I controlli degli ispettori sul lavoro irregolare e sulla sicurezza

Con il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146 il Governo ha inteso introdurre norme più stringenti in materia di controlli sulla sicurezza e la salute nei posti di lavoro e nella lotta ai rapporti irregolari

I controlli degli ispettori sul lavoro irregolare e sulla sicurezza

Con il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 21 ottobre u.s., il Governo ha inteso introdurre norme più stringenti in materia di controlli sulla sicurezza e la salute nei posti di lavoro e nella lotta al lavoro irregolare, il cui obiettivo principale è quello di contenere il drammatico resoconto, che si registra, quotidianamente, in termini di “morti bianche”, di infortuni sul lavoro e di prestazioni “in nero”, in spregio alla normativa vigente.

Le modifiche sono intervenute operando interpolazioni in alcuni articoli del D.L.vo n. 81/2008 e, segnatamente, negli articoli 7, 13, 51 e 98, riscrivendo completamente l’art. 14 e modificando, in attesa di un prossimo Decreto Ministeriale, l’Allegato 1 al predetto Decreto Legislativo.

Il risultato di tale operazione è rappresentato da una “centralizzazione” dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e delle sue articolazioni periferiche, da un allargamento delle competenze degli ispettori del lavoro a tutta la materia della sicurezza sul lavoro, prima riservata (salvo alcuni casi di competenza concorrente) alle ASL, dalla creazione effettiva di una banca dati, finora rimasta un “pio desiderio”, tra tutti gli organismi competenti, con un forte incremento, a breve, di personale destinato alla vigilanza (soprattutto, tecnico), ivi compreso l’organico dei Carabinieri destinato ai NIL.

Prima di entrare nel merito di una breve disamina del dettato normativo, mi concedo due piccole riflessioni:

  1. L’intento, benemerito, di allargare agli ispettori del lavoro che sono, soprattutto, di origine amministrativa e non tecnica, deve comportare, a breve, una profonda “full immersion” degli stessi nei nuovi compiti e sotto questo aspetto credo che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro non mancherà di fornire un profondo aggiornamento teorico-pratico, cosa che, necessariamente, dovrà riguardare anche i vincitori dei concorsi da poco iniziati. Sotto questo aspetto è auspicabile che la formazione sia “vera” e che la stessa coinvolga gli stessi dirigenti delle articolazioni periferiche che, nella stragrande maggioranza dei casi, proviene da esperienze che poco hanno a che fare con la materia “lavoro” ed all’attività di vigilanza, con tutte le sue implicazioni;
  2. Non ho alcun dubbio nel credere che, nel giro di alcuni giorni, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro fornirà alle proprie strutture territoriali le prime indicazioni operative, particolarmente necessarie ed utili, atteso che il nuovo sistema sanzionatorio delle sospensioni è in vigore dal 22 ottobre: sotto questo aspetto appare auspicabile che lo sforzo (che è non comune in quanto si tratta di addestrare e riconvertire personale da adibire in compiti delicati e di grande importanza sociale, quali quelli della sicurezza sul lavoro) non si perda in adempimenti burocratici legati al rispetto di tabelle e statistiche.

I provvedimenti di sospensione

Ma, cosa dice il nuovo art. 14 del D.L.vo n. 81/2008?

Esso, riformato dall’art. 13 del D.L. n. 146, dopo aver confermato le attribuzioni degli ispettori ex artt. 20 e 21 del D.L.vo n. 758/1994, parla di due provvedimenti distinti che il personale di vigilanza degli ITL deve adottare (viene tolto qualsiasi riferimento alla natura discrezionale del provvedimento che pure si rinveniva, per il lavoro nero, nel vecchio testo) per far cessare il pericolo per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, nonché per contrastare il lavoro irregolare (sovente, si tratta di due situazioni che “camminano a braccetto”).

La breve analisi che mi sto accingendo a fare inizia dalla sospensione sia per lavoro “nero” che per violazioni in materia di sicurezza.

Nel primo caso, l’incisività della vigilanza è maggiore rispetto al passato, nel senso che il provvedimento di sospensione scatta a fronte dell’accertamento di lavoratori “in nero” (ossia, non risultanti dalla documentazione obbligatoria), occupati e presenti nel momento dell’accesso, in una percentuale pari o superiore al 10% (prima era il 20%).

L’art. 14 parla del provvedimento di sospensione che ha le proprie specifiche sanzioni che prescindono dalle altre che pure vengono accertate dagli organi di vigilanza e che, ovviamente, vanno contestate con le modalità ed i termini indicati dalle norme.

Per la sospensione occorre far riferimento all’attività imprenditoriale, cosa che richiama, senz’altro, i contenuti degli articoli 2082 e 2083 c.c.. Da ciò discende che essa non può riguardare:

  1. I datori di lavoro domestici;
  2. Coloro che esercitano professioni intellettuali che postulano l’iscrizione ad albi od elenchi, a meno che la persona interessata non svolga attività imprenditoriale;
  3. Le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori;
  4. I partiti ed i movimenti politici;
  5. Le organizzazioni religiose e quelle di tendenza le quali, se producono beni o servizi, le vendano ad un prezzo non congruo;
  6. Le ONLUS, ma non le cooperative sociali ex lege n. 381/1991 (tra cui ci sono ONLUS), che svolgono attività imprenditoriale.

