Inapp: “Una donna su cinque lascia il lavoro dopo la maternità”

Ancora negativi i dati 2022 sul Gender Gap nel nostro Paese. Generazione Vincente è in prima linea per migliorare la qualità della partecipazione della donna al lavoro, supportando la conciliazione tra vita privata e professionale

Inapp: “Una donna su cinque lascia il lavoro dopo la maternità”

Il mercato del lavoro è ancora caratterizzato da una notevole disparità di genere che pone il nostro Paese ben lontano dalla media europea per i tassi di occupazione.
Generazione Vincente S.p.A., come Agenzia per il Lavoro, ogni giorno opera per accrescere e migliorare l’inclusione lavorativa della donna. La nostra azienda si occupa spesso di Diversity&Inclusion, con interventi concreti, progetti e azioni di verifica.

Il report Inapp

La questione del Gender Gap è stata analizzata da Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) nel Rapporto Plus 2022 “Comprendere la complessità del lavoro”, che ha raccolto dati su un campione di 45.000 individui dai 18 ai 74 anni. La statistica ha evidenziato che una delle cause del divario di genere nel mondo del lavoro è lo squilibrio nella divisione dei carichi di cura in famiglia e specialmente il ruolo della maternità.

Meno occupazione dopo la maternità

Dopo la nascita di un figlio, il 18% delle donne tra i 18 e i 49 anni (quasi 1 donna su 5) non lavora più, percentuale che si aggiunge a un 31,8% già inoccupato. Solo il 43,6% permane nell’occupazione, dato che si abbassa al Sud e nelle Isole, dove si attesta al 29%. Le motivazioni prevalenti riguardano la conciliazione tra lavoro e cura (52%)e il mancato rinnovo del contratto o licenziamento (29%); il 19%, invece, non vede più la convenienza economica nell’impiego. A pesare, purtroppo, sono anche la complessa accessibilità e la scarsa disponibilità dei servizi per la prima infanzia (con differenze importanti a livello territoriale). Il 56% di genitori occupati ha dichiarato non aver mandato i propri figli in età compresa tra 0 e 36 mesi all’asilo nido; mentre tra coloro che lo hanno fatto, meno della metà (il 48%) ha usufruito del servizio pubblico.

Part-time e divario di carriera

Tra le donne che hanno proseguito il proprio impiego dopo la maternità (il 42% come citato in precedenza) il 65% possiede la laurea, ed è inserita per lo più nei settori del pubblico o dei servizi. Il report la definisce  “segregazione occupazionale”, che si unisce a fenomeni di “discriminazione indiretta”. Al riguardo, infatti, vengono riportate variabili di genere rispetto al differenziale retributivo che mostrano una diffusione di contratti a tempo determinato e di “part time involontari” principalmente tra le donne (70%). A parità di mansione, inoltre, le donne lavorano meno ore e accedono più raramente a ruoli di responsabilità e ad avanzamenti di carriera rispetto agli uomini, anche in presenza di maggiore esperienza.

Natalità in record negativo

Il titolo di studio “tutela” dalla perdita del lavoro, ma soltanto in parte. Restano nel mercato del lavoro le più istruite (il 65% delle laureate), ma lascia comunque l’impiego il 16%. Per conciliare lavoro e cura dei figli, circa un quarto degli intervistati ritiene necessario un orario di lavoro più flessibile, mentre un 10% indica la possibilità di lavorare in telelavoro o smart-working. In sostanza, l’indagine presenta un modello familiare che individua nella componente femminile il ruolo di caregiver principale, purtroppo con evidenti ripercussioni occupazionali e retributive sia nel breve che nel lungo periodo.

I numeri del report fanno riflettere: nel nostro Paese è necessario valorizzare e agevolare la partecipazione femminile al mondo del lavoro e la maternità. Non a caso, l’Italia è l’ultimo Paese in Europa per tasso di natalità, attestatosi nel 2022 a soli 400.000 nuovi nati.

Autore

Federica Barbi
Federica Barbi 157 posts

Laureata in Lettere Moderne all’Università Federico II di Napoli, Giornalista e Social Media Manager. "Gioco" con le parole da tutta la vita. Ogni giorno provo ad usarle con armonia: “La comunicazione non è quello che diciamo, bensì quello che arriva agli altri”

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