Contratto di solidarietà difensivo a tempo e personalizzato
Nel panorama lavoristico italiano, allo scopo di procrastinare i licenziamenti, spunta un nuovo ammortizzatore sociale: il contratto di solidarietà difensivo.
Nel panorama lavoristico italiano, al solo scopo di procrastinare i licenziamenti per motivi economici, è spuntato un nuovo ammortizzatore sociale, il contratto di solidarietà difensivo a tempo e personalizzato: la previsione è contenuta nel comma 1 dell’art. 40 del D.L. 25 maggio 2021, n. 73.
Di cosa si tratta?
Le aziende che, rientrano nel campo di applicazione delle integrazioni salariale straordinarie (sono elencate nell’art. 20 del D.L.vo n. 148/2015) e che nel raffronto tra il primo semestre del 2019 ed il corrispondente periodo del 2021 hanno subito un calo di fatturato di almeno il 50%, in deroga alle previsioni generali, possono stipulare un contratto di solidarietà difensivo che presenta alcune peculiarità:
- Può avere una durata non superiore a 26 settimane;
- È stipulabile dal 26 maggio e non può andare oltre il 31 dicembre 2021;
- Deroga alle previsioni contenute negli articoli 4 e 21 del D.L.vo n. 148/2021: ciò significa che il periodo di tale integrazione salariale non rientra nella durata complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile, anche nel caso in cui il contratto con la causale della solidarietà venga computato per la metà nella parte eccedente i 24 mesi (art. 22, comma 5): inoltre, la disciplina specifica prevista per tale ammortizzatore dall’art. 21, viene meno ed è sostituita da quella individuata dall’art. 40;
- L’integrazione salariale è pari al 70% della retribuzione globale che sarebbe spettata ai lavoratori per le ore di lavoro non prestate, senza il limite massimo previsto dall’art. 3, comma 5 del D.L.vo n. 148/2015;
- Sulla richiesta non grava l’onere di alcun contributo addizionale che, ricordo, è del 9%, del 12% e del 15% sulla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate a seconda del periodo integrativo all’interno del quinquennio mobile (art. 5);
- Le richieste possono essere avanzate entro un limite di spesa per il 2021 pari a 557,8 milioni di euro: l’INPS è incaricato del monitoraggio della spesa e, in caso di superamento, anche prospettico, del limite di spesa, l’Istituto non prende in considerazione le ulteriori domande.
Fin qui, per sommi capi, le novità rispetto alle regole generali che disciplinano il contratto di solidarietà difensivo.
Fatta questa breve premessa, reputo necessario entrare nel merito delle varie questioni.
La disposizione postula, come per tutti i contratti di solidarietà (art. 21, comma 5, del D.L.vo n. 148/2015), un accordo con le organizzazioni sindacali che sono, ai sensi del richiamato art. 51 del D.L.vo n. 81/2015, quelle comparativamente può rappresentative sul piano nazionale o le “loro” RSA o la RSU. L’accordo, così come recita la norma, è finalizzato al mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica.
Tutto ciò significa che:
- Durante il trattamento integrativo l’azienda non può procedere a licenziamenti individuali o plurimi per giustificato motivo oggettivo o collettivi a seguito di procedura di riduzione di personale. Del resto, tale disposizione appare coerente anche con quanto, riferendosi ai “normali” contratti di solidarietà, afferma l’art. 4 del D.M. del Ministro del Lavoro n. 94033/2016 che parla, unicamente, di “licenziamenti non oppositivi”, ossia di risoluzioni concordate;
- Nel calcolo del mantenimento dei livelli occupazionali non vanno, a mio avviso, compresi i dipendenti che risolvono il proprio rapporto per pensionamento, per dimissioni o per risoluzione consensuale, attivabile, quest’ultima, anche a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali. Ovviamente, anche i dipendenti licenziati per giusta causa non rientrano nel computo del mantenimento dei livelli occupazionali.