Nel secondo caso, l’Esecutivo amplia la sfera di competenza degli ispettori del lavoro riformulando, sul punto, l’art. 13 del D.L.vo n. 81/2008, riconoscendo loro un potere di intervento del tutto analogo a quello del personale ispettivo delle ASL ed eliminando il vincolo della “reiterazione” esistente nella vecchia versione dell’art. 13, allorquando vengano accertate gravi violazioni in materia di salute e sicurezza. Resta la competenza specifica del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco in materia di violazione delle norme sulla prevenzione incendi, con l’obbligo di segnalazione allo stesso, in presenza di possibili violazioni.

Ma quali sono le gravi violazioni che portano alla sospensione dell’attività imprenditoriale?

In attesa di un prossimo Decreto Ministeriale, al momento, le violazioni sono indicate nel nuovo allegato 1 del D.L.vo n. 81/2008 e riguardano:

  1. Rischi di carattere generale: mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi, mancata elaborazione del piano di emergenza ed evacuazione, mancata formazione ed addestramento, mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del responsabile, mancata elaborazione del POS (Piano Operativo di Sicurezza), omessa vigilanza relativa alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza, di segnalazione o di controllo;
  2. Rischio di caduta dall’alto: mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto e mancanza di protezioni verso il vuoto;
  3. Rischio di seppellimento: mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le eventuali prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica sulla consistenza del terreno;
  4. Rischio di elettrocuzione: lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi, presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi, mancanza di protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianti di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale).

La disposizione stabilisce che la sospensione correlata alla sicurezza va adottata in relazione a quella parte di attività interessata dalle violazioni o alle attività svolte dai dipendenti privi di formazione o del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto: gli ispettori del lavoro possono imporre, unitamente al provvedimento di sospensione, misure finalizzate a far cessare il pericolo per la sicurezza e salute dei lavoratori. La sospensione ha effetti diretti sul datore di lavoro ma non sui lavoratori interessati che, pur non svolgendo attività, hanno diritto ai trattamenti economici e contributivi previsti.

Sia in caso di lavoro nero che in quello riguardante la sicurezza sul posto di lavoro, l’ispettore del lavoro deve procedere immediatamente, salvo il caso (art. 14, comma 3, del D.L.vo n. 81/2008) in cui la segnalazione provenga da altre Amministrazioni pubbliche: ricorrendo tale ipotesi, il provvedimento deve essere adottato entro sette giorni dal ricevimento della stessa.

Sussiste, peraltro, un caso nel quale, per prassi amministrativa, non si irroga la sospensione: esso ricorre allorquando il dipendente “in nero” è l’unico lavoratore in forza nell’azienda. Nel 2009, con la circolare n 33, il Ministero del Lavoro, invitò gli organi di vigilanza a non emanare il provvedimento, ma ad allontanare il dipendente fino alla avvenuta regolarizzazione: si ha motivo di ritenere che tale eccezione rimanga anche alla luce del nuovo testo normativo.

Il provvedimento di sospensione è immediato, va motivato e, soprattutto, deve indicare il termine e l’autorità alla quale è possibile ricorrere, come ricorda l’art. 3 della legge n. 241/1990. Ma quali sono gli effetti?

La norma conferma, “per il lavoro nero” quanto già avvenuto in passato, ossia che questi ultimi sono differiti alle ore dodici del primo giorno lavorativo successivo all’accesso, fermo restando che gli effetti debbono essere immediati laddove si riscontri un grave rischio per la salute dei lavoratori. Per primo giorno lavorativo successivo, la prassi amministrativa ha fatto, in passato, riferimento, alle attività dell’Ufficio dell’ispettore che ha redatto il provvedimento. Ciò significa, ad esempio, che per un verbale emanato il sabato sera, gli effetti si producono a partire dalle ore dodici del lunedì.

Il provvedimento di sospensione è accompagnato, come ci ricorda l’art 14, comma 2, del D.L.vo n. 81/2008, da una comunicazione all’ANAC ed al Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, finalizzato a bloccare qualunque ipotesi di contratto con la Pubblica Amministrazione, finché permangono gli effetti dello stesso.

