I nuovi adempimenti nelle assunzioni e le sanzioni dell’Ispettorato del Lavoro

Eufranio Massi, nel suo Editoriale settimanale, analizza la questione delle nuove regole che fissano gli adempimenti che i datori di lavoro devono compiere all’atto dell'instaurazione di un rapporto di lavoro

I nuovi adempimenti nelle assunzioni e le sanzioni dell’Ispettorato del Lavoro

Le nuove regole che fissano gli adempimenti che i datori di lavoro debbono compiere all’atto della instaurazione di un rapporto di lavoro (subordinato o di collaborazione ex art. 2, comma 1 del D.L.vo n. 81/2015 e 409,n. 3, cpc) assegnano un ruolo di particolare rilievo agli organi di vigilanza dell’Ispettorato del Lavoro, deputati al controllo in caso di omissioni o ritardi.

Il D.L.vo n. 104 ha riscritto anche le sanzioni amministrative e lo ha fatto intervenendo sul comma 2 dell’art. 19 del D.L.vo n. 276/2003. Ha, inoltre, messo in evidenza, con il richiamo alla procedura prevista dalla legge n. 689/1981, tutte le garanzie procedurali previste da tali disposizioni.

La norma affida agli ispettori non soltanto un compito di verifica dei mancati o tardivi adempimenti datoriali, ma anche quello di verificare, “nel concreto”, anche a seguito di denuncia dei lavoratori o delle organizzazioni sindacali, se determinati comportamenti relativi a legittime richieste dei lavoratori circa il rispetto dei diritti scaturenti dal D.L.vo n. 152/1997, ora riformato, abbiano portato a comportamenti ritorsivi con effetti sfavorevoli.

La circolare n. 4 dell’INL del 10 agosto u.s., ha il pregio di sottolineare come le sanzioni previste dal nuovo testo siano sempre diffidabili, in quanto sanabili, con la conseguenza della piena applicazione dell’art. 13 del D.L.vo n. 124/2004.

Tutto questo ha un preciso significato: il datore di lavoro può sanare il proprio inadempimento entro 45 giorni (30 per sanare + 15 per pagare) dalla ricezione del verbale dell’organo di vigilanza: come “premio” per tale comportamento pagherà la sanzione comminata nell’importo minimo edittale.

Per completezza di informazione ricordo come il Ministero del Lavoro, già in passato, con le circolari n. 41/2010 e n. 10/2011 avesse rimarcato la perentorietà del termine di 30 giorni per sanare, nel senso che se l’illecito non viene sanato entro il termine appena indicato non si può accedere al successivo termine di 15 giorni per pagare.  Se il datore non adempie alla diffida, potrà onorare il debito pagando una sanzione ridotta, nei 60 giorni successivi al quarantacinquesimo, senza l’emissione di alcun nuovo verbale: l’importo consisterà nella la somma più favorevole tra quella pari al doppio del minimo o a un terzo del massimo.

Ma quali sono le sanzioni previste?

C’è, innanzitutto, la violazione degli obblighi individuati dai commi compresi tra 1 e 4 dell’art. 1 del D.L.vo n. 152/1997 come riformato dal D.L.vo n. 104/2022: per ogni lavoratore interessato la sanzione amministrativa è compresa tra 250 e 1.500 euro.

Tutte le informazioni obbligatorie sono soggette a termini di comunicazioni perentori e le sanzioni scattano nel caso in cui detti termini siano stati superati senza che ciò sia avvenuto.

Entro i 7 (di calendario, con proroga al primo giorno non festivo, se l’ultimo è festivo) successivi alla instaurazione del rapporto di lavoro le informazioni relative alla identità delle parti ed al luogo di lavoro anno comunicate al lavoratore. Di regola, tali dati sono già presenti nel contratto individuale di lavoro o nella copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro inviata ai servizi per l’impiego ex art. 9-bis del D.L. n. 510/1996 che vanno consegnati, in via alternativa, prima della instaurazione del rapporto.

Entro il mese successivo alla instaurazione del rapporto di lavoro vanno comunicate al lavoratore, magari anche con un rinvio al CCNL o al contratto aziendale messi a disposizione, l’identità delle impresa utilizzatrice in caso di somministrazione, il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista, la durata del congedo per ferie e degli altri congedi retribuiti a cui si ha diritto, la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso di una delle parti, il contratto collettivo anche aziendale, con l’indicazione delle parti che lo hanno stipulato, gli Enti e gli Istituti destinatari della contribuzione previdenziale ed assicurativa.

Un’altra sanzione amministrativa riguarda la violazione dei commi 2 e 3, secondo periodo, dell’art. 1-bis del D.L.vo n. 104/2022: l’importo è compreso tra 100 e 750 euro per ciascun mese di riferimento, ferma restando la configurabilità di eventuali violazioni in materia di protezione dei dati personali ove sussistano i presupposti di cui agli articoli 83 del Regolamento UE 2016/679 e 166 del D.L.vo n. 196/2003. Se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori la sanzione amministrativa è compresa tra 400 e 1.500 euro. Se la violazione riguarda a più di 10 lavoratori, la sanzione amministrativa è compresa tra 1.000 e 5.000 euro e non è ammesso il pagamento in misura ridotta.

La sanzione si riferisce ad una serie di ulteriori obblighi informativi nel caso in cui il datore di lavoro utilizzi sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati (sul punto la circolare n. 4/2022 dell’INL è stata “parca di indicazioni” e, si spera, che il Ministero del Lavoro intervenga a chiarire alcuni passaggi importanti ed essenziali), atteso che il datore deve fornire al lavoratore anche informazioni relative agli aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l’utilizzo dei sistemi sopra indicati, gli scopi e le finalità, la logica ed il funzionamento dei sistemi, le categorie di dati ed i parametri principali utilizzati per programmare o addestrare i sistemi, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni, le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione ed il nominativo del responsabile del sistema di gestione della qualità, il livello di accuratezza, robustezza e cyber sicurezza dei sistemi, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori.

