Il datore di lavoro può revocare il licenziamento?
Licenziare un dipendente è un atto che, anche se lecito nella sostanza, comporta per l'imprenditore l'assunzione di un notevole rischio. Per agevolare il mantenimento del rapporto contrattuale, il legislatore è intervenuto prevedendo, entro certi limiti, la possibilità per il datore di lavoro di revocare il licenziamento
Licenziare un dipendente è un atto che, anche se lecito nella sostanza, comporta per l’imprenditore l’assunzione di un notevole rischio. La disciplina del licenziamento individuale è, infatti, costituita da un ginepraio di norme con relative eccezioni, regole, procedure di legge e contrattuali tale da renderne eccezionalmente difficile la gestione.
A ciò si aggiunga l’incertezza insita in ogni procedimento giudiziale nel quale si deve provvedere alla non facile ricostruzione del fatto storico e dipendere da possibili errori decisionali, nei quali i giudicanti possono inevitabilmente incorrere a causa delle svariate facoltà cognitive alle quali nel decidere devono fare ricorso. L’effetto è quello di esporre il datore di lavoro a conseguenze economiche di rilevante entità e, in alcuni casi, all’obbligo di reintegrare in azienda il lavoratore.
Sia per temperare queste difficoltà, sia per agevolare il mantenimento del rapporto contrattuale, il legislatore è intervenuto con la l. 28 giugno 2012, n. 92 (cd. Riforma Fornero) prevedendo, entro certi limiti, la possibilità per il datore di lavoro di effettuare la revoca licenziamento. Le nuove disposizioni sono state riprese anche dal D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, in materia di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti[1].
In ragione dell’identica disciplina tutti i datori sono interessati alla possibilità di revoca del licenziamento, a prescindere dal fatto che si applichi o meno il contratto a tutele crescenti.
Il termine entro cui revocare il provvedimento espulsivo
La normativa attribuisce al datore di lavoro la facoltà di revocare il licenziamento nel termine di quindici giorni successivi a quello nel quale ha ricevuto la relativa impugnazione da parte del dipendente.
Tale termine è quello finale, nel senso che il datore può revocare il licenziamento anche prima dell’opposizione del lavoratore[2]. Tuttavia, in quest’ultimo caso, mancando l’impugnazione, la revoca da parte del datore di lavoro non produce gli effetti ripristinatori del rapporto contrattuale in mancanza del consenso del lavoratore.[3]
La forma della revoca licenziamento e dell’accettazione
Secondo l’opinione prevalente la revoca del licenziamento è a forma libera, in ragione del principio per cui i negozi risolutori degli effetti di atti che richiedono la forma scritta non sono assoggettati a identici requisiti formali[4]. Va da sé che, essendo previsto un termine di decadenza, è assolutamente prudente procurarsi la prova dell’avvenuta revoca.
Le medesime considerazioni fanno ritenere che anche la forma dell’accettazione, da parte del lavoratore, sia libera e che, pertanto, possa avvenire anche in forma tacita[5].
Effetti della revoca tempestiva
Nel caso di revoca tempestiva del licenziamento, il rapporto di lavoro viene ripristinato senza soluzione di continuità (con efficacia ex tunc, cioè dalla data del recesso) ed è espressamente esclusa l’applicazione dei regimi sanzionatori previsti per il recesso illegittimo.
Il datore di lavoro dovrà, però, corrispondere al lavoratore la retribuzione maturata nel periodo precedente alla ricostituzione del rapporto e versare la relativa contribuzione.
L’importo massimo corrisponderà a settantacinque giorni di retribuzione, derivanti dalla somma di sessanta, nel caso il provvedimento datoriale sia stato impugnato al limite massimo della scadenza, più i quindici relativi all’esercizio della revoca[6].
In pratica, il legislatore ha attribuito al datore di lavoro un diritto potestativo di ripensamento che, una volta esercitato, comporta la ricostituzione del rapporto di lavoro, senza che il lavoratore possa in alcun modo opporsi. Quest’ultimo è conseguentemente obbligato a riprendere immediatamente servizio e il suo rifiuto o ritardo non giustificato si configura come un inadempimento contrattuale che lo espone a sanzioni disciplinari.
Secondo l’orientamento prevalente, si deve però escludere la ricostituzione automatica del rapporto di lavoro nel caso in cui la revoca del licenziamento, pur effettuata nei termini previsti dalla legge, preveda nuove condizioni contrattuali, come ad esempio il mutamento della sede di lavoro[7]. In tal caso, infatti, non vi è una semplice revoca, ma una nuova proposta contrattuale, che per produrre effetti necessita del consenso espresso o tacito del lavoratore.
Effetti della revoca non tempestiva
Trascorso il termine dei 15 giorni trovano applicazione i principi consolidati dalla giurisprudenza prima della Riforma Fornero: la revoca non ha effetto e il licenziamento è efficace. Il dipendente può, pertanto, dare corso all’impugnazione del recesso con le conseguenze di legge, a meno che non voglia accettare la revoca come valida e riprendere servizio. La mancata accettazione della revoca tardiva non pregiudica il diritto del lavoratore al risarcimento del danno da licenziamento illegittimo[8].
Note:
[1] Prima della Riforma Fornero, l’unica ipotesi di revoca, senza possibili conseguenze negative per il datore di lavoro, era quella portata a conoscenza del lavoratore prima che questi fosse raggiunto dal provvedimento di licenziamento, per applicazione dell’art. 1328 c.c.
[2] Trib. Genova 27 gennaio 2016; Trib. Vicenza, ordinanza 20 marzo 2015
[3] Trib. Vicenza 2 gennaio 2019, n. 1
[4] Cass. 7 febbraio 2019, n. 3647
[5] Cass. 7 febbraio 2019, n. 3647
[6] Si veda: Eufranio Massi – La revoca del licenziamento per i vecchi ed i nuovi assunti https://www.generazionevincente.it/?p=3100
[7] Trib. Vigevano 25.3.2013
[8] Cass. 17 novembre 2016, n. 23435
Leggi anche:
La revoca del licenziamento per i vecchi ed i nuovi assunti [E. Massi]
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1 Commenti
Lina
Marzo 10, 12:14Buongiorno avvocato,
Nel caso il cui la revoca avvenga dopo i 15 gg, il lavoratore abbia già proceduto alla presentazione del ricorso, e sia orientato a richiedere il diritto di opzione alla reintegra (15 mensilità) deve rispondere alla revoca intempestiva esprimendo già la volontà di preferire suddetto diritto d’opinione? Essendo intempestiva, è obbligato a rispondere? E soprattutto c’è un tempo limite per la risposta?