 

Revoca del provvedimento di sospensione

Il potere di revoca spetta all’organo di vigilanza che ha adottato il provvedimento. Ciò può avvenire su domanda del datore di lavoro che ha subito la sospensione dopo la verifica:

  1. Della regolarizzazione dei lavoratori trovati “in nero”, anche per tutti gli adempimenti in materia di salute e sicurezza (formazione, informazione, sorveglianza sanitaria);
  2. Dell’accertamento del rispristino delle regolari condizioni di lavoro, qualora il provvedimento sia stato preso in materia di salute e sicurezza sul lavoro e della rimozione delle conseguenze pericolose accertate nel verbale;
  3. Del pagamento, in caso di sospensione per un numero di lavoratori “in nero” pari o superiore al 10% della forza lavoro trovata all’atto dell’accesso, di una somma aggiuntiva (alla quale non si applicano le regole che determinano le modalità di pagamento della sanzione amministrativa) pari a 2.500 euro se le irregolarità riguardano un numero di dipendenti fino a cinque, e pari a 5.000 euro se superiore. L’importo che, in precedenza era di 2.000 euro a prescindere dal numero degli irregolari trovati, può essere rateizzata pagando, immediatamente, il 20% (prima era il 25%) ed il resto in sei importi mensili, maggiorati del 5%. Il provvedimento di revoca costituisce titolo esecutivo per la somma ancora dovuta nel caso in cui si registri un omesso o parziale versamento. Qualora la sospensione sia conseguente a violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la somma aggiuntiva è strettamente correlata a ciò che dirà il Decreto ministeriale che, al momento, è sostituito dall’Allegato 1 al D.L.vo n. 81/2008 il quale stabilisce tre diversi importi relativi alle varie fattispecie di illecito: 3.000, 2.500 e 300 per ciascun dipendente interessato (nel vecchio testo erano 3.200 euro a prescindere dal numero dei lavoratori e della violazione rilevata). Le somme aggiuntive saranno raddoppiate se, nel quinquennio precedente, dovesse risultare che la stessa azienda sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione ex art. 14, comma 9, del D.Lvo n. 81/2008), cosa che rende urgente ed indifferibile la creazione di una banca dati unitaria tra tutti gli organi di vigilanza interessati, atteso che, in passato, è stato, praticamente, impossibile, applicare la reiterazione in mancanza di dati provenienti da altre realtà ubicate al di fuori dello stretto ambito provinciale.

Il comma 13 si occupa della ripartizione delle somme aggiuntive sopra riportate stabilendo che quelle per lavoro irregolare e per la sicurezza sul posto di lavoro sono destinate in funzione dell’amministrazione che ha adottato i provvedimenti (Ispettorato del Lavoro od ASL) e sono destinate al bilancio del primo ed al capitolo regionale a cui afferiscono le ASL nella seconda ipotesi, per essere utilizzate nel finanziamento dell’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro.

Ma, cosa succede se il soggetto trasgressore che è stato sospeso non ottempera al provvedimento di sospensione?

Qui entra in campo il diritto penale (comma 15) prevedendo:

  1. L’arresto fino a sei mesi in caso di sospensione per violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
  2. L’arresto da tre a sei mesi o, in alternativa, l’ammenda da 2500 a 6.400 euro in caso di provvedimento di sospensione per lavoro irregolare. Vale la pena di sottolineare come, fino al 21 ottobre 2021, la sanzione di natura pecuniaria, a causa della previsione contenuta nella legge n 145/218, variava tra 3.071,27 e 7.862,44 euro con una recidiva triennale compresa tra 3.350,47 e 8577,20 euro. L’ammenda è una contravvenzione e, di conseguenza, l’estinzione del reato è possibile attraverso la procedura prevista dall’art. 301 del D.L.vo n. 81/2008 con il pagamento di una somma pari ad ¼ del massimo.

Il comma 16 dedica due parole al decreto di archiviazione per l’estinzione delle contravvenzioni, a seguito della conclusione della procedura di prescrizione ex artt. 20 e 21 del D.L.vo n. 758/1994: i provvedimenti adottati decadono, ferma restando ogni verifica relativa al pagamento rateale delle somme aggiuntive.

 

I ricorsi amministrativi

E’ possibile proporre un ricorso amministrativo contro il provvedimento di sospensione?

La norma lo esclude per quello determinato dalle gravi violazioni in materia di sicurezza sul lavoro (art. 14, comma 13, del D.Lvo n 81/2015): di conseguenza, resta, unicamente, il ricorso al giudice amministrativo, individuato nel TAR competente per territorio.

Tale decisione del Governo appare, francamente, opinabile anche perché, in passato, i provvedimenti delle ASL erano ricorribili al Presidente della Regione. Probabilmente, si tratta di una svista: se, così è, in sede di conversione del D.L. n. 146/2021, si potrebbe pensare ad un emendamento che lo preveda nuovamente e, per ciò che riguarda quelli di emanazione degli ispettori del lavoro, si potrebbe prevedere, in analogia con quelli sul “lavoro nero”, la possibilità di gravarne all’Ispettorato Interregionale del Lavoro competente per territorio.

Diversa è, invece, la risposta del Legislatore per il provvedimento determinato da “lavoro irregolare”, instaurato senza la comunicazione preventiva obbligatoria ai servizi per l’impiego.

Entro trenta giorni (prima erano quindici) può essere presentato un ricorso all’Ispettorato interregionale del Lavoro, la cui decisione, pena il silenzio-accoglimento, deve intervenire nei trenta giorni decorrenti dalla notifica del gravame amministrativo.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 357 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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