Assunzioni agevolate nei contratti di espansione
L'Editoriale di Eufranio Massi
Il contratto di espansione, previsto dall’art. 41 del D.L.vo n. 148/2015 non ha natura strutturale: infatti la sua durata, attualmente, è prevista fino al 31 dicembre 2023 ma, stando alle prime bozze in circolazione del c.d. “Decreto Lavoro”, di imminente approvazione in Consiglio dei Ministri, ci sarà un allungamento del termine finale fino al 31 dicembre 2025.
Nato nel corso del 2019 e, progressivamente, ampliato, dalle aziende con oltre 1.000 dipendenti a quelle con un organico dimensionato sulle 50 unità (anche calcolate complessivamente nelle ipotesi di aggregazione stabile di imprese con un’unica finalità produttiva e di servizi), tale contratto, che presenta una struttura molto articolata e che postula un accordo in sede ministeriale con le organizzazioni sindacali, cerca di coniugare più istituti diversi tra loro per consentire alle imprese di risolvere i propri problemi organizzativi e strutturali.
C’è, infatti, la possibilità prevedere forme di esodo anticipato (volontario) del personale a cui mancano non più di 60 mesi al raggiungimento del traguardo del pensionamento anticipato o di quello di vecchiaia, con un parziale aiuto, nel primo biennio, da parte dell’INPS, c’è la possibilità di prevedere nuove assunzioni in sostituzione del personale “esodato” con obbligo di almeno una per ogni tre uscite per le imprese con un organico dimensionato oltre i 1.000 lavoratori, c’è la possibilità di fruire di riduzioni dell’orario di lavoro con intervento degli ammortizzatori sociali straordinari (senza il pagamento del contributo addizionale) per consentire ai datori d lavoro di favorire la qualificazione o la riqualificazione professionale del personale interessato.
Questo breve cenno al contratto di espansione non rappresenta, assolutamente, una riflessione sull’istituto, cosa che impegnerebbe molto più tempo e approfondimenti (cosa che non escludo, in un prossimo futuro alla luce delle imminenti novità) ma è lo spunto per esaminare i contenuti del messaggio INPS n. 1450 del 18 aprile 2023.
L’Istituto si era posto il problema se i datori di lavoro che avessero richiesto le usuali agevolazioni previste dal nostro ordinamento in caso di assunzione le potessero, effettivamente, ottenere alla luce di alcune previsioni contenute dell’art. 31 del D.L.vo 150/2015.
In particolare l’attenzione dell’INPS si è accentrata sulle lettere a e c) del comma 1.
Con la prima si afferma che “gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norma di legge o dalla contrattazione collettiva”.
Con la seconda si stabilisce che “gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione hanno in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’assunzione di lavoratori inquadrati ad un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in diverse unità produttive”.
Orbene, acquisito il parere positivo dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro, l’INPS, in relazione alla prima questione afferma che non ci si trova in presenza di un obbligo preesistente (obbligo legale), in quanto con l’accordo aziendale, stipulato in sede ministeriale, l’impresa, sulla scorta della finalità perseguita dal contratto di espansione di favorire un ricambio generazionale, si è impegna liberamente e genericamente ad assumere lavoratori con profili professionali compatibili con i piani di riorganizzazione e di reindustrializzazione. Nella sostanza, sembra affermare il Ministero del Lavoro, esiste una sostanziale differenza tra un obbligo che scaturisce dal diritto di precedenza di un lavoratore licenziato entro i sei mesi successivi al recesso (art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949) o dal diritto per dodici mesi di uno che non è passato subito alle dipendenze del cessionario a seguito di cessione di azienda (art. 47 della legge n. 428/1981) o dal rispetto degli adempimenti d’obbligo ex art. 3 della legge n. 68/1999, o dal passaggio dei lavoratori dal precedente appaltatore al nuovo secondo l’indicazione, ad esempio, dell’art. 4 del CCNL multiservizi. L’obbligo di assunzione, secondo il messaggio n. 1450, è tale soltanto laddove il datore di lavoro non ha libertà di assumere o meno: nel caso di specie, si è in presenza di una clausola contrattuale ove il comportamento datoriale non è altro che un adempimento volontario alla stessa.
Per quel che riguarda la seconda questione, il messaggio INPS osserva che, da un punto di vista meramente sistematico, il contratto di espansione, del quale le nuove assunzioni rappresentano un elemento essenziale sia in quanto vanno a sostituire i lavoratori in prepensionamento, sia perché sono funzionali al processo di riorganizzazione aziendale: esso richiede anche l’aggiornamento delle professionalità in organico e, in tal senso, ha una caratteristica di specialità.
Di conseguenza, conclude l’Istituto, per le assunzioni previste nel contratto di espansione non sussiste alcun effettivo contrasto con le disposizioni contenute nelle lettere a) e c) del comma 1 dell’art. 31 del D.Lvo n. 150/2015.
Ovviamente, il datore di lavoro deve essere in regola con tutte le previsioni contenute nel comma 1175 dell’art. 1 della legge n. 296/206 che possono, così, sintetizzarsi:
– Regolarità contributiva
– Rispetto delle disposizioni in materia d lavoro e sicurezza e rispetto degli altri obblighi di legge;
– Rispetto del trattamento economico e normativo previsto dai contratti collettivi sottoscritti a livello nazionale dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, territoriale od aziendale (in quest’ultimo caso dalle “loro” RSA o dalla RSU).
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