Il congedo obbligatorio per il lavoratore padre e il divieto di licenziamento

Eufranio Massi, nel suo Editoriale settimanale, affronta il tema del congedo del lavoratore padre a seguito delle novità introdotte dal D.L.vo n. 105/2022

Il congedo obbligatorio per il lavoratore padre e il divieto di licenziamento

Tra le grandi novità contenute nel D.L.vo n. 105/2022 spicca quella che amplia le tutele del genitore padre in un’ottica di valorizzazione del diritto alla genitorialità e del diritto ad una responsabilità condivisa nella cura della famiglia. In tal senso va vista ed esaminata, con tutti gli effetti conseguenti, la disposizione che parla di congedo obbligatorio di paternità.

Prima di entrare nel merito dei contenuti delle nuove disposizioni, occorre sottolineare come le stesse non tocchino, ad esempio, il congedo per paternità riconosciuto (art. 28 del D.L.vo n. 151/2001) al padre in sostituzione della madre in presenza di situazioni particolarmente gravi (morte o grave malattia, abbandono del tetto coniugale, riconoscimento giudiziario di unico affidatario del bambino) che resta confermato.

Per ben comprendere il significato della nuova norma occorre leggere, con attenzione ciò che afferma l’art. 27-bis del D.L.vo n. 151/2001, introdotto, nel “corpus” di quest’ultimo, dall’art. 2, comma 1, lettera c) del D.L.vo n. 105/2022: esso parte con una affermazione di diritto (che, per essere esercitato, va richiesto). Il padre lavoratore, dai due mesi antecedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via continuativa. Il congedo è fruibile, nello stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio: tale periodo, come precisato dall’INPS con la circolare n. 42/2021, decorre dalla ventottesima settimana di gestazione fino ai primi dieci giorni successivi alla nascita.

Questo primo capoverso merita alcune delucidazioni che possono così sintetizzarsi:

a) Il diritto scatta per tutti i lavoratori subordinati, pubblici e privati, a prescindere dalla tipologia contrattuale di cui sono titolari (contratto a tempo indeterminato a tempo pieno o parziale, contratto a tempo determinato a tempo pieno o part-time, contratto di somministrazione, apprendistato in tutte le forme previste dal nostro ordinamento, contratto di lavoro intermittente, prestazioni occasionali accessorie ex art. 54-bis del D.L. n. 50/2017, rapporti in agricoltura e rapporti di lavoro domestico);
b) La norma non esclude alcun datore di lavoro dall’obbligo del rispetto della disposizione;
c) I giorni di congedo obbligatorio sono computabili interamente anche se in quella giornata era prevista una prestazione ad orario ridotto;
d) La norma trova applicazione anche nei confronti del padre adottivo od affidatario, come ricorda il punto 4.
e) La norma si applica anche ai padri che fruiscono del congedo di paternità ex art. 28;
f) Il congedo è fruibile anche in contemporanea con quello della madre lavoratrice.

Il Legislatore delegato si è preoccupato anche di quantificare il numero dei giorni a disposizione in caso di parto plurimo: il punto 2 del comma 1 lo stabilisce in venti giorni lavorativi.

L’articolato dell’art. 27-bis prosegue stabilendo le modalità che il lavoratore deve seguire per fruire del congedo di paternità.
Esso deve comunicare per iscritto al proprio datore, con un anticipo non inferiore ai cinque giorni, in relazione all’evento nascita e sulla base della data presunta del parto, il giorno o i giorni nei quali intende usufruire del congedo: la contrattazione collettiva può stabilire condizioni di miglior favore anche in relazione al tempo della richiesta. La richiesta scritta può essere sostituita dalla utilizzazione, ove presente in azienda, del sistema informativo aziendale per la richiesta e la gestione delle assenze.
La norma appena descritta impone un chiarimento relativo al significato di obbligatorietà del congedo: essa va intesa nel senso che per il datore è impossibile negare il congedo a seguito della richiesta, atteso che, a differenza di ciò che accade con la lavoratrice, egli potrebbe non essere a conoscenza della nascita del bambino e, comunque, per la fruizione del congedo occorre che l’interessato attivi il diritto, magari, in caso di fruizione nel periodo antecedente la nascita, con l’indicazione della data presunta del parto ricavabile da una certificazione medica.

