Il diritto di precedenza nei contratti a termine del settore privato

L'Editoriale di Eufranio Massi

Il diritto di precedenza nei contratti a termine del settore privato

Il D.L.vo n. 48/2023, convertito, con modificazioni, nella legge n. 85, ha introdotto profondi cambiamenti nella normativa sui contratti a tempo determinato (e di questo se ne parlerà nel webinar previsto da Generazione Vincente per il giorno 19 ottobre alle ore 15) ma non ha, assolutamente, toccato il diritto di precedenza dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato che, anche in sommatoria con precedenti rapporti, hanno superato la soglia dei sei mesi: esso vale per le mansioni già espletate, in caso di nuove assunzioni a tempo indeterminato, entro un arco temporale di dodici mesi dalla scadenza del precedente contratto, con possibile esercizio anche nei confronti di un datore che in virtù dell’art. 2112 c.c. o di un contratto di appalto, è subentrato nell’attività del precedente imprenditore.

Il Legislatore dà molta importanza a tale diritto: ne è la dimostrazione l’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015 il quale non riconosce le agevolazioni economiche o contributive in caso di assunzioni agevolate ai datori di lavoro che non hanno rispettato un diritto di precedenza.

Una analisi completa del diritto di precedenza nei contratti a tempo determinato del settore privato (in quello pubblico per effetto del principio secondo cui si entra nell’organico in maniera stabile attraverso una procedura concorsuale, tale diritto non c’è), non può che partire dall’esame del primo comma dell’art. 24 del D. L.vo n. 81/2015: “salvo diversa previsione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato nella stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei contratti a termine”.

La norma, quindi, fa salve le eventuali determinazioni della contrattazione collettiva che, ai sensi dell’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015, può, indifferentemente, essere di livello nazionale o territoriale ma, comunque, sottoscritta dalle organizzazione nazionali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o aziendale stipulati dalle “loro” RSA o dalla RSU.

Il diritto di precedenza, come detto, vale per una assunzione a tempo indeterminato relativa alle mansioni già espletate: tale disposizione può essere letta anche con riguardo all’art. 2103 c.c., che consente una utilizzazione “trasversale” del lavoratore nelle mansioni dello stesso livello all’interno della categoria legale di riferimento se espletate dallo stesso nel corso del precedente rapporto (o dei precedenti rapporti, contati in sommatoria).

Il comma 2 dell’art. 24 offre una particolare attenzione alle donne nel c.d. “periodo protetto”: nel computo del periodo necessario rientrano:

  1. I cinque mesi complessivi del “pre- post partum (art. 16, comma 1), ai quali si possono aggiungere i giorni correlati ad un eventuale parto prematuro;
  2. Quelli “in godimento” del congedo di maternità disciplinato al Capo III del D.L.vo n. 151/2001: di conseguenza, tale possibilità riguarda anche le donne che usufruiscono del congedo obbligatorio anticipato per complicanze nella gestazione o per lavori a rischio o le donne che usufruiscono del congedo nel momento in cui entrano nel nucleo familiare i bambini adottati od affidati.

Il congedo di maternità è portatore anche di altro: viene riconosciuto non soltanto un diritto di precedenza per una assunzione a tempo indeterminato per le mansioni già espletate ma anche per un altro contratto a tempo determinato nell’arco temporale dei dodici mesi successivi.

Per gli uomini che hanno fruito del congedo obbligatorio di paternità ex art. 27-bis del D.L.vo n. 151/2001, come modificato dal D.L.vo n. 105/2022 nel computo dei sei mesi dovrebbero rientrare le 10 giornate previste dalla norma o il numero diverso, eventualmente disciplinato dalla contrattazione collettiva: il condizionale è d’obbligo, in quanto, in via amministrativa, non si è avuto, finora, alcun pronunciamento ministeriale.

Il dettato normativo pone alcune questioni relative al calcolo dei periodi di astensione obbligatoria dal lavoro.

A mio avviso, questi ultimi vanno presi in considerazione soltanto se il contratto stipulato (o, in sommatoria, con precedenti rapporti relativi alle mansioni già svolte) abbia una durata superiore ai sei mesi, non potendo, ovviamente, essere computati, ad esempio, nel caso in cui l’unico contratto abbia una durata di due mesi. Durata che deve risultare dalla lettera di assunzione: nel calcolo complessivo rientrano anche gli eventuali o “sforamenti” previsti dall’art. 22 (fino a 30 giorni se il rapporto aveva un termine entro i sei mesi dalla stipula, o fino a 50 giorni se aveva una durata superiore).

