Cassa integrazione in deroga nel tessile: novità per le piccole imprese

L'editoriale di Eufranio Massi

Cassa integrazione in deroga nel tessile: novità per le piccole imprese

La cassa integrazione in deroga nel settore tessile

Con l’art. 2 del Decreto Legge 28 ottobre 2024, n. 160 Il Governo ha inteso varare interventi per fronteggiare la crisi occupazionale delle piccole imprese del settore moda e per tutelare i lavoratori dipendenti: in tale ottica debbono essere intese le deroghe agli articoli 4 e 12 del D.L. vo n. 148/2015 per un periodo che decorre dal 29 settembre (giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) e fino al 31 dicembre p.v..

I trattamenti di Cassa integrazione in deroga riguardano le aziende del settore industriale e di quello artigiano che operano nel tessile, nell’abbigliamento, nel calzaturiero e nelle concerie che nel semestre antecedente l’invio della domanda all’INPS presentano una forza media fino a 15 addetti: l’integrazione salariale comporta l’attribuzione della contribuzione figurativa ed è pari a quella prevista per il 2024 dall’art. 3 della legge n. 148/2015.

Chi può accedere alla cassa integrazione in deroga?

Prima di entrare nel merito della disposizione occorre, a mio avviso, sottolineare come la disposizione si rivolga (essendo un trattamento in deroga) a quelle imprese, con le dimensioni sopra indicate, che hanno esaurito il plafond degli interventi integrativi ordinari previsti dalla legge per le imprese industriali e dal Fondo bilaterale alternativo per le imprese artigiane. Per le prime è di 52 settimane calcolate “a ritroso” per un biennio mobile, mentre per le seconde, la copertura massima, sempre riferita al biennio mobile, è di 26 settimane.

Condizione necessaria da soddisfare

Quindi, la prima condizione da soddisfare è l’esaurimento dei trattamenti ordinari che deve essere dichiarato nella domanda telematica, indirizzata all’INPS (che, sul punto, dovrà fornire le proprie indicazioni operative), con l’allegazione dell’elenco dei dipendenti interessati alla sospensione o alla riduzione di orario ed il relativo periodo. Ovviamente, come di prassi per ogni intervento integrativo ordinario, sarà necessario espletare, preventivamente, con le RSA o le RSU, nonché con le articolazioni territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, le cause di sospensione o di riduzione dell’orario, l’entità e la durata prevedibile, ed il numero dei lavoratori interessati.

Alla comunicazione, come ricorda l’art. 14 del D.L. vo n. 148/2015 segue, su richiesta di una delle parti, un esame congiunto, anche in via telematica: la procedura, trattandosi di piccole imprese, si chiude entro i 10 giorni successivi alla data di comunicazione. Della procedura sindacale, per la quale non è necessario il raggiungimento dell’accordo, occorrerà dare notizia e dimostrazione della comunicazione di informazione all’Istituto come già ricorda lo stesso sin dalla circolare n. 139/2016.

Tempi e modalità di erogazione del trattamento

Sarà l’INPS, come detto in precedenza, a dettare i termini procedurali: in ogni caso, l’istanza dovrebbe essere presentata entro gli ordinari termini previsti dall’art. 15 del D.L. vo n. 148/2015 (entro i 15 giorni successivi all’inizio della sospensione o della riduzione dell’attività lavorativa).

Il comma 3 ricorda che il trattamento integrativo ordinario, riconosciuto dall’Istituto, deve essere, in via ordinaria, erogato ai dipendenti interessati alla fine di ogni periodo di paga entro il quale insiste la sospensione o la riduzione di orario, con conguaglio o richiesta di rimborso all’INPS, a pena di decadenza, entro 6 mesi dalla fine del periodo di paga in corso al termine di durata della concessione o dalla data di concessione, se successivo.

Ma, cosa succede se il datore di lavoro non è in grado, per le proprie difficoltà finanziarie, di erogare il trattamento integrativo?

La sede INPS, competente per territorio, può autorizzare il pagamento diretto, in presenza di serie e documentate difficoltà dell’impresa, su richiesta della stessa (art. 7, comma 4, del D.L.vo n. 148/2015): in tal caso, il datore è tenuto ad inviare all’Istituto, tutti i dati necessari entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento di autorizzazione (art. 7, comma 5-bis, del D.L.vo n. 148/2015. I termini sono perentori e in caso di mancato rispetto degli stessi, la prestazione e gli oneri connessi restano a carico del datore di lavoro inadempiente.

Su tali trattamenti integrativi in deroga non è dovuto alcun contributo addizionale.

La misura è finanziata per l’anno in corso con 64,6 milioni di euro tratti dal Fondo sociale per l’occupazione e la formazione (art. 18 del D.L. n. 185/2008 convertito, con modificazioni, nella legge n. 2/2009) e all’INPS sono affidati compiti di monitoraggio, con l’avvertenza che, in caso di superamento, anche in via prospettica, del budget complessivo, non potrà accogliere le ulteriori istanze.

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