
- Durata del distacco: ferma restando la sua temporaneità, la Direzione Generale, facendo proprio anche un indirizzo espresso in via endoprocedimentale dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, afferma che il periodo deve essere limitato e contenuto rispetto alla durata massima del periodo formativo, in considerazione del fatto che ci si trova di fronte ad un giovane lavoratore non qualificato che, attraverso l’apprendistato, deve tagliare il traguardo dell’ottenimento della qualifica. Un distacco che, sia pur motivato da un interesse concreto del distaccante, avesse una durata pressoché uguale a quella dell’apprendistato, finirebbe per aggirare la norma in quanto delegherebbe gli aspetti formativi del contratto ad un terzo soggetto che non risulterebbe essere il datore di lavoro che ha sottoscritto la lettera di assunzione.
Fin qui il Ministero del Lavoro che, pur facendo una disamina della questione prospettata, ha omesso qualsiasi considerazione relativa all’apprendistato professionalizzante per gli “over 29” dei lavoratori titolari di un trattamento di disoccupazione non agricola (NASPI, DIS-COLL, ecc.) o di mobilità ordinaria (questi ultimi nella sostanza non ci sono più, atteso che dal 1 gennaio 2017 sono state abrogate le liste di riferimento), che possono essere assunti per una qualificazione o riqualificazione professionale
A mio avviso, anche in questo caso valgono i principi richiamati nella nota ministeriale, atteso che il piano formativo va redatto e realizzato anche per questi lavoratori: forse i riferimenti relativi alla durata limitata e contenuta del distacco potrebbero avere una minore importanza, pur non potendo riferirsi all’intero periodo formativo, in quanto ci si trova di fronte a lavoratori di età ben maggiore di quella dei giovani alle prime esperienze lavorative.
Passo, ora, brevemente, ad esaminare le eventuali questioni che potrebbero trovarsi ad esaminare gli organi di vigilanza che dovessero imbattersi nel distacco di un apprendista ove sussiste l’interesse concreto del datore di lavoro ma dove le indicazioni del Ministero riportate nella nota che sto commentando non sono state rispettate.
Come è noto, l’apparato sanzionatorio si basa su previsioni precise non potendo le stesse essere indeterminate o applicate per analogia. Il distacco illecito, che si concretizza in una somministrazione illecita, è punito dall’art. 18, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 276/2003 e gli importi ivi previsti sono stati, a partire dal 1° gennaio 2019, aumentati del 20%, grazie all’art. 1, comma 445, della legge n. 145/2018.
Gli aggettivi, riferiti alla durata del distacco che deve essere “limitata e contenuta” se pur comprensibili, ai fini ispettivi appaiono inapplicabili ed indeterminati, soprattutto se rapportati al periodo entro cui si sviluppa il periodo formativo (tre anni che possono, talora, arrivare a cinque).
Quale è il limite da non superare rispetto alla durata complessiva?
La sanzione amministrativa non può essere lasciata alla interpretazione discrezionale dell’ispettore.
Altra questione riguarda il tutor che è il soggetto responsabile della formazione dell’apprendista. Il Ministero afferma che “nel contesto produttivo del distaccatario” deve essere prevista la sua presenza in azienda. Ma se, in relazione alla specificità della qualifica che il giovane deve acquisire, è prevista una formazione “da remoto” con modalità in e-learning, già ammessa dalla circolare dello stesso Dicastero n. 40 fin dal 2004, che senso ha una presenza del tutor nell’azienda distaccataria? Una eventuale presenza fisica, sia pure di breve periodo, potrebbe porre anche questioni legate a specifiche misure di sicurezza alle quali sarà necessario ottemperare.
A mio avviso, la identificazione della violazione relativa al distacco illecito non pu mutare negli elementi che la determinano: essa sussiste nell’ipotesi in cui non si rinvenga l’interesse del distaccante, o quando si concretizza la somministrazione illecita (con guadagni economici da parte del distaccante che non si riferiscono al mero rimborso), o quando il lavoratore svolge mansioni che nulla hanno a che fare con l’interesse alla base del distacco, o quando quest’ultimo viene predisposto presso un’azienda ubicata ad una distanza superiore ai 50 chilometri, senza alcuna specificazione delle esigenze tecnico-produttive ed organizzative.
Per completezza di informazione ricordo che:
- La sanzione originaria di 50 euro al giorno per ogni giorno di distacco illecito, a carico dei due soggetti (distaccante ed utilizzatore) è aumentata a 60 euro a partire dal 1° gennaio 2019. Essa non può essere inferiore a 5.000 euro o superiore a 50.000, non è diffidabile, ne’ soggetta a prescrizione, mentre può esser “onorata” in misura ridotta entro 30 giorni dalla ricezione del verbale;
- La maggiorazione della sanzione appena richiamata (20%) che ha portato l’originario importo da 50 a 60 euro, viene raddoppiata (40%) se nei tre anni successivi alla precedente violazione il “falso” datore di lavoro e l’utilizzatore siano destinatari di sanzioni per i medesimi illeciti;
- La sanzione diviene di natura penale se ad essere interessato è un minore. La sanzione per lo “pseudo distaccante” e l’effettivo utilizzatore può comportare l’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda, a partire dal 1 gennaio 2019, è pari a 360 euro (300, fino al 31 dicembre 2018) per ciascuna giornata di occupazione (art. 1, commi 1 e 6 del decreto legislativo n. 8/2016). Anche in questo caso la maggiorazione dell’ammenda si raddoppia qualora nel triennio antecedente i trasgressori siano stati destinatari di sanzioni per gli stessi illeciti;
- Il lavoratore pu , esercitando la previsione contenuta nell’art. 414 cpc, chiedere, in via giudiziale, la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei confronti del “vero” datore di lavoro;
- Il mancato adempimento dell’obbligo formativo, con l’inottemperanza a quanto previsto in materia dagli articoli 43, 44 e 45 del decreto legislativo n. 81/2015 comporta il disconoscimento del rapporto di apprendistato ed il pagamento della differenza tra gli importi della contribuzione versata e quella effettiva dovuta per un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, maggiorata del 100%, con esclusione delle altre sanzioni civili per omessa contribuzione, nonché l’applicazione delle sanzioni amministrative correlate alla comunicazione telematica ed alla lettera di assunzione, come ricordato dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 5/2013.
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