Diritto di precedenza nei contratti a termine: Nuove direttive della Corte di Cassazione

Diritto di precedenza nei contratti a termine: Nuove direttive della Corte di Cassazione

Il diritto di precedenza nei contratti a termine dopo la recente decisione della Cassazione

Con una recente decisione, la n. 19348 del 15 luglio 2024, la Corte di Cassazione, interpretando un passaggio dell’art. 5 del D.L.vo n. 368/2001, ora abrogato, ha stabilito che il diritto di precedenza nei contratti a tempo determinato che scatta nel momento in cui, per le stesse mansioni, un lavoratore, anche in sommatoria di più rapporti a termine, ha superato la soglia dei 6 mesi, può essere fatto valere dall’interessato, per iscritto, anche in costanza di contratto in essere, senza attendere, per l’esternazione, la sua conclusione, in quanto il Legislatore non ha previsto un termine iniziale per quest’ultima ma ha fissato, soltanto, un termine finale (6 mesi dalla cessazione del contratto). Nel caso di specie il datore di lavoro aveva negato l’esistenza del diritto di precedenza in quanto espresso dall’interessata dopo che erano trascorsi 6 mesi, in costanza di contratto, e non al termine dello stesso

Tale principio, seppur espresso rispetto ad una disposizione ormai abrogata, vale, però, anche per l’art. 24 del D.L.vo n. 81/2015 che, sull’argomento, ripete le stesse parole già contenute nel D.L.vo n. 368/2001.

La riflessione che segue, prendendo lo spunto da quanto affermato dai giudici di Piazza Cavour, intende ricapitolare, sia pure sommariamente, le questioni che si trovano ad affrontare i datori di lavoro alle prese con gli adempimenti relativi ai contratti a tempo determinato.

Ma andiamo con ordine.

Cosa bisogna sapere sul diritto di precedenza

Lettera di assunzione: il datore di lavoro è tenuto a far menzione nella stessa della esistenza del diritto di precedenza, cosa che può avvenire richiamando il dettato normativo inserito nell’art. 24 o, in alternativa, ricordando che lo stesso scatta al compimento dei 6 mesi di prestazione lavorativa con le stesse mansioni svolte anche attraverso più contratti a termine.

La norma, in caso di inosservanza, non è accompagnata da alcun precetto sanzionatorio: tuttavia, in caso di controllo, l’ispettore del lavoro può emanare una disposizione ex art. 14 del D.L.vo n. 124/2004, con la quale ordina al datore di lavoro di adeguarsi al dettato normativo, integrando, entro il termine stabilito dall’organo ispettivo, quanto contenuto nella lettera di assunzione. Se non lo fa, scatta una sanzione compresa tra 500 e 3.000 euro, non diffidabile. Avverso tale provvedimento è ammesso ricorso (ma l’esecutività del provvedimento non è sospesa) al Dirigente dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro entro 15 giorni, il quale decide entro i 15 giorni successivi al ricevimento. Per completezza di informazione ricordo che il potere di disposizione è un atto discrezionale che soltanto gli ispettori del lavoro, tra tutti gli organi di vigilanza, possono emanare allorquando, durante l’accesso ispettivo rilevino la violazione di una norma di legge che non è accompagnata da alcuna sanzione amministrativa o penale. La disposizione può riguardare anche la violazione di un precetto previsto dal CCNL come stabilito dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro e confermato di recente dal Consiglio di Stato che ha riformato, sul punto, una precedente decisione del TAR del Friuli-Venezia Giulia.

Diritto di precedenza: perché lo stesso scatti occorrono, come detto pocanzi, 6 mesi di rapporto di lavoro, anche in sommatoria con contratti precedenti: il tutto è finalizzato ad una possibile assunzione a tempo indeterminato effettuata dal datore di lavoro entro i 12 mesi successivi alla cessazione del precedente rapporto, per le mansioni già espletate. Tale diritto deve, materialmente, essere esercitato dal lavoratore per iscritto e fatto pervenire al datore di lavoro interessato.