Prima di proseguire nella disamina di altri aspetti relativi al diritto di precedenza nei “normali” contratti a termine, ritengo opportuno soffermarmi su quelli di natura stagionale, ove l’apposizione di una condizione non è obbligatoria.

Diritto di precedenza nei contratti a termine stagionali

I contratti stagionali e quelli “normali” a tempo determinato hanno discipline parallele che sono destinate a non incontrarsi in quanto ai rapporti a termine stagionali non si applica lo “stop and go” tra un contratto e l’altro, la durata non rientra nella sommatoria dei ventiquattro mesi, non ci sono, come appena detto, “causali obbligatorie” e lo stesso limite delle proroghe  ha meno importanza in quanto un datore di lavoro può ben “legare” un contratto a tempo determinato stagionale all’altro senza soluzione di continuità, sottoscrivendo un rinnovo che, in taluni casi, però comporta un aggravio contributivo dello 0,50% mensile.

Le attività stagionali sono quelle previste dal D.P.R. 1525/1963 (che necessiterebbe di una revisione come richiesto dal 2015 dallo stesso Legislatore ma che, ad oggi, è rimasta “lettera morta”) e dai contratti collettivi.  Sul punto è intervenuta nel mese di aprile 2023 la Corte di Cassazione che, con sentenza n 9243, ha affermato che alla qualificazione dei contratti come stagionali e, quindi, non “normali” occorre, sempre, far riferimento, alla attività stagionale preventivamente indicata dalla normativa legale (D.P.R. n. 1525/1963) o dalla contrattazione collettiva, essendo, del tutto insufficiente, la mera indicazione del periodo, con la conseguenza della trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato al superamento, in sommatoria, del limite massimo previsto (24 mesi o il limite diverso previsto dalla contrattazione collettiva).

Il diritto di precedenza nel contratto a tempo determinato per attività stagionali si è detto, vale per un altro rapporto di natura stagionale ed è questo che lo differenzia, soprattutto, dal contratto a termine “normale” ove la finalità è quella di una occupazione a tempo indeterminato.

La stagionalità può ripetersi per molteplici anni come ci mostrano, ad esempio, i settori turistico-alberghiero ed alimentari, cosa che, il più delle volte rappresenta un aggravio sotto l’aspetto contributivo.

Ci si riferisce alla contribuzione ordinaria dell’1,40% mensile che riguarda, indistintamente, tutti i contratti a tempo determinato ed a quella aggiuntiva dello 0,50% legata ad ogni rinnovo, introdotta dal D.L. n. 87/2018.

Ebbene, sono esclusi dalla contribuzione ordinaria e da quella aggiuntiva:

  1. I contratti a termine per le attività stagionali individuate dal D.P.R. n. 1525/1963;
  2. I contratti a termine per le attività stagionali individuate dalla contrattazione collettiva entro il 2011;
  3. A partire dal 1° gennaio 2020, i contratti a termine, frutto di accordi collettivi stipulati entro il 31 dicembre 2019 in Provincia di Bolzano, secondo la disposizione introdotta con la legge n. 160/2019;
  4. I contratti a termine per un massimo di tre giorni relativi alla esecuzione di speciali servizi nel settore turistico ed in quello dei pubblici esercizi, nella casistica individuata dalla contrattazione collettiva.

Specifica del diritto di precedenza

Fatta questa breve digressione sul contratto per attività stagionali, torno alla disciplina specifica del diritto: il comma 4 dell’art. 24, dopo aver ricordato che va richiamato nel contratto, ma non nasce automaticamente (come, ad esempio, per i lavoratori licenziati per riduzione di personale). Esso è condizionato da un comportamento attivo del lavoratore che lo deve esercitare per iscritto nei sei mesi successivi alla data di cessazione del rapporto, mesi che diventano tre nei contratti per attività stagionali, fatti salvi diversi limiti temporale previsti dalla contrattazione collettiva. La norma termina ricordando che il diritto si estingue una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto.

La forma scritta è un elemento essenziale e costitutivo, nel senso che lo stesso nasce dal giorno in cui il lavoratore esterna la propria volontà ed il datore ne viene a conoscenza: se non lo ha espresso prima, non è un problema del datore sul quale non incombe alcun obbligo di portare a conoscenza l’opportunità lavorativa a tempo indeterminato a chi non ha esercitato.