Il lavoratore ha diritto ad accedere ai dati e di richiedere ulteriori informazioni, direttamente o attraverso le rappresentanze sindacali territoriali od aziendali. Il datore di lavoro ed il committente (per i collaboratori) sono tenuti a trasmettere i dati richiesti e a rispondere per iscritto entro 30 giorni.

Il comma 6, secondo periodo, dell’art. 1-bis prevede un’altra sanzione amministrativa che scatta per ciascun mese in cui si verifica la violazione ed è compresa tra 400 e 1.500 euro.

La sanzione è, sempre, correlata alle informazioni relative ai sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati: esse che debbono essere inviate ai lavoratori, “in modo trasparente, in formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico” vanno inviate alla RSA o alla RSU o, in assenza, alle sedi territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

L’Ispettorato del Lavoro è, altresi, competente per la sanzione prevista dall’art. 41, comma 2, del D.L.vo n. 198/2006, richiamata dall’art. 13 del D.L.vo n. 104/2022: essa è compresa tra 5.000 e 10.000 euro.

Ma, di cosa si tratta?

Siamo all’interno del CAPO IV del D.L.vo n. 105/2022 che è dedicato alle misure di tutela del lavoratore e questo articolo si occupa della “protezione da trattamento o conseguenze sfavorevoli”.

L’adozione di un provvedimento di natura ritorsiva nei confronti di un lavoratore che abbia presentato una richiesta al proprio datore o abbia promosso un procedimento, anche non giudiziario (ad esempio, una richiesta effettuata attraverso una lettera inviata da un organismo sindacale) per reclamare il rispetto dei diritti scaturenti dal D.L.vo n. 152/1997, comporta la invalidità dell’atto datoriale e fatto salvo che ciò non costituisca reato, tale comportamento viene punito con la sanzione amministrativa sopra richiamata.

Il lavoratore, che può essere anche un collaboratore, può rivolgersi, anche per il tramite di una associazione sindacale, all’Ispettorato territoriale del Lavoro competente per territorio che, una volta accertata la veridicità di quanto denunciato, procede, attraverso i propri addetti alla vigilanza, ad irrogare la sanzione.

Su questo punto la circolare n. 4 afferma che il presupposto della sanzione non è costituito dalla violazione dei D.L.vo n. 104/2022 e n. 152/1997 ma dalla presenza di elementi ritorsivi o che “determinano effetti sfavorevoli nei confronti dei lavoratori o dei loro rappresentanti”, cosa che gli ispettori sono tenuti ad accertare acquisendo adeguati elementi probatori.

Il procedimento appare abbastanza complesso e sembra comportare notevoli difficoltà di applicazione in ordine alla questione della invalidità dell’atto datoriale. Se fosse stato incardinato un contenzioso giudiziale, non ci sarebbe stato alcun problema, atteso che sarebbe stato il giudice a dichiarare invalido il provvedimento. Qui si è ancora in fase amministrativa e, personalmente, ritengo che la declaratoria di invalidità sia di competenza degli ispettori del lavoro ma la forma e la procedura, non essendo state definite dal Legislatore delegato, saranno, probabilmente, rimesse ad una circolare dell’INL.

È opportuno, a conclusione di questa breve riflessione, non dimenticare come, laddove vi sia inottemperanza a norme in materia di lavoro e sicurezza, non protette da sanzione amministrativa o penale (e ce ne sono anche in questo testo), gli ispettori del lavoro siano sempre dotati del potere discrezionale di emettere un provvedimento di disposizione previsto dall’art. 14 del D.L.vo n. 124/2004, modificato dall’art. 12-bis, comma 3, lettera b) della legge n. 120/2020. 

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Eufranio Massi
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E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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12 Commenti

  1. cdl
    Settembre 05, 07:54

    Buongiorno, nell’ambito dei sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati il cartellino cartaceo della timbratura della presenza del dipendente rientra tra le casistiche? Come è possibile capire cosa ricade in questo ambito e comportarci di conseguenza per non violare la normativa? Grazie

  2. cdl
    Settembre 05, 07:54

    Buongiorno, nell’ambito dei sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati il cartellino cartaceo della timbratura della presenza del dipendente rientra tra le casistiche? Come è possibile capire cosa ricade in questo ambito e comportarci di conseguenza per non violare la normativa? Grazie

  3. LETIZIA
    Settembre 02, 17:02

    Buon pomeriggio, il “decreto trasparenza” non solo non snellisce la gestione dei rapporti di lavoro, ma obbliga i datori di lavoro ad informare in maniera generica i ” diritti” ma non i “doveri” ai propri lavoratori ! Si scatenerà una lotta a chi ne sa di più con impatto negativo nei rapporti fra il datore di lavoro ed i singoli lavoratori. E gli enti altro non sanno pensare che a far cassa con le sanzioni !!

  4. LETIZIA
    Settembre 02, 17:02

    Buon pomeriggio, il “decreto trasparenza” non solo non snellisce la gestione dei rapporti di lavoro, ma obbliga i datori di lavoro ad informare in maniera generica i ” diritti” ma non i “doveri” ai propri lavoratori ! Si scatenerà una lotta a chi ne sa di più con impatto negativo nei rapporti fra il datore di lavoro ed i singoli lavoratori. E gli enti altro non sanno pensare che a far cassa con le sanzioni !!

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