La maxisanzione per il lavoro nero dopo il D.L. n. 19/2024

L'editoriale di Eufranio Massi

La maxisanzione per il lavoro nero dopo il D.L. n. 19/2024

Cosa cambia per datori di lavoro e lavoratori nel settore edile.

Attraverso il D.L. n. 19/2024, convertito, con modificazioni nella legge n. 56, il Legislatore ha cercato di porre ulteriori freni al dilagare del lavoro irregolare e delle violazioni delle più elementari norme sulla salute e sicurezza nel lavoro. Di qui l’inasprimento di una serie di norme con la ricomparsa delle sanzioni penali, di qui, per il momento, nel solo settore edile, l’introduzione della c.d. “patente a punti” necessaria per operare all’interno dei cantieri a partire dal prossimo 1 ottobre.
Ci sarà modo e maniera per approfondire gli specifici punti e tutte le criticità ad essi connesse: ora, ritengo opportuno soffermare l’attenzione sull’inasprimento degli importi relativi alla maxisanzione per lavoro nero, articolata per fasce sin dal 2015.

La sanzione

Tale sanzione, è bene ricordarlo, scatta allorquando a seguito di accesso ispettivo degli organi a ciò deputati, vengono trovati lavoratori per i quali la comunicazione telematica di assunzione non è stata effettuata almeno 24 ore prima della instaurazione del rapporto.
Dal 2 marzo 2024, data di entrata in vigore del D.L. n. 19, gli importi, che peraltro erano stati già maggiorati del 20% con la legge di bilancio n. 145/2018, vengono ulteriormente incrementati del 10%, sicche’ ora, la sanzione per lavoro nero è la seguente:

  • Da 1.950 euro a 11.700 euro per ogni lavoratore in nero, sino ad un massimo di 30 giorni di prestazione lavorativa;
  • Da 3.900 euro a 23.400 euro per ogni lavoratore, in nero, da 31 a 60 giorni di prestazione lavorativa;
  • Da 7.800 euro a 46.800 euro per ogni lavoratore, in nero, qualora la prestazione abbia superato la soglia dei 60 giorni.

L’irrogazione della maxisanzione (che non esclude l’irrogazione di altre sanzioni come, ad esempio, quella relativa ai pagamenti avvenuti con modalità non tracciabili) comprende anche altre violazioni rilevabili in tale contesto, correlate alla stessa condotta. Di conseguenza, non vengono comminate:

  • L’omessa comunicazione telematica anticipata ai servizi per l’impiego;
  • L’omessa consegna della lettera di assunzione;
  • Le omesse registrazioni sul LUL;
  • L’omessa comunicazione di cessazione.

Gli importi sopra descritti sono oggetto di un ulteriore inasprimento qualora ricorrano due ipotesi.

Due Ipotesi

La prima riguarda l’impiego di un lavoratore extra comunitario privo del permesso di soggiorno, di un minore che non ha raggiunto l’età per lavorare, di un soggetto appartenente a nuclei familiari titolari di reddito di inclusione: in tutti questi casi la maggiorazione è del 20%.

La seconda concerne la recidività del trasgressore: qualora il datore di lavoro, calcolando a ritroso il periodo partendo dall’ultima irrogazione, sia stato destinatario di sanzioni per gli stessi illeciti negli ultimi 3 anni, la maggiorazione complessiva del 30% (che tiene conto di quella del 20% della legge n. 145/2018 e di quella pari al 10% prevista dall’art. 29 del D.L. n. 19), viene raddoppiata.
In ordine a tale ultima questione si pone il problema di cosa si intende, nel caso di specie, per recidiva. Essa si verifica in presenza di sentenza passata in giudicato (qualora l’accertamento, dopo l’ordinanza-ingiunzione sia stato impugnato in via giurisdizionale), o in presenza di ordinanza- ingiunzione non opposta, o pagata. Non si parla, invece, di recidiva, secondo un “input” amministrativo proveniente dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, di sanzioni per lavoro nero estinte con l’adempimento a seguito di diffida, o con il pagamento in misura ridotta.

Sanzione al lavoro domestico

La sanzione per lavoro nero non si applica al rapporto di lavoro domestico finché esso rimane tale: essa, ovviamente non opera allorquando (casi di questo genere si sono verificati) la lavoratrice assunta a tale scopo viene utilizzata in altre attività imprenditoriali o professionali (ad esempio, la pulizia dei locali ove un professionista esercita la propria attività).
Ma, il datore di lavoro, colpito dalla maxisanzione, può accedere alla procedura premiale della diffida obbligatoria, cosa che è detta, chiaramente, nel verbale ispettivo di conclusione dell’accertamento.
Con la regolarizzazione del lavoratore o dei lavoratori in nero il trasgressore è ammesso al pagamento della sanzione nella misura edittale minima.

Indicazioni dal Ministero del Lavoro

Secondo le indicazioni fornite prima dal Ministero del Lavoro e, successivamente, dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro:

  • La regolarizzazione avviene attraverso un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato anche a tempo parziale ma l’orario concordato non può scendere sotto il 50% dell’orario normale contrattualmente previsto. Essa deve, obbligatoriamente, avvenire dal primo giorno di lavoro irregolare risultante dal verbale degli organi di vigilanza;
  • La regolarizzazione, ricorrendo tutti i presupposti soggettivi ed oggettivi previsti dalla tipologia contrattuale anche con riferimento alla concreta possibilità di recuperare il debito formativo, come indicato dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 5/2013, può avvenire anche con un contratto di apprendistato professionalizzante;
  • La regolarizzazione può avvenire anche con un contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato di almeno tre mesi, nel rispetto delle condizioni previste dagli articoli 19 e seguenti del D.L.vo n. 81/2015.

I lavoratori regolarizzati debbono restare in forza per almeno 90 giorni nel cui computo non rientrano i periodi in nero prestati in precedenza. Se, per una ragione qualsiasi (licenziamento, dimissioni, comunque avvenute) i rapporti regolarizzati cessano prima dei tre mesi, il datore di lavoro non può essere ammesso al pagamento nella misura minima edittale che è una misura di favore in presenza di determinati presupposti: se ciò non accade il trasgressore potrà sempre adempiere pagando le sanzioni nella misura ridotta prevista nello stesso verbale ispettivo.

La prova dell’adempimento

La prova dell’adempimento degli oneri previsti per la diffida obbligatoria va presentata all’ispettore entro 120 giorni dalla data risultante dalla notifica del verbale. Ovviamente, la prova consiste nella regolarizzazione avvenuta, nel pagamento dei contributi e dei premi correlati alla stessa, nonché delle sanzioni.
In ogni caso, la diffida non è per tutte le maxisanzioni: non è possibile qualora sia stati trovati lavoratori extra comunitari privi del permesso di soggiorno, minori non in età lavorativa o soggetti appartenenti a nuclei familiari destinatari di reddito di inclusione.
Da ultimo, ricordo che nella futura “patente a punti, nei cantieri edili, i provvedimenti relativi al lavoro nero comporteranno una perdita di crediti.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 357 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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1 Commenti

  1. Buongiorno
    nell’articolo viene riportato che la “sanzione, è bene ricordarlo, scatta allorquando a seguito di accesso ispettivo degli organi a ciò deputati, vengono trovati lavoratori per i quali la comunicazione telematica di assunzione non è stata effettuata almeno 24 ore prima della instaurazione del rapporto” .. chiedo se non è sufficiente effettuare la comunicazione entro le ore 24 del giorno precedente? grazie

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