Come cambiano i prerequisiti sulle assunzioni agevolate

L'editoriale di Eufranio Massi

Come cambiano i prerequisiti sulle assunzioni agevolate

Con l’entrata in vigore dell’art. 29 del D.L. n. 19 del 2 marzo 2024, cambia uno dei prerequisiti sulle assunzioni agevolate, sempre richiesto dall’INPS, per la fruizione delle agevolazioni correlate alle assunzioni.

Mi riferisco all’art. 1, comma 1175 della legge n. 296/2006 che si accompagna, sempre, all’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015. A questo comma che cambia se ne aggiunge uno nuovo, il 1175-bis, che viene incontro a quei datori di lavoro che, per effetto di sanzioni amministrative erogate dagli organi di vigilanza, hanno visto sospeso il “godimento” degli sgravi contributivi.

Dopo le novità introdotte, i benefici contributivi e normativi sono subordinati a determinati accordi, vediamo dunque i nuovi prerequisiti sulle assunzioni agevolate.

Subordinazioni per i prerequisiti

  1. Al possesso del DURC che, per i datori di lavoro interessati (ad esempio, le imprese artigiane), dal 1° gennaio 2022 comprende anche il versamento della aliquota di contribuzione ai Fondi di solidarietà bilaterale, a quelli alternativi ed a quelli intersettoriali delle Province Autonome di Trento e Bolzano, sulla scorta della previsione dell’art. 40-bis del D.L.vo n. 148/2015;
  2. Alla mancanza di violazioni delle disposizioni in materia di lavoro e legislazione sociale, ivi comprese quelle che riguardano la tutela delle condizioni di lavoro, nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Esse saranno individuate da un D.M. del Ministro del Lavoro (presumibilmente, in tale elencazione, che si prevede abbastanza corposa, rientreranno anche le violazioni già indicate nell’Allegato al primo Decreto sul DURC), fermi restando gli altri obblighi di legge;
  3. Al rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonchè di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Ovviamente, allorquando si parla di accordi a livello aziendale ci si deve riferire a quelli stipulati dalle “loro” RSA o dalla RSU, come previsto dall’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015. Tale formulazione è abbastanza importante anche alla luce di un’altra disposizione che è sempre contenuta nell’art. 29 e che riguarda la retribuzione che deve essere corrisposta “al personale impiegato nell’appalto di opere e servizi e nell’eventuale subappalto”: il trattamento economico complessivo non deve essere inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”.

Considerazioni a riguardo

Tralasciando ogni considerazione su quest’ultimo articolato e ferme restando eventuali modifiche in sede di conversione, ritengo che una impresa che, ad esempio, dovesse applicare ai lavoratori impiegati nell’appalto o nel subappalto soltanto un trattamento complessivamente non inferiore al CCNL maggiormente utilizzato nel settore e nella zona ( che potrebbe essere anche quello sottoscritto dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale), sarebbe sì in regola con il nuovo comma 1-bis dell’art. 29 del D.L.vo n. 276/2003, ma non potrebbe usufruire di sgravi contributivi correlati ad una assunzione agevolata perchè di quest’ ultimo contratto non applica la parte normativa.

Comma 1175-bis

Il successivo comma 1175-bis apre, invece, al perdono nei confronti di chi ha chiesto i benefici ma che, in sede di controllo da parte degli organi di vigilanza è stato “pizzicato” per inottemperanza a determinate disposizioni. Sul punto si è espressa anche la circolare n. 4/2024 della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, esprimendo un giudizio, sostanzialmente, positivo.

Prima Ipotesi

Orbene, la norma si riferisce a due ipotesi.

La prima riguarda i datori di lavoro che hanno regolarizzato la posizione contributiva ed assicurativa e le eventuali violazioni accertate in materia di lavoro e sicurezza, entro i termini indicati dagli organi di vigilanza sulla scorta delle indicazioni legislative.

