Il diritto alla disconnessione nello smart-working
Da tanto tempo, soprattutto da quando, con la crisi pandemica, il lavoro agile ha avuto uno sviluppo pressoché inarrestabile, si parla di diritto alla disconnessione, ossia dell’esigenza che il dipendente, soprattutto nella forma che lo smart-working ha assunto nel corso del 2020 con fortissime somiglianze al telelavoro, “stacchi” dall’azienda.
Abbiamo assistito, infatti, nell’anno appena trascorso, a procedure dettate dall’avanzare vorticoso del Covid-19 che ha portato, il più delle volte, a forme unilaterali di lavoro agile, dettate dall’esigenza di allontanare, laddove possibile, i lavoratori dal loro posto, lasciandoli nelle proprie abitazioni, sulla base di procedure semplificate comunicate telematicamente al Ministero del Lavoro.
Ma quali sono, ad oggi, le norme di riferimento sulla disconnessione?
La prima si rinviene nell’art. 19 della legge n. 81/2017, la quale, riferendosi all’accordo individuale tra datore di lavoro e dipendente, afferma che vanno individuati sia i tempi di riposo del lavoratore che le misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
A tale disposizione si è ora aggiunto, l’art. 2, comma 1-ter del D.L. n. 30/2021 convertito, con modificazioni, nella legge n. 61 che, in un certo senso, rafforza la disconnessione. In essa viene chiarito che:
- Il lavoratore agile ha diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti;
- Sono fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati;
- L’esercizio del diritto alla disconnessione è necessario per tutelare sia i tempi di riposo che la salute e non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro e sui trattamenti d natura economica.
La novità, rispetto al passato, inserita nella legge di conversione del D.L. n. 30/2021, è che la disconnessione viene identificata come un vero e proprio diritto le cui limitazioni sono, soltanto, quelle scaturenti dall’accordo individuale e dalle eventuale reperibilità stabilita nello stesso.
Da quanto appena detto discende che:
- Il lavoratore, al di fuori delle fasce orarie concordate, non ha alcun obbligo di restare connesso alle piattaforme ed agli strumenti aziendali;
- Il lavoratore, al di fuori delle fasce lavorative concordate, non è tenuto a rispondere alle telefonate e/o a messaggi di posta elettronica.
Alcune considerazioni sul diritto alla disconnessione vanno, a mio avviso, effettuate nella previsione di accordi prossimi venturi che, necessariamente, dovranno sottoscriversi, se si vorrà continuare sulla strada di tale modalità lavorativa, dopo la fine della pandemia e dopo la fine del c.d. “lavoro agile semplificato”.
La tutela dei tempi di riposo e della salute significa che, pur nella libertà della prestazione all’interno di determinate fasce, saranno necessarie undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore, secondo la previsione contenuta nell’art. 11 del D.L.vo n. 66/2003, fatta salva l’ipotesi della sussistenza di un regime di reperibilità. Ma tutela dei riposi significa anche rispetto della c.d. “pausa minima” (art. 8) all’interno delle fasce orarie di prestazione, ma anche rispetto del riposo settimanale, con le modalità indicate dall’art. 9.
Il diritto alla disconnessione, come detto, non può incidere, in alcun modo, sia sul rapporto di lavoro che sui trattamenti retributivi: ciò significa che una volta stabilito per iscritto deve essere garantito, ed il suo legittimo esercizio non può portare a provvedimenti disciplinari o a diminuzione del trattamento economico. Ricordo, per completezza di informazione, che il comma 2 dell’art. 21 della legge n. 81/2017 affida all’accordo il compito di individuare le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari e, ovviamente, queste ultime non possono contemplare “pene” correlate direttamente od indirettamente all’esercizio del diritto alla disconnessione.
La norma, che è stata appena pubblicata in Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 112 del 12 maggio 2021), si pone in linea con una risoluzione, approvata dal Parlamento Europeo nel mese di gennaio di quest’anno, con la quale si invita la Commissione a presentare una proposta di Direttiva per regolamentare, in maniera uniforme, la modalità di “smart-working” presso tutti i Paesi aderenti. L’obiettivo di tale iniziativa è, sostanzialmente, quello di evitare forme di sfruttamento attraverso il sistema del lavoratore “sempre connesso”.
La strada della sottoscrizione di accordi individuali, soprattutto nelle piccole e medie realtà aziendali, ove non si hanno punti di riferimento nella contrattazione collettiva aziendale che, invece, è abbastanza sedimentata presso le grandi imprese, potrebbe non essere semplice, ma essa si presenta come, assolutamente, necessaria, se si vorranno evitare possibili contenziosi.
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