I vantaggi della somministrazione dopo il decreto Milleproroghe
L'Editoriale di Eufranio Massi
Anche quest’anno, dopo un faticoso passaggio parlamentare, è stato convertito il c.d. “Decreto Milleproroghe”, attraverso il quale scadenze ed adempimenti, prossimi alla scadenza, vengono prorogati.
Ciò è avvenuto con la legge 24 febbraio 2023, n. 14 che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 198 del 29 dicembre 2022.
Tra gli argomenti oggetto di attenzione c’è anche la somministrazione e, segnatamente, l’art. 31, comma 1, ultimo periodo del D.L.vo n. 81/2015, il quale afferma che “nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l’Agenzia di somministrazione e l’utilizzatore sia a tempo determinato, l’utilizzatore può impiegare in missione, per periodi superiori a ventiquattro mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l’Agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore l’assunzione a tempo indeterminato senza che ciò determini in capo all’utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. La disposizione ha efficacia fino al 30 giugno 2025”.
Prima di entrare nel merito di quanto affermato nella legge di conversione del Decreto Mille proroghe, credo che sia opportuno fare un breve cenno alla normativa antecedente introdotta nel nostro ordinamento con la legge n. 96/2018 che aveva, a suo tempo, convertito il c.d. “Decreto Dignità”.
Quando la norma fu varata non esisteva alcun termine finale di vigenza ed il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018 affermava, chiaramente, che “nessuna limitazione è stata introdotta per l‘invio in missione di lavoratori assunti a tempo indeterminato dal somministratore. Pertanto, in questo caso, ai sensi dell’art. 31 del citato decreto legislativo n. 81, tali lavoratori possono essere inviati in missione sia a tempo indeterminato che a termine presso gli utilizzatori senza obbligo di causale o limiti di durata, rispettando i limiti percentuali stabiliti dalla medesima disposizione”.
La norma e le indicazioni amministrative erano chiare ma, successivamente, durante il periodo pandemico, l’Esecutivo, attraverso la decretazione d’urgenza, cominciò a mettere limiti temporali, più volte prorogati a cui si opposero, in modo unitario sia le organizzazioni dei lavoratori (che vedevano un attacco al posto di lavoro dei dipendenti a tempo indeterminato) e che le organizzazioni datoriali della somministrazione (che vedevano, giustamente, limitata, da disposizioni senza alcun significato, la possibilità di somministrare lavoratori con tutte le garanzie economiche e contributive previste dal Legislatore).
La data del 30 giugno 2025, come termine finale, non significa ritorno alla norma originaria che non ne prevedeva alcuno, ma, comunque, rappresenta un termine, al momento lontano nel tempo, che può portare ad una sua auspicabile cancellazione.
Detto questo, entro brevemente nel merito per sottolineare la bontà della disposizione contenuta nell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 31.
I lavoratori dipendenti dalle Agenzie debbono, secondo questa ipotesi, essere stati assunti a tempo indeterminato: per tutta la durata della missione hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore. Gli altri diritti fondamentali, compresa la indennità per gli eventuali periodi in cui la prestazione non sia resa per mancanza di invii in missione, sono ampiamente disciplinati sia nel contratto collettivo per i lavoratori somministrati che negli articoli del DL.vo n. 81/2015 compresi tra il 31 ed il 40.
Per i datori di lavoro che utilizzano personale somministrato già assunto dall’Agenzia a tempo indeterminato (qui è sempre necessario acquisire una dichiarazione in tal senso da parte di quest’ultima) i vantaggi sono evidenti e possono così sintetizzarsi:
Il personale somministrato può essere utilizzato senza alcuna causale che, invece, è obbligatoria, nelle altre ipotesi, sia in caso di rinnovo che in caso di superamento dei dodici mesi, come previsto dal D.L.vo n. 81/2015;
a. Il personale somministrato può essere utilizzato in più missioni, anche non continuative, con superamento del tetto massimo di ventiquattro mesi senza che ciò possa portare ad una richiesta di assunzione presso l’utilizzatore da parte del lavoratore. E’, senz’altro, una norma che affranca le imprese utilizzatrici da una serie di pericoli connessi al “consolidamento” del rapporto presso le stesse dovute da un lato, alla indicazione precisa e puntuale della causale di riferimento (cosa alquanto difficile alla luce delle condizioni previste dall’art. 19) e, dall’altro, dal superamento del limite massimo di ventiquattro mesi che, nella generalità della casistica valevole anche per i contratti a tempo determinato, comporta la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato;
b. Il personale somministrato non è dipendente dell’utilizzatore pur rientrando, a tutti gli effetti, nella organizzazione aziendale: ciò significa che non è computabile laddove la legge o il contratto collettivo (salvo indicazioni diverse) prevedano un calcolo del personale in forza per l’applicazione di particolari istituti. In questi casi il pensiero corre (innanzitutto, ma non solo) al collocamento obbligatorio ove i lavoratori somministrati sono esclusi ai fini della individuazione dell’aliquota prevista dall’art. 3 della legge n. 68/1999;
c. L’utilizzatore è tenuto, comunque, a rispettare i limiti percentuali di assunzione previsti dall’art. 31, comma 1, o, in alternativa, quelli indviduati dalla contrattazione collettiva, anche aziendale, come ricorda la circolare n. 17/2018 del Ministero del Lavoro.
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