Covid-19 e Quarantena – L’Inps fa chiarezza sulla questione tra isolamento fiduciario e malattia

Quarantena ridotta a dieci giorni ma non può essere equiparata al periodo di malattia

Covid-19 e Quarantena – L’Inps fa chiarezza sulla questione tra isolamento fiduciario e malattia

Covid-19 e Quarantena. Il Comitato tecnico scientifico e il Ministero della Salute hanno ridefinito le modalità di quarantena e di isolamento fiduciario, al fine di “restituire tempestivamente” al contesto sociale i soggetti guariti da Covid-19. Il periodo di Quarantena è stato ridotto da quattordici a dieci giorni e il doppio tampone negativo non è più obbligatorio. Sarà quindi sufficiente un solo tampone al termine del periodo di quarantena per accertare la positività o la negatività del soggetto in questione.

Una circolare del Direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, individua 4 tipologie di situazioni.

  • I positivi asintomatici. Diagnosi confermata da test molecolare positivo. In questo caso si prevedono 10 giorni di isolamento fiduciario più tampone molecolare unico a fine quarantena.
  • I positivi sintomatici. Diagnosi confermata da test positivo. Almeno 10 giorni di isolamento (dei quali obbligatoriamente gli ultimi 3 in completa assenza di sintomi), tampone molecolare unico a fine quarantena.
  • I positivi asintomatici che non riescono a negativizzarsi. Diagnosi confermata da test molecolare positivo. L’isolamento è di almeno 21 giorni con riscontro di positività al test molecolare effettuato al 10° e al 17° giorno.
  • I contatti stretti. Isolamento fiduciario di 10 giorni più tampone antigenico rapido o molecolare al termine della quarantena.

La scelta di ridurre il periodo di quarantena e di non rendere obbligatorio il secondo tampone, proviene dalla volontà di attenuare gli effetti negativi della pandemia sul PIL nazionale, restituendo i lavoratori alle imprese il prima possibile nel momento in cui viene accertata la loro negatività.

Quarantena non equiparata al periodo di quarantena

Anche l’Inps comunica una novità importante sul periodo di quarantena. L’istituto infatti sancisce che il periodo di isolamento non è equiparabile al periodo di malattia. In pratica il riconoscimento della malattia si ha solo quando la quarantena è decisa da un operatore di sanità pubblica. Tale eventualità può scattare nel caso di contatto stretto con soggetti positivi ma non nei casi della cosiddetta quarantena fiduciaria per contatti non diretti.

La scelta dell’INPS rappresenta un limite molto netto rispetto a quanto previsto nel Decreto cura Italia che prevedeva l’equiparazione della quarantena con sorveglianza attiva alla malattia.

Inoltre la malattia non viene riconosciuta ai lavoratori fragili in smart working a meno che non sia accertata la malattia conclamata. Il ragionamento è che questi lavoratori non hanno un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta. Non è possibile quindi ricorrere alla tutela previdenziale della malattia nei casi in cui il lavoratore si trovi in quarantena o in sorveglianza precauzionale perché considerato soggetto fragile. Sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, il lavoratore può continuare a svolgere l’attività lavorativa presso il proprio domicilio.

Il discorso è valido anche per i lavoratori che si trascorrono il periodo di quarantena all’estero perché richiesta dal Paese di destinazione. In questo caso chi deve adempiere a quest’obbligo, prima di entrare in un paese che lo richiede, non potrà avvalersi del riconoscimento della malattia. Infine, secondo le nuove direttive Inps, la malattia non viene riconosciuta se il lavoratore malato si trova in cassa di integrazione o usufruisce l’assegno dei fondi di solidarietà.

 

 

 

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