Per quel che riguarda il trattamento economico l’art. 29 del D.L.vo n. 151/201, ora riformato dal D.L.vo n. 105/2022, stabilisce che l’indennità giornaliera è pari al 100% della retribuzione e che sono applicabili tutte le regole previste per il congedo di maternità dall’art. 22, commi 2-7 e dall’art. 23.
Fin qui gli effetti diretti del diritto al congedo per paternità che necessitano, a mio avviso, di alcuni chiarimenti di prassi che, mi auguro, il Ministero del Lavoro o l’INPS, forniranno sollecitamente.

Il congedo di paternità ha effetti anche sulla normativa relativa al divieto di licenziamento previsto dall’art. 54 che, infatti al comma 7 si è “arricchito” con il congedo obbligatorio per paternità. Esso si applica per la durata dello stesso (ossia a partire dal primo giorno di fruizione) e fino al compimento di un anno di età del bambino: tale appare l’interpretazione letterale della norma.

Ci sono, tuttavia, eccezioni al divieto di licenziamento che sono le stesse che riguardano la lavoratrice madre:

a) Colpa grave costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro: secondo l’orientamento della dottrina e della giurisprudenza, consolidatosi per la lavoratrice madre, si tratta di “una colpa soggettivamente pi qualificata in relazione a situazioni più complesse non rapportabili a quelle previste dal CCNL;
b) Cessazione, per scadenza del termine, del contratto a tempo determinato o della prestazione per il quale il lavoratore è stato assunto;
c) Cessazione dell’attività dell’azienda: si deve trattare di una cessazione totale e non della chiusura di una filiale o di un reparto;
d) Esito negativo del patto di prova.
Durante il periodo di congedo è vietato sospendere il lavoratore (ma credo che, in tale definizione, non rientrino le sospensioni di natura disciplinare applicate secondo le regole stabilite dall’art 7 della legge n. 300/1970 e dal CCNL), fatto salvo il caso in cui ad esser sospesa sia l’attività dell’impresa o del reparto dotato di autonomia funzionale (quindi, con ricorso ad uno degli ammortizzatori sociali previsti dal D.L.vo n. 148/2015).

Il licenziamento è nullo, con tutte le conseguenze del caso, sia alla luce dell’art. 18 della legge n. 300/1970 che dell’art. 2 del D.L.vo n. 23/2015.

A conclusione di questa breve riflessione e, in attesa di ulteriori approfondimenti, si possono trarre alcune conclusioni:

a) La gestione del congedo di paternità obbligatorio può non essere facile, atteso che il lavoratore padre, a differenza della madre, non è tenuto a comunicare al datore di lavoro di essere diventato genitore;
b) La norma è in vigore dal 13 agosto 2022: ciò significa che trova applicazione anche a quelle situazioni nelle quali il lavoratore è divenuto papà da meno di cinque mesi e che intende fruire dei giorni di congedo obbligatori entro la data stabilita dal computo previsto dalla legge. Il divieto di licenziamento opera (con le eccezioni sopra indicate) fino al giorno del compimento di un anno di età del bambino;
c) Nel caso in cui ci si trovi di fronte ad un lavoratore neo assunto (o da assumere) occorrerà richiedere, tra le varie informazioni, rispettando le norme di tutela della riservatezza, se è genitore e l’età del bambino e se ha già fruito, anche in misura parziale (magari nel precedente rapporto di lavoro) del congedo obbligatorio di paternità, in quanto, in presenza delle condizioni sopra dette, scatta la tutela in materia di licenziamento;
d) In caso di dimissioni, va seguita la procedura “rafforzata” con le stesse che vanno “confermate”, entro un mese, avanti ad un funzionario dell’Ispettorato territoriale del Lavoro.

Alla lavoratrice ed al padre che ha fruito del congedo di paternità ex art. 28 spettano le indennità previste da disposizioni di legge e contrattuale in caso di licenziamento (indennità di preavviso, NASPI) e non sono tenuti al preavviso. Il testo novellato non estende non estende il riconoscimento delle indennità alla casistica disciplinata dall’art. 27-bis, per cui si ritiene che non siano dovute. Si attendono, in ogni caso, chiarimenti amministrativi da parte del Ministero del Lavoro o dell’INPS.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 357 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

Vedi tutti gli articoli di questo autore →