Criticità della Somministrazione Reiterata: Analisi della Sentenza

Criticità della Somministrazione Reiterata: Analisi della Sentenza

Introduzione alla Somministrazione Reiterata

Da un po’ di tempo la Magistratura si sta occupando della somministrazione reiterata in misura irragionevole presso lo stesso utilizzatore: l’ultima, in ordine di tempo, sull’argomento è intervenuta quest’anno con la sentenza n. 6898 della Corte di Cassazione.

Prima di entrare nel merito della decisione (perché, al di là della stessa, è bene vedere il contesto sul quale esplica i propri effetti), va ricordato come nel nostro ordinamento vi siano delle disposizioni che pongono dei paletti. Mi riferisco:

  1. All’art. 31, comma 1, ultimo periodo, del D.L.vo n. 81/2015 che consente l’utilizzazione a tempo determinato per più missioni, anche superiori ai 24 mesi, non continuativi, se il lavoratore risulti assunto a tempo indeterminato dall’Agenzia di Lavoro, senza che ciò determini, fino al 30 giugno 2025, in capo all’utilizzatore stesso, la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. La norma che, secondo un preciso orientamento, fatto presente in sede governativa, espresso sia dalle Associazioni dei datori di lavoro che dalle Organizzazioni sindacali di settore, dovrebbe essere “affrancata” da quel termine finale, ha una propria logica in quanto non si è in presenza di un dipendente precario in quest’ultimo ha un contratto a tempo indeterminato con tutte le garanzie legali e contrattuali;
  2. Al limite dei 24 mesi complessivi con somministrazione a termine, dato che si ricava dalla lettura del comma 2 dell’art. 19 che, comunque, fa salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi le quali, potrebbero anche essere di secondo livello, secondo la formulazione adottata dall’art. 51.

Analisi della Sentenza

Nel caso di specie, la Suprema Corte si è trovata ad esaminare il ricorso di un lavoratore che, in un arco temporale di 7 anni, aveva totalizzato presso lo stesso utilizzatore circa 800 contratti di somministrazione aventi ad oggetto le stesse mansioni.

La Cassazione, per quel che riguarda l’oggetto principale del ricorso, si è limitata a constatare, come già era stato fatto nel merito dai giudici dei precedenti gradi, la decadenza dalla impugnativa di licenziamento relativa ai precedenti rapporti in quanto la stessa era intervenuta ben oltre i 60 giorni individuati come termine massimo dall’art. 32, comma 4, lettera d) della legge n. 183/2010.

Decidendo in tal modo, non era stato, poi, affrontata la questione relativa alla ipotizzabile “somministrazione fraudolenta”, intercorsa tra l’Agenzia ed il datore di lavoro utilizzatore finalizzata allo “svicolamento” dal requisito della temporaneità: nella sostanza, il giudice di merito, afferma la Corte, non ha vagliato se ricorrevano i presupposti per l’applicazione dell’art. 38-bis del D.L.vo n. 81/2015 il quale punisce il comportamento fraudolento dell’Agenzia e dell’utilizzatore finalizzato ad aggirare norme inderogabili di legge o di contratto collettivo.

Per completezza di informazione ricordo che, per effetto dell’art. 29 del D.L. n. 19/2024 (attualmente all’esame delle Camere per la conversione) l’art. 38-bis è stato abrogato ma la somministrazione fraudolenta, con sanzioni di natura penale più forti, è rimasta ed, ora, ricompresa all’interno dell’art. 18 della legge n. 276/2003.

Ipotesi

Ma, dopo aver, nella sostanza, confermato le decisioni del merito, la Corte ha affermato che il giudice avrebbe dovuto accertare “l’abusiva reiterazione” in quanto “la vicenda contrattuale può rilevare come antecedente storico, valutabile in via incidentale”.

Alla luce di tale premesse, ricordano i giudici di Piazza Cavour vi sono dei principi di diritto consolidati sia a livello interno che comunitario in base ai quali “le missioni successive assegnate al medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice eludono l’essenza stessa delle disposizioni della Direttiva n. 2008/104  (è quella che concerne la somministrazione) la quale afferma che gli Stati dell’Unione debbono adottare le misure necessarie per prevenire missioni successive con lo scopo di eludere le disposizioni comunitarie. Di conseguenza, spetta al giudice del rinvio (cosa che ha fatto la Corte) verificare se le disposizioni della Direttiva n. 2008/104 siano state aggirate. A mio avviso, le norme di tutela ci sono: basti ricordare quelle che ho già citato in questa riflessione, ossia l’art. 19, l’art. 31, comma 1, e, ora, dopo l’abrogazione dell’art. 38-bis del D.L.vo n. 81/2015, l’art. 18 della legge n. 276/2003, profondamente riformato dal D.L. n. 19/2024.

Ovviamente, la Corte di Appello, in altra composizione, “essendo ininfluente il dato della maturata decadenza”, dovrà verificare se sussistano i requisiti relativi alla somministrazione in frode alla legge.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 359 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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