La riduzione media oraria non può essere superiore all’80%, riferita all’orario giornaliero, settimanale o mensile, con punte per ciascun lavoratore, rapportato all’intero periodo, pari al 90%: il tradizionale contratto di solidarietà prevede una percentuale del 60% elevabile, sull’intero periodo, per il singolo lavoratore al 70%.
Ripetendo in una sorta di “copia ed incolla” quanto già previsto dall’art. 21, comma 5, del D.L.vo n. 148/2015, l’art. 40 ricorda che:
- Il trattamento economico da prendere in considerazione per il calcolo della indennità integrativa non tiene conto di eventuali contratti integrativi aziendali stipulati nel semestre antecedente la richiesta;
- Il trattamento di integrazione salariale viene ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale;
- L’accordo collettivo deve indicare le modalità attraverso le quali l’azienda, nei limiti del normale orario di lavoro, può soddisfare le esigenze di maggiore attività, modificando, in aumento, l’orario ridotto: il maggior aumento di lavoro comporta la riduzione del trattamento integrativo.
Cosa significano i tre punti appena evidenziati?
I primi due rappresentano una sorta di salvaguardia, nel senso che (ma la questione appare più teorica che pratica trattandosi di azienda che è stata in integrazione COVID-19 ed ha subito un calo di fatturato di almeno il 50%) non sono presi in considerazione, ai fini della quantificazione della retribuzione di riferimento, gli aumenti frutto di accordi aziendali stipulati nei sei mesi antecedenti e che qualora ne vengano stipulati successivamente alla richiesta questi andranno ad incidere, in riduzione, sul trattamento integrativo.
Il terzo punto ha lo scopo di individuare specifiche modalità per far fronte ad un aumento di lavoro: la disposizione intende salvaguardare quei lavoratori che a parità di mansioni, potrebbero essere esclusi dalla ripresa parziale, restando in trattamento integrativo.
A quanto ammonta il trattamento economico riconosciuto?
Esso, come detto pocanzi, è pari al 70% delle retribuzione globale che sarebbe spettata per le ore non lavorate, senza l’applicazione del massimale previsto dall’art. 3, comma 5, del D.L.vo n. 148/2015 che per l’anno 2021 è a:
- 998,18 euro lordi e 939,89 netti se la retribuzione risulta inferiore o uguale a 2.159,48 euro;
- 199,72 euro lordi e 129,66 netti se la retribuzione risulta superiore a 2.159,48 euro.
L’art. 40 del D.L. n. 73 nulla dice:
- Sui tempi per la consultazione sindacale ed il raggiungimento dell’accordo ai quali ritengo applicabili le disposizioni relative al contratto di solidarietà difensivo disciplinato dal D.L.vo n. 148/2015;
- Sulla istanza che, presumibilmente, trattandosi di un ammortizzatore straordinario, dovrà essere presentata alla Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali e della Formazione del Ministero del Lavoro;
- Sui tempi di presentazione dell’istanza telematica che, presumibilmente, saranno identici e che avverrà attraverso il sistema della CIGS on line;
- Sui tempi di approvazione della domanda;
- Sulle modalità di pagamento della integrazione salariale;
- Sui controlli che, presumibilmente, se richiesti, saranno affidati alle articolazioni territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
In ordine a tali questioni e a tutte le fattispecie del nuovo contratto di solidarietà si attendono, con fiducia, i chiarimenti amministrativi del Ministero del Lavoro il quale, anche in relazione ad eventuali controlli (se vorrà chiederli), dovrà, a mio avviso, aggiornare la casistica prevista dalla circolare n. 27/2016 della Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali e della Formazione, indirizzata, a suo tempo, agli organi ispettivi delle Direzioni territoriali del Lavoro, in quanto si tratterà di verificare, in concreto, il calo del fatturato, il rispetto dei nuovi limiti massimi di integrazione ed i contenuti dell’accordo raggiunto dal datore di lavoro con le organizzazioni sindacali.
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