Ciò comporta che l’ottemperanza alle disposizioni ed il pagamento di quanto dovuto, non bloccano la fruizione dei benefici (ovviamente, nel rispetto anche delle altre condizioni, specifiche, previste dalla norma e dalle altre indicazioni amministrative che la disciplinano): aspettiamo, comunque, le indicazioni dell’INPS.

Seconda ipotesi

La seconda, invece, riguarda le violazioni amministrative che non possono essere oggetto di regolarizzazione (ad esempio, la maxi sanzione per l’impiego di minori o extra comunitari privi del permesso di soggiorno, alcune sanzioni, non diffidabili in materia di orario di lavoro): in questi casi il recupero dei benefici erogati dall’Istituto non può essere superiore al doppio dell’importo sanzionatorio oggetto di verbalizzazione: nella sostanza viene introdotto, come ricorda la circolare n. 4/2024 della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, un principio di proporzionalità..

L’art. 31 del D.L.vo n. 81/2015 è, invece, rimasto identico. Quindi, per una completa sui prerequisiti sulle assunzioni agevolate, ricordo che vi sono determinati casi.

Casi in cui non spetta alcuna agevolazione

  1. Se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo (anche di secondo livello), pure nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione venga utilizzato attraverso un contratto di somministrazione;
  2. Se l’assunzione viola un diritto di precedenza previsto dalla legge o dal contratto collettivo (si pensi, ad esempio, al diritto di precedenza esternato per iscritto ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015 da un lavoratore con precedente contratto a tempo determinato, o a un lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo nei sei mesi precedenti secondo la previsione dell’art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949, o ad un lavoratore non transitato a seguito di cessione di azienda presso il nuovo datore, il quale per dodici mesi è titolare di tale diritto, come ricorda l’art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990);
  3. Se presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contatto di somministrazione siano in atto sospensioni per crisi o riorganizzazione aziendale, fatto salvo il caso che l’assunzione programmata non sia per un livello completamente diverso da quello dei lavoratori in integrazione salariale o sia destinato a prestare attività in una unità produttiva diversa da quella interessata alla sospensione;
  4. Se il lavoratore che è stato assunto risulta essere stato licenziato nei sei mesi precedenti da un altro datore di lavoro che, al momento del recesso, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del nuovo datore anche se il rapporto sia stato instaurato con un contratto di somministrazione. L’incentivo non spetta neanche nella ipotesi in cui tra i due datori risulti un rapporto di collegamento o di controllo. Sono questi ultimi i casi che ricorrono ai sensi dell’art. 2359 c.c. o allorquando il rapporto tra le due imprese, facenti capo allo stesso soggetto, avvenga per interposta persona.

Ulteriori appunti

Vale, infine, la pena di ricordare che:

  1. Nel contratto di somministrazione i benefici correlati all’assunzione o alla trasformazione del rapporto, vengono trasferiti all’utilizzatore e, qualora gli stessi rientrino nel “de minimis”, vengono calcolati su quest’ultimo. Ricordo che la normativa sul “de minimis” è regolamentata dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2030 dal Regolamento n. 2023/2831 che, nella gran parte delle aziende interessate ha elevato il tetto degli aiuti a 300.000 euro calcolati su tre esercizi finanziari: essi vanno computati “a ritroso” come avviene, ad esempio, per il calcolo delle integrazioni salariali ordinarie;
  2. Se l’agevolazione è strettamente correlata ad un incremento occupazionale (v. il caso delle “donne svantaggiate” ex art. 4, commi da 8 a 11 della legge n. 92/2012), il calcolo deve essere fatto con cadenza mensile, utilizzando anche il criterio della c.d. “impresa unica”, già richiamato dal Regolamento n. 1408/2013, escludendo dal computo della base occupazionale i lavoratori dimissionari, quelli che sono andati in pensione per raggiunti limiti di età, i licenziati per giusta causa e la casistica legata alla riduzione volontaria dell’orario di lavoro (art. 8, comma 2, del D.L.vo n. 81/2015).

 

Bologna, 18 marzo 2024

Eufranio MASSI.

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Eufranio Massi
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E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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