Il diritto di ripensamento dopo la nuova formulazione delle dimissioni [E.Massi]
La nuova formulazione delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali quale risulta dal modello approvato dal Ministro del Lavoro con il D.M. 15 dicembre 2015 e, soprattutto, l’art. 26, comma 2, del D.L.vo n. 151/2001, confermano l’istituto del ripensamento da esercitare entro i sette giorni successivi alla data di trasmissione del modulo.
La riflessione che segue cercherà di evidenziare, sia pure nei limiti dettati dalla disposizione di riferimento, come l’esercizio del diritto che ha natura potestativa, rispetto alla quale è ininfluente la posizione del datore di lavoro, debba essere inteso e quali conseguenze lo stesso può avere sulla dinamica del rapporto contrattuale.
Ma andiamo con ordine.
Il diritto di ripensamento era già stato previsto dal comma 21 (ora abrogato) dell’art. 4 della legge n. 92/2012: nei sette giorni successivi alla convalida avvenuta nelle sedi indicate dal Legislatore o alla sottoscrizione della “liberatoria” apposta sul retro della copia della comunicazione di cessazione inviata dal datore di lavoro in via telematica al centro per l’impiego, il lavoratore, anche per iscritto, poteva revocare le dimissioni o il consenso alla risoluzione, con nessuna maturazione di diritti economici e normativi per le giornate “non lavorate” e con la restituzione da parte dell’interessato di quanto eventualmente percepito in forza delle stesse.
Ora, il Legislatore delegato lo conferma, “agganciandolo” alla data di invio del modello che il “sistema informatico” riesce a ben identificare con l’indicazione precisa del giorno fino al millesimo di secondo.
Nulla dice la norma e nulla dicono sia la circolare n. 12 del 4 marzo 2016 o le FAQ presenti sul sito istituzionale circa le eventuali competenze riscosse dal lavoratore e strettamente correlate alla cessazione del rapporto: si ha motivo di credere, tuttavia, che le stesse debbano essere restituite venendo meno il titolo per il quale erano state erogate.
Detto questo, ritengo opportuno effettuare alcune considerazioni.
Il diritto di ripensamento scatta a partire da un momento che viene ben identificato dallo stesso Legislatore delegato che è quello dell’invio telematico del modello e la revoca non avviene più, come prima (anche in forma scritta o per “fatti concludenti”), ma esprimendo la volontà al sistema informatico del Ministero attraverso la utilizzazione del codice identificativo che il lavoratore potrà attivare in autonomia pur se la procedura di formulazione del recesso dal rapporto si sia concretizzata attraverso un soggetto abilitato (organizzazione sindacale, patronato, ente bilaterale, commissione di certificazione ex art. 75 del D.L.vo n. 276/2003).
Ma cosa succede se il diritto di ripensamento viene esercitato a notevole distanza di tempo dalla fine del rapporto di lavoro?
La cosa è meno peregrina di quel che possa sembrare, atteso che il lavoratore interessato che, magari, non ha effettuato i passaggi obbligatori che la procedura prevede (non ha rassegnato le dimissioni, in autonomia, accedendo al sistema informatico con il proprio PIN INPS – da richiedere all’Istituto se non già in possesso -, o recandosi, sollecitamente, presso un soggetto “abilitato”), potrebbe inviare il modulo a distanza di tempo (o anche non inviarlo affatto). Ciò, fermi restando eventuali problemi gestionali legati alla ricostituzione del rapporto (in ogni caso pare evidente che non spetti alcuna competenza economica e che non maturi alcun istituto correlato), potrebbe avere effetti su un eventuale rapporto di lavoro che il datore potrebbe aver instaurato con un altro lavoratore proprio per sostituire il dimissionario. Nella sostanza, deve risolvere il secondo rapporto creando, nel caso di specie, un altro contenzioso (e si possono pensare tutta una serie di problemi operativi emergenti)?
L’aver “espunto” dall’ordinamento la possibilità per l’imprenditore di sollecitare, per iscritto, il lavoratore “inerte” ad effettuare la procedura “legale” delle dimissioni (essendo non efficaci quelle presentate tradizionalmente con lettera, e-mail o anche orali), correlando al trascorrere del tempo la efficacia del comportamento dell’interessato desumibile da “fatti concludenti” (la legge n. 92/2012 forniva un arco temporale di trenta giorni), aggrava, senza alcuna giusta motivazione, la posizione del datore di lavoro. Quest’ultimo, per ovviare a tale comportamento e per non tenere nel “limbo” la posizione del dimissionario, potrebbe essere tentato a ricorrere ad un licenziamento di natura disciplinare (con contestazione delle assenze) cosa che, però, comporta alcuni costi (c.d. “ticket licenziamento” con un costo massimo rapportato a tre anni di anzianità aziendale pari a 1469,95 euro, indennità di mancato preavviso, se dovuta, ecc.) e possibili contenziosi. A ciò si aggiunga che, se licenziato, il lavoratore può ottenere la NASPI (cosa che, invece, non compete in caso di dimissioni, fatta eccezione per quelle dovute a “giusta causa”) e. magari, essere appetibile per un nuovo datore di lavoro in quanto foriero di incentivi all’occupazione a tempo indeterminato (basti pensare al 20% dell’indennità di NASPI non ancora goduta, o ai benefici economici, contributivi, fiscali e normativi correlati all’apprendistato professionalizzante, senza limiti di età, finalizzato ad una qualificazione o riqualificazione professionale, purchè il soggetto interessato sia titolare di una indennità di disoccupazione (art. 47, comma 4, del D.L.vo n. 81/2015).