Per le donne che, dopo la stipula del contratto, si trovano ad essere in periodo di astensione obbligatoria, anche anticipata, si contano anche tali mensilità ai fini del raggiungimento della soglia dei 6 mesi. Per queste ultime, il diritto di precedenza oltre che per una assunzione a tempo indeterminato è, nello stesso periodo, anche per una assunzione a termine. Il diritto di precedenza scatta dal momento in cui viene esternato: ciò significa che se lo stesso non viene effettuato subito, il datore è libero di assumere chi vuole a tempo indeterminato, senza dover notificare tale sua volontà al lavoratore il quale conosce bene l’esistenza del diritto che è riportata anche nella lettera di assunzione. Nei contratti relativi ad attività stagionali che sono quelle indicate nel DPR n. 1525/1963 o quelle che sono state definite come tali dalla contrattazione collettiva, anche aziendale, sottoscritta dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, il diritto di precedenza, per un altro contratto stagionale a tempo determinato, va esternato, per iscritto, entro i 3 mesi successivi alla cessazione del rapporto.

Nei contratti stagionali, frutto della contrattazione collettiva, ricorda la Cassazione con la sentenza n. 9243 del 4 aprile 2023, non è sufficiente parlare soltanto di punte di attività in determinati periodi dell’anno, ma occorre tipizzare le attività che si ritengono stagionali, pena la conversione dei contratti in contratti a tempo indeterminato.

Sia nel primo che nel secondo caso la contrattazione collettiva può stabilire termini diversi per l’esercizio del diritto di precedenza.

Contenuto del diritto di precedenza: a meno che tra le parti o a livello collettivo non sia stato stabilito un limite, il diritto di precedenza non presenta alcun confine territoriale. Ciò significa che il datore di lavoro che dovesse assumere, in un’altra unità produttiva, anche ubicata in una Regione diversa dalla prima, un soggetto a tempo indeterminato destinato a svolgere le mansioni già espletate all’interno della categoria legale di inquadramento dal lavoratore che ha esercitato il diritto di precedenza, è tenuto a farlo presente allo stesso il quale, nei limiti di durata temporale del diritto, non decade dal diritto, pur rifiutando, anche tacitamente, l’opportunità lavorativa.

Il contratto offerto deve essere a tempo indeterminato, anche part-time (a mio avviso, non al di sotto delle ore settimanali, eventualmente, indicate dal CCNL), e, ricorrendo le condizioni oggettive e soggettive previste dalla norma e dai chiarimenti amministrativi (“in primis” l’interpello del Ministero del Lavoro n. 8/2007), anche con rapporto di apprendistato professionalizzante. Ovviamente, non è assolutamente praticabile la via del contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, caratterizzato da episodicità e saltuarietà, ove la prestazione dipende, unicamente, dalla “chiamata” del datore.

Limiti al diritto di precedenza: quest’ultimo trova applicazione, come ricordato pocanzi, nelle nuove assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro, relativamente alle mansioni già espletate, dal lavoratore entro i 12 mesi successivi alla cessazione dell’ultimo rapporto. Dal tenore letterale della norma discendono alcune considerazioni che possono così sintetizzarsi:

  • Il diritto di precedenza non può trovare applicazione nel caso in cui il datore di lavoro abbia trasformato a tempo indeterminato contratti a termine in corso pur se i dipendenti interessati svolgono le stesse mansioni del lavoratore che aveva esercitato il diritto, in quanto, nel caso di specie, non si tratta di una nuova assunzione, come richiede il Legislatore, ma di una trasformazione di un contratto a termine in essere;
  • Il diritto di precedenza non trova applicazione nel caso in cui la nuova assunzione a tempo indeterminato riguardi mansioni che, seppur siano riferibili allo stesso livello della categoria legale di inquadramento, non risultano essere state minimamente espletate dall’interessato;
  • Nel caso in cui, a seguito di cambio di appalto, i dipendenti (compresi quelli che hanno svolto le stesse mansioni del lavoratore a termine che ha esercitato il diritto) vengono assunti, in virtù di una clausola sociale inserita nel contratto collettivo o nel bando di gara, alle dipendenze del nuovo appaltatore, continuando a prestare la loro attività negli stessi locali ed uffici, non si può parlare di un diritto che viene violato, atteso che gli altri lavoratori erano già in forza presso quella struttura;
  • Nel caso in cui a seguito di cessione di azienda o ramo di essa ex art. 2112 c.c., anche alla luce della procedura prevista dall’art. 47 della legge n. 428/1990, i lavoratori transitano alle dipendenze del nuovo datore di lavoro (compresi quelli che svolgono le mansioni già espletate dal titolare del diritto), senza che si possa sostenere la sussistenza di alcuna lesione, atteso che gli stessi continuano a prestare la loro attività e sono transitati alle dipendenze del nuovo datore, portandosi dietro, come afferma la norma, tutti i diritti scaturenti dal pregresso rapporto di lavoro.

Esistenza di più soggetti titolari di un diritto di precedenza: sovente un datore di lavoro può trovarsi a dover “scegliere” tra più soggetti che hanno esercitato il diritto.

La legge nulla dice sull’argomento e, in mancanza, di specifici criteri previsti dalla contrattazione collettiva, appare preferibile scegliere quello che appare più oggettivo e che è rappresentato dall’anzianità aziendale (criterio in uso nelle imprese che ricorrono a contratti stagionali a termine e che, talora, sono costrette, per una diminuzione dell’attività produttiva, a non garantire la rioccupazione di tutti i lavoratori impiegati nella precedente stagione).

Conseguenze per il datore che viola il diritto ed assume “ex novo” un altro dipendente per lo svolgimento di mansioni già espletate dal titolare del diritto: se il datore ha assunto pensando di fruire di sgravi contributivi o altra agevolazione prevista dall’ordinamento (ad esempio, quelli indicati dal 1° settembre 2024 dal D.L. n. 60), non potrà ottenerli in quanto l’art. 31, comma 1, lettera b) del D.L.vo n. 150/2015 afferma che “gli incentivi non spettano se l’assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato (art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949) o cessato da un rapporto a termine (art. 24 del D.L.vo n. 81/2015), anche nel caso in cui, prima dell’utilizzo di un lavoratore mediante un contratto di somministrazione, non abbia, preventivamente, offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine”.

Il lavoratore che è stato pretermesso non può invocare “la costituzione forzosa” del rapporto d lavoro a tempo indeterminato (tale principio, nel nostro ordinamento, non esiste neanche per il collocamento obbligatorio) ma può chiedere in giudizio un risarcimento del danno, portando prove a suo favore, in base alle quali il giudice deciderà in ordine alla sussistenza dello stesso ed alla sua ampiezza.

Diritto di precedenza nella pubblica amministrazione: un caso a parte

Diritto di precedenza nei contratti a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione: quanto affermato, in via generale, per il settore privato non trova applicazione nei contratti a tempo determinato della Pubblica Amministrazione (i datori di lavoro sono individuati, in gran parte, dall’art. 1, comma 2, della legge n. 165/2001 ai quali occorre aggiungere quelli indicati da leggi “speciali” come quelle che riguardano le c.d. “Authority”) ove il limite massimo di durata del rapporto non può superare i 36 mesi.

Il diritto di precedenza non opera in quanto urta con l‘art. 97 della Costituzione che stabilisce come l’accesso a tempo indeterminato negli organici pubblici debba avvenire con concorso o con prove selettive pubbliche. La questione della reiterazione dei contratti a termine oltre ogni ragionevole limite (quindi anche oltre i 36 mesi) è stata oggetto di decisioni da parte della Corte Europea di Giustizia che, però, ha potuto riconoscere soltanto un risarcimento del danno, demandando al giudice di merito la quantificazione dello stesso.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 343 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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