Il diritto di precedenza va espressamente richiamato nella lettera di assunzione, cosa che può avvenire facendo un riferimento “asettico” alla disposizione normativa contenuta all’interno dell’art. 24, comma 4, o, in alternativa, riproducendo il contenuto letterale della stessa.

Se il datore di lavoro non richiama tale diritto

L’omissione non incide né sul rapporto in essere, né, tantomeno, sul diritto del lavoratore ad una assunzione a tempo indeterminato per le mansioni già espletate. L’esercizio del diritto non viene assolutamente meno per la mancata informativa datoriale, nel senso che esso sussiste, non sulla base della comunicazione aziendale, ma perché previsto dall’art. 24.

Si pongono, a questo punto, quattro problemi riferiti a:

  1. Mancata informazione e conseguente comportamento del lavoratore;
  2. Mancato rispetto del diritto di precedenza, in quanto il datore di lavoro, non rispettando la norma, ha proceduto all’assunzione a tempo indeterminato di altro lavoratore per le mansioni già svolte dall’ex dipendente;
  3. Ambito territoriale di operatività della precedenza;
  4. Comportamento del datore di lavoro allorquando un lavoratore che ha esercitato il diritto, rinunci ad una possibilità lavorativa nell’arco temporale di validità dello stesso (dodici mesi dalla conclusione del precedente rapporto a termine).

Per la soluzione della prima questione si potrebbe pensare, unicamente, ad un ricorso al giudice ove il lavoratore lamenti la lesione di un diritto di informazione: in caso di accoglimento, potrebbe essere liquidato, in via equitativa, un risarcimento del danno. Più difficile pensare ad una conciliazione ove, essendo facoltativa, è necessaria la volontà di entrambe le parti.

Per la seconda questione si potrebbe pensare ad una richiesta di risarcimento del danno del lavoratore che ritenga che sia stato leso un proprio diritto, atteso che non può chiedere la “costituzione forzosa” del rapporto di lavoro. Il contenzioso non incide, sul rapporto che si è instaurato tra il datore di lavoro e l’altro lavoratore. Diverso, per il datore è il rapporto con l’INPS, qualora l’assunzione dell’altro lavoratore abbia portato alla fruizione di benefici economici e contributivi: questi non sono riconosciuti, in quanto è stato violato l’art. 31 del D.L.vo n. 151/2015.

La risposta al terzo problema è: se non vi è una limitazione di natura pattizia (individuale o collettiva), il diritto di precedenza non ha limiti geografici all’interno del nostro Paese e, quindi, vale anche per altre unità produttive, ovunque ubicate, facenti capo alla stessa impresa.

Per quel che riguarda, invece, la quarta questione si può affermare che una eventuale rinuncia ad una occasione lavorativa a tempo indeterminato che presenti le caratteristiche previste dalla legge da parte di un lavoratore che ha esercitato il diritto, non libera l’imprenditore dall’obbligo di comunicare, nel limite di vigenza del diritto, eventuali altre opportunità lavorative di analogo contenuto.

C’è, poi, un’altra questione che riguarda le conseguenze correlate al fatto che nella lettera di assunzione non sia stato fatto cenno al diritto di precedenza.

Non sussiste alcuna sanzione specifica: tuttavia, il datore di lavoro potrebbe essere oggetto, in caso di accesso ispettivo operato dal personale di vigilanza dell’Ispettorato territoriale del Lavoro, di una disposizione ex art. 14 del D.L.vo n. 124/2004 che, ravvisando come tale inottemperanza possa avere dirette conseguenze su un lavoratore in forza a tempo determinato o su un ex dipendente che è ancora nei termini per esercitare il diritto, imponga, entro un termine definito, al datore di lavoro di adeguarsi al dettato normativo. L’adeguamento può avvenire inviando una nota al diretto interessato con cui si ricorda che l’art. 24 prevede la possibilità di esercitare i diritto di precedenza. Se non ottempera, fermi restando il possibile ricorso amministrativo al Direttore dell’Ispettorato territoriale del Lavoro o giudiziario al TAR, all’imprenditore viene irrogata una sanzione amministrativa compresa tra 500 e 3.000 euro, non diffidabile.

Il diritto di precedenza è finalizzato ad una assunzione a tempo indeterminato per mansioni già espletate: di conseguenza, il nuovo contratto può essere di apprendistato o anche a tempo parziale o con lavoro intermittente?