Una soluzione che rientra tra i principi generali di correttezza e di buona fede potrebbe essere quella che, pur in assenza di una precisa disposizione come era l’abrogato comma 20 dell’art. 4 della legge n. 92/2012, postula lo stesso Dicastero del Lavoro nella circolare n. 12, ossia l’invito indirizzato al lavoratore a compilare il modulo nella forma e con le modalità telematiche accompagnando lo stesso con una precisazione che a me appare apponibile e che non rappresenta alcuna forma di pressione: le competenze di fine rapporto e gli altri emolumenti dovuti sono a disposizione in azienda a partire da una certa data, previa formulazione telematica delle dimissioni che, soltanto in tale maniera, risultano efficaci e che soltanto, in quel modo, consentono di chiudere il contratto di lavoro.
Il Legislatore delegato ha fatto salva la specifica procedura prevista dall’art. 55, comma 4, del D.L.vo n. 151/2001: fino ai tre anni dalla nascita del bambino (dall’affido o dall’adozione) le dimissioni presentate in azienda e, quindi, alla vecchia maniera) vanno convalidate dal funzionario della Direzione territoriale del Lavoro, divenendo efficaci dal quel momento ed essendo escluso ogni successivo ripensamento.
La portata dell’art. 26 è “onnicomprensiva” (fatta salva l’ipotesi appena ricordata della convalida delle dimissioni entro i tre anni dalla nascita del bambino): tuttavia, ritengo necessario verificare alcune ipotesi nelle quali pur essendo possibile il “ripensamento”, questo non sembra avere effetti pratici.
Mi spiego meglio parlando del contratto di lavoro intermittente e del lavoro oltre i limiti ordinamentali previsti per il pensionamento di vecchiaia.
Nel primo caso una eventuale dimissione dal contratto “a chiamata” a tempo indeterminato o determinato, seguita dal “ripensamento”, avrebbe, nella sostanza, scarsi effetti, in quanto le prestazioni ulteriori dipendono esclusivamente dalla richiesta del datore di lavoro che potrebbe non esserci più.
La FAQ presente sul sito istituzionale del Ministero del Lavoro prevede che le dimissioni debbano essere “fatte” sul modello telematico anche nel caso in cui il lavoratore risolva volontariamente il proprio rapporto per fruire del pensionamento di vecchiaia. Ma, mi chiedo, quali sarebbero gli effetti, qualora, rinunciando alla pensione, decidesse di “ripensare” alle dimissioni chiedendo la prosecuzione del rapporto di lavoro fino a settanta anni? Se non c’è il consenso del datore di lavoro alla prosecuzione l’effetto sarebbe nullo in quanto la prosecuzione, non si configura come diritto potestativo: questa è la posizione espressa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 17589 del 4 settembre 2015.
Il richiamo alla circolare del Ministero n. 12/2016 consente, a mio avviso, di enucleare altre ipotesi escluse dalla procedura telematica e dal successivo diritto di ripensamento che riguardano:
- i lavoratori dipendenti da Pubbliche Amministrazioni;
- i lavoratori dimessisi durante il periodo di prova;
- i lavoratori marittimi titolari di un contratto di arruolamento.
Ma, alla luce dello stesso art. 26 ci sono altre ipotesi nelle quali il diritto di ripensamento non opera.
Mi riferisco a tutta la casistica che può riguardare ogni settore di attività ove, le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto avvengono con atto di conciliazione formalizzato in sede protetta (art. 410, art. 411 cpc, ex art. 75 e seguenti del D.L.vo n. 276/2003 – ossia, commissione provinciale di conciliazione presso la Direzione territoriale del Lavoro, sede sindacale, commissione di certificazione) e, aggiungo, in via conciliativa in sede giudiziale (pur se il Legislatore delegato non ha “pensato” a questa ipotesi, prevista, in via generale, dall’art. 185 cpc).
