Conversione del decreto Milleproroghe in Legge
L'editoriale di Eufranio Massi
Dalla fine del mese di febbraio, con la conversione in legge del c.d. Decreto “Milleproroghe”, verrà introdotta una sostanziale modifica nel testo del D.L. n. 81/2015 che disciplina i contratti a tempo determinato all’art. 19, comma 1.
Attraverso un emendamento, il termine per l’individuazione delle specifiche ragioni aziendali definite in un contratto individuale di lavoro per ragioni tecniche, organizzative o produttive, viene spostato in avanti.
Il giorno ultimo per l’instaurazione del rapporto con tali condizioni è il 31 dicembre 2024.
Prolungamento della “fase transitoria”
Perché si è giunti a tale situazione che allunga la c.d. “fase transitoria”?
Attraverso l’art. 27 del D.L. n. 48/2023 il Governo, superando le causali introdotte dal c.d. “Decreto Dignità”, e salvando tra queste soltanto le ragioni sostitutive di lavoratori assenti, aveva cassato:
- Le esigenze temporanee ed oggettive estranee all’attività ordinaria;
- Gli incrementi significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
Il ricorso al contratto a tempo determinato dopo il primo rinnovo o trascorsi dodici mesi dalla stipula del primo contratto acausale, era stato reso pressoché impossibile.
Rinnovamento e rinvio
Per rinnovare l’istituto, aveva rinviato la disciplina ai contratti collettivi, anche aziendali, sottoscritti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale . Per dare tempo alle parti sociali di adeguare la contrattazione o definire nuovi accordi, aveva introdotto una disciplina transitoria in base alla quale il datore di lavoro ed il lavoratore definivano le esigenze specifiche di natura tecnica, produttiva ed organizzativa. Queste potevano essere introdotte come condizione ai vari contratti a termine al superamento dei dodici mesi.
La data del 30 aprile 2024 risultava al Legislatore congrua per fare in modo che la contrattazione collettiva potesse definire le specifiche causali, atteso che il Decreto legge n. 48/2023 è entrato in vigore il 5 maggio u.s. .
Il rinvio alle ipotesi definite dai contratti collettivi di lavoro non è nuovo nel nostro ordinamento lavoristico in quanto tale “incipit”, per la prima volta, fu adoperato nel 1987 con l’art. 23 della legge n. 56 e fu foriero di un notevole contenzioso in quanto la giurisprudenza ritenne che le causali non potevano essere generiche ma dovevano avere un contenuto specifico ed apprezzabile.
I contratti collettivi, nella gran parte dei casi, non hanno proceduto alla regolamentazione, sol che si pensi al fatto che nei maggiori settori (metalmeccanici, alimentari, commercio – per il quale, peraltro, è in corso una difficile trattativa per il rinnovo- ecc.) non è stato disciplinato alcunchè, sicchè si correva il rischio, paradossale per un Governo che aveva voluto liberare la contrattazione a tempo determinato dalle pastoie del “Decreto Dignità”, che dal primo maggio l’unica causale inseribile dopo il dodici mesi, fosse quella delle ragioni sostitutive.
Lo spostamento in avanti del termine originariamente fissato non muta affatto le considerazioni che furono effettuate allorquando la norma originaria vide la luce.
Accordi e disposizioni
La disposizione non ha natura strutturale ma è sostitutiva, in via transitoria, della contrattazione collettiva. La scadenza si prevede per il 31 dicembre 2024.
Nel caso in cui le parti sociali intervengano a disciplinare la materia nello specifico settore prima della fine dell’anno, la norma transitoria decadrà automaticamente per quelle imprese che allo stesso fanno riferimento.
L’ art. 19, comma 1 parla di accordo tra datore e lavoratore per individuare le esigenze aziendali sopra citati. Si tratta di una disposizione che appare lontana dalla realtà, in quanto le esigenze sono ben conosciute dall’imprenditore.
Nel contratto individuale che si andrà a sottoscrivere per le esigenze di natura tecnica, produttiva ed organizzativa, sarà opportuno che la causale richiamata sia ben declinata dal datore di lavoro, con spiegazione correlata alla temporaneità, per non incorrere in possibili rivendicazioni a livello giudiziale come avvenne, in un quadro giuridico ben diverso, con il D.L.vo n. 368/2001 e come, in un certo senso traspare anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 9243 del 4 aprile 2023, in materia di contratti a termine stagionali.
La disposizione, contenuta nel D.L.vo n. 368/2001, non prevedeva un limite temporale al contratto a termine e fu, abbastanza facile, ricondurre il tutto, in presenza di una violazione riscontrabile nella causale, a contratto a tempo indeterminato, anche perché non erano richiamate nei contratti collettivi in termini ben circostanziati gli aspetti delle concrete esigenze aziendali, richiamate nella lettera di assunzione. Ora, la norma fissa in ventiquattro mesi il termine massimo e, quindi, un eventuale contenzioso potrebbe risolversi in un risarcimento del danno entro tale limite massimo.
Bologna, 17 febbraio 2024
Eufranio MASSI
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