Assunzioni: nuovi incentivi all’orizzonte [E.Massi]
Analisi approfondita degli interventi per favorire l’occupazione e la ripartenza dopo la fine della crisi pandemica contenuti nella Legge di Bilancio 2021
Gli articoli 4 e 5 del disegno di legge di Bilancio per il 2021 prevedono alcuni benefici per le assunzioni e l’occupazione che, seppur abbastanza somiglianti, con altri sgravi previsti dal Legislatore negli anni scorsi, potrebbero aiutare i datori di lavoro nella ripartenza dopo la fine della crisi pandemica.
Incentivi per le assunzioni giovanili
L’art. 4 si occupa delle agevolazioni che tendono a favorire l’occupazione stabile dei giovani attraverso le assunzioni a tempo indeterminato (anche part-time) e le trasformazioni dei contratti a termine effettuate tra il 1° gennaio 2021 ed il 31 dicembre 2022. I giovani che non debbono aver compiuto il trentaseiesimo anno di età (ossia, 35 anni e 364 giorni al momento della instaurazione concreta del rapporto o della trasformazione). I benefici non riguardano i contratti di apprendistato (che fruiscono di un particolare “status” contributivo) ed i rapporti di lavoro domestico, nonché quelli del personale con personale con qualifica dirigenziale. Per questi ultimi la notazione scaturisce dal fatto che vengono richiamati i commi 100 e seguenti dell’art. 1, della legge n. 205/2017, ove si afferma che il campo di applicazione è quello dei contratti a tempo indeterminato “a tutele crescenti”: ciò comporta che lo sgravio si possa applicare soltanto per le assunzioni di operai, impiegati o quadri. La norma, seguendo un consolidato indirizzo amministrativo, riguarderà anche i soci delle cooperative che, dopo l’instaurazione del rapporto associativo, saranno assunti a tempo indeterminato secondo la previsione dell’art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001.
La disposizione prende a specifico riferimento l’art. 1, commi da 100 a 105 e 107 della legge n. 205/1917, in ordine al quale l’INPS fornì le proprie indicazioni con la circolare n. 40/2018.
Il beneficio viene riconosciuto nella misura del 100% per un periodo massimo di 36 mesi, nel limite massimo di 6.000 euro l’anno sulla contribuzione dovuta dal datore di lavoro, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. L’esonero contributivo viene portato ad un massimo di quarantotto mesi in favore dei datori di lavoro che effettuino assunzioni in una sede di lavoro od una unità produttiva (identificabile, a mio avviso, con la matricola INPS) ubicata in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Per queste ultime Regioni si ha motivo di ritenere che le assunzioni, possano riguardare anche lavoratori residenti in altre Regioni: ovviamente il loro luogo di lavoro deve essere in una di quelle sopra individuate e il beneficio, usufruibile per quattro anni, resterà fino a quando la prestazione continuerà a svolgersi in tali ambiti territoriali.
Il richiamo al comma 100 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 porta ad una serie di questioni che vanno, subito affrontate.
La prima riguarda il campo di applicazione. Si fa riferimento ai datori di lavoro privati: in tale ambito sono compresi gli imprenditori ma anche coloro che non lo sono come gli studi professionali, le fondazioni, le associazioni senza fine di lucro, ecc.. Ma l’elencazione non si ferma qui : seguendo gli indirizzi esposti dall’INPS in precedenti circolari, si ha motivo che siano compresi nell’agevolazione, gli Enti pubblici economici, gli ex IACP trasformati dalle leggi regionali in Enti pubblici economici, gli Enti, a capitale pubblico, che sono stati privatizzati e trasformati in società di capitali, le ex IPAB, le aziende speciali costituite anche in consorzio ex D.L.vo n. 267/2000, i consorzi di bonifica e quelli industriali, gli Enti morali e quelli ecclesiastici.
La seconda concerne la composizione dello sgravio: il comma 100 sopra richiamato fa riferimento ai contributi a carico dei singoli datori di lavoro per un importo massimo di 6.000 euro su base annua, riparametrato ed applicato su base mensile (secondo criteri che, seppur analoghi al passato, necessitano di una nota dell’Istituto) , con esclusione dei premi e contributi INAIL e, secondo un indirizzo consolidato, dei c.d. “contributi minori” come:
- Il contributo, ove dovuto, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ex art. 2120 c.c. (art. 1, comma 755 della legge n. 296/2006);
- Il contributo, ove dovuto, ai fondi bilaterali, al FIS ed ai Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano, previsti dal D.L. vo n. 148/2015;
- Il contributo dello 0,30% in favore dei Fondi interprofessionali per la Formazione continua ex art. 118 della legge n. 388/2000;
- Il contributo, ove dovuto, per il Fondo del settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali;
- Le contribuzioni non previdenziali concepite per apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento (v. circolare n. 40/2018).
Il richiamo al comma 101 ha, come conseguenza, che i lavoratori, alla data della prima assunzione incentivata, non debbano essere già stati occupati a tempo indeterminato con lo stesso o altro datore di lavoro, fatta salva l’ipotesi, richiamata dal comma 103, in cui per un lavoratore sia stato, parzialmente fruito l’esonero, e sia riassunto a tempo indeterminato da altro datore che può usufruire del beneficio per il periodo utile alla fruizione dell’agevolazione, indipendentemente dall’età anagrafica del lavoratore alla data della nuova assunzione.
Questa disposizione fa sì che il beneficio, se rimarranno validi i principi, indicati, in passato nella circolare n. 40/2018, non spetterà se i soggetti interessati avranno avuto nella propria vita lavorativa precedenti rapporti a tempo indeterminato, non essendo ostativi i periodi di un rapporto di apprendistato “non stabilizzatosi” al termine del periodo formativo. Ritengo che non possa essere ostativo neanche un rapporto di lavoro intermittente pur se tempo indeterminato, atteso che tale tipologia non assicura stabilità nell’attività, essendo di natura episodica e saltuaria e legata alla “chiamata” del datore.
Il