Qui l’accordo economico che è inoppugnabile fa sì che, come previsto dall’art. 26 che dichiara non applicabili a tali conciliazioni i contenuti dei commi da 1 a 4 (ed il diritto di ripensamento è al comma 2), l’atto transattivo sia definitivo sotto ogni aspetto e che, quindi, “il ripensamento” non possa avere “cittadinanza”.
L’art. 26 esclude, poi, che il diritto di ripensamento possa applicarsi al contratto di lavoro domestico: qui è la “specialità” del rapporto che spinge per questa ipotesi.
Da ultimo, una considerazione finale:
ha senso il diritto di ripensamento in un momento in cui la procedura pensata dal Dicastero del Lavoro affranca il lavoratore da qualunque condizionamento (cosa, ad esempio, teoricamente possibile con la procedura ex lege n. 92/2012 ove, tra le ipotesi, c’è quella della firma con la frase liberatoria di aver presentato le dimissioni senza alcuna costrizione, apposta sul “retro” della copia della cessazione del rapporto per dimissioni inviata on-line al centro per l’impiego)? Probabilmente no, ma il Legislatore delegato l’ha mantenuto e non resta che prenderne atto.
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47 Commenti
Nunzio
Gennaio 16, 01:20Buonasera e grazie per l’attenzione, in questi giorni ho dato le dimissioni in tronco senza preavviso ad un contratto a tempo indeterminato presso un associazione per un posto da bidello in una scuola pubblica. Passati due giorni mi sono reso conto che non faceva per me ed ho revocato le dimissioni a due giorni dalle stesse ritornando presso l’associazione. L’accoglienza non è idilliache, che torto dargli , ma mi chiedevo se la procedura preserva qualche sorpresa. Ricapitolando dimissioni in tronco tramite comunicazione on line / Caf, dimissioni dalla scuola dopo due giorni tramite Caf, rientro in associazione con conferma verbale di reintegro.
A parte i due giorni non lavorati per resto rimarrà tutto come prima?? Grazie milla
Eufranio Massi
Febbraio 09, 09:58In base alla legge il rapporto viene ricostituito alle stesse condizioni e con le modalità precedenti. Capisco le loro reazioni, ma la norma è questa e va rispettata.
Dott. Eufranio Massi
Anto
Novembre 01, 09:38Salve, ho dato le dimissioni volontarie gia un mese fa…perché il datore di lavoro mi ha portato a farlo! Trattandomi male e modificandomi gli orari a suo piacimento ogni giorno e togliendomi anche Il giorni di riposo! È possibile cambiare le dimissioni Da “dimissioni volontarie” a “dimissioni per giusta causa ?
Eufranio Massi
Novembre 16, 12:01Il sistema non lo consente. È trascorso un mese.
Dott. Eufranio Massi
Picar=66
Febbraio 24, 16:58Buon sera dottor io sto malissimo ho dato le dimissioni x motivi economici ma prima di fare questo passo avevo chiesto al capo del personale se la azienda mi potesse darmi una mano x la mia situazione la azienda era acorende della mia situazione ma il capo del personale mi rispose che ne lui è ne la azienda poteva fare niente x darmi una mano il capo del personale mi rispose che x risolvere i miei problemi era meglio dare le dimissioni mi cotorto la testa e lui d’accordo con il sindaco a fatto tutto e subito non no capito niente ma ormai la cosa e fatta io non riesco più neanche stare con me stesso le dimissioni sono avvenute a luglio a gennaio la agenzia delle entrate mi ha pignorato tutto sono pronto a fare di tutto per pagare e rientrare nel lavoro che avevo mi dia una mano la prego
Eufranio Massi
Aprile 30, 10:13Non ho i mezzi legali per ricostituire il rapporto di lavoro con la sua ex azienda.
Dott. Eufranio Massi
Ilinca Mihaela nicoleta
Agosto 23, 06:16Buongiorno, ho dat-o le dimissioni al inspetorato di lavoro vineri essendo ancora în maternita facultativa la mia domanda posso fare la revoca ,?
andrea
Agosto 18, 17:44ho dato dimissioni online se revoco prima dei sette giorni perche ho avuto un ripensamento sono libero di farlo o devo sentire prima l’azienda se e d’accordo alla revoca delle mie dimissioni ?
in caso l’azienda non e d’accordo con la revoca cosa posso fare?
Eufranio Massi
Settembre 03, 12:34Il lavoratore, entro sette giorni, può ritirare le dimissioni seguendo sempre la via telematica ed il datore di lavoro non può opporsi.
Dott. Eufranio Massi
Alessandro
Agosto 03, 10:45Buongiorno, sono un dipendente di un ente locale (Comune) a tempo pieno ed indeterminato. In base alle disposizioni attuali, non posso fruire delle ferie durante il periodo di preavviso per dimissioni volontarie ai fini di assunzione in un altro ente locale presso il quale ho vinto il concorso. La domanda è la seguente: posso dare il preavviso di dimissioni (di durata di 1 mese in base alla mia anzianità di servizio) anticipate, in attesa della chiamata dell’altro ente che potrà avvenire anche a distanza di 2 o 3 mesi, così poi da poter fruire delle ferie che ho, sino ad oggi, maturato? E successivamente, se non volessi più dimettermi e permanere presso l’ente di cui sono attualmente dipendente, posso comunque farlo o sono costretto a dimettermi perchè ne ho dato preavviso? Quali sono le disposizioni normative/legislative relative? Mille grazie
Eufranio Massi
Agosto 05, 17:03Nel pubblico impiego non si applicano le regole sulle dimissioni telematiche che riguardano il settore privato. Detto questo, pero, le dimissioni che sono un atto unilaterale ricettizio possono essere ritirate se il datore di lavoro che le ha ricevute è d’accordo.
Dott. Eufranio Massi
Pietro
Giugno 02, 20:38Buonasera,desidero sapere io ho firmato l’esodo incentivato con poste italiane sono uscito dal lavoro dal primo gennaio 2020,per poi andare in pensione con quota100 se questa legge dovessero eliminarla posso rientrare in servizio.grazie
Eufranio Massi
Giugno 04, 12:49Quand’anche la legge fosse abrogata, i diritti acquisiti rimangono e Lei continua a rimanere in pensione. Non può esserci, nel suo caso, alcun rientro in azienda.
Dott. Eufranio Massi
Piè88
Marzo 30, 13:08Salve vorrei un’informazione importante, le spiego , praticamente ho vinto un concorso pubblico nel settore dei trasporti, quindi decido di dare le dimissioni volontarie il 29/02/2020 perché la mia azienda vuole 1 mese di preavviso… ora dopo il boom del Coronavirus mi ritrovo in una situazione sgradevole, perché l’azienda dove ho vinto il concorso per il momento ha bloccato tutte le assunzioni, ed io i primi di aprile finisco il mese di preavviso con l’azienda per cui lavoro adesso.. in teoria rimango senza lavoro e devo pagare affitto e tante altre cose… cosa posso fare? Non posso chiedere nemmeno la disoccupazione perché le dimissioni le ho date io …. qualcuno mi può aiutare? Grazie infinite
Eufranio Massi
Aprile 07, 15:38Temo che non ci sia.
Dott. Eufranio Massi
Luca
Dicembre 22, 12:19Buongiorno,
Mi sono dimesso da un lavoro ed ho firmato un contratto con un nuovo datore di lavoro, ma mi sono accorto che ci sono cose che non mi vanno bene. Non sono passati 7 giorni dalle dimissioni dal primo lavoro. Anche se il nuovo lavoro é stato registrato nel sito www
Cliclavoro. Gov potrei annullare il nuovo contratto e ritornare al vecchio lavoro? Nel vecchio lavoro avevo un contratto di apprendistato. L’azienda precedente potrebbe non farmi continuare l apprendistato per cio?
Grazie
Eufranio Massi
Gennaio 07, 11:09Le dimissioni possono essere revocate nei 7 giorni ed il datore deve accettare.
Dott. Eufranio Massi
MARY
Dicembre 03, 20:39HO DATO LE DIMISSIONI VOLONTARE CON CONTRATTO TEMPO INDETERMINATO PERCHE L’AZIENDA CHIUDE A FINE MESE E HO
TROVATO UN ALTRO LAVORO A TEMPO DETERMINATO PER UN MESE . CHE NON FA AL CASO MIO .NON SONO ANCORA PASSATI I 7 GIORNI PER LA REVOCA DEL VECCHIO LAVORO. POSSO TORNARE AL VECCHIO LAVORO COSI CHE POSSA USUFRUIRE DELLA NASPI
IL 6/12/2019 E’ ULTIMO GIORNO PER LA REVOCA
GRAZIE
Eufranio Massi
Dicembre 04, 10:21Può revocare le dimissioni telematiche con lo stesso sistema entro 7 giorni.
Dott. Eufranio Massi
Sabri
Settembre 11, 20:43Buonasera, io mi sono affidata a un’ente per dare le mie dimissioni. Volevo revocarle ma oggi l’ufficio era chiuso. Sono state inviate giovedì scorso quindi con domani sono 7 giorni precisi. Domattina faró ancora in tempo?
Se le volessi fare da sola per via telematica come devo fare? Dato che essendomi affidata al sindacalista non ho il codice pin dell’Inps
Eufranio Massi
Settembre 16, 09:51I 7 gironi sono perentori. Può revocare le dimissioni, in mancanza del pin INPS, rivolgendosi ad altri soggetti abilitati come, ad esempio, l’Ispettorato territoriale del Lavoro.
Dott. Eufranio Massi