Diritto, apprendistato, lavoro intermittente

L’apprendistato professionalizzante è una tipologia a tempo indeterminato (art. 41, comma 1, del D.L.vo n. 81/2015), correlata sia ad un limite massimo di età per l’instaurazione del rapporto (29 anni e 364 giorni) ma anche all’acquisizione di una qualificazione. L’art. 47, comma 4, lo ha previsto, senza limiti di età, finalizzato ad una qualificazione o riqualificazione professionale, anche per i disoccupati percettori di una indennità di disoccupazione e per i titolari di un trattamento di CIGS a seguito di un accordo di transizione occupazionale secondo la procedura individuata dall’art. 22-ter del D.L.vo n. 148/2015. Secondo il Ministero del Lavoro, alla luce della risposta all’interpello n. 8/2007, l’assunzione con rapporto di apprendistato professionalizzante per un lavoratore che ha già prestato attività con la qualifica è possibile se la durata del precedente rapporto a termine o in somministrazione (anche in sommatoria) non ha superato la metà del periodo relativo alla fase formativa dell’apprendistato (18 mesi, o più ampio se riferito a qualifiche dell’artigianato): anche l’INPS è dello stesso parere fin dal 17 aprile 2014 allorquando si espresse con il messaggio n. 4152.

L’assolvimento dell’obbligo di assunzione a tempo indeterminato per mansioni già espletate può avvenire anche a tempo parziale, non riscontrandosi nelle disposizioni alcun divieto. Ovviamente, parlando di rapporto part-time ritengo che, ove il CCNL preveda un limite minimo, non si possa scendere sotto lo stesso.

Escludo, invece, che il diritto di precedenza possa essere adempiuto dal datore di lavoro attraverso l’offerta di un contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, pur in presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dall’art. 13 del D.L.vo n. 81/2015: infatti la peculiarità di tale tipologia contrattuale ove la prestazione lavorativa è rimessa soltanto alla volontà ed alla necessità del datore di lavoro di avvalersi della prestazione dell’ex dipendente, è al di fuori della previsione dell’art. 24, comma 1, ove il Legislatore delegato si riferisce una prestazione lavorativa caratterizzata dalla continuità.

Parimenti, ritengo che non si possa accampare un diritto di precedenza qualora il datore di lavoro trasformi un contratto a termine in corso in un rapporto a tempo indeterminato, in quanto non si tratta di una nuova assunzione, ma di trasformazione di un rapporto in essere: tale principio è stato, più volte, ribadito dalla giurisprudenza della Cassazione.

C’è, poi, un’altra questione non secondaria che può presentarsi in alcuni casi e che nei rapporti stagionali si presenta continuamente e che ha trovato, in tali ultimi ambiti, alcune idonee soluzioni: ci si riferisce alla scelta del datore di lavoro del soggetto (o dei soggetti) da assumere in presenza di posti disponibili inferiori a quelli degli aventi diritto. Nelle imprese caratterizzate da più rapporti stagionali (ove molti contratti sono legati anche all’andamento meteorologico come nel caso della lavorazione dei pomodori o dei gelati) la soluzione è stata trovata ipotizzando, anche con accordi sindacali, quali criteri selettivi, l’anzianità aziendale, il numero dei rapporti precedenti e, a parità di condizioni, l’età anagrafica.

Per i datori di lavoro che, invece, hanno meno dimestichezza con il problema e per i quali l’esercizio del diritto di precedenza si traduce in una assunzione a tempo indeterminato (e non stagionale) la situazione si può presentare un po’ più complicata, in quanto oltre ai rapporti a termine, si potrebbero trovare ad affrontare anche altri diritti di precedenza legati alla trasformazione a tempo pieno di rapporti a tempo parziale, alle prerogative, anche contrattuali, di chi intende tornare, in presenza di specifiche condizioni, “a tempo pieno”, o, da ultimo, alle precedenze dei lavoratori licenziati.

Appare opportuno, quindi, presentandosi la necessità, stabilire una sorta di regolamento nel quale, ad esempio, in presenza di più diritti di precedenza relativi a contratti a termine, si privilegino, criteri di facile utilizzazione come, appunto, l’anzianità aziendale e l’età dei soggetti interessati: altri criteri che, ad esempio, si riferiscano a situazioni personali o del nucleo familiare, pur essendo oggettivamente apprezzabili, rischiano di creare qualche problema applicativo dovendo “pesare” situazioni tra loro non omogenee.

 

Vi ricordiamo che questo argomento sarà analizzato nel nostro Webinar il giorno 19 Ottobre alle 15.00; per l’iscrizione all’incontro online, vi rimandiamo al link: Iscrizione (gotowebinar.com)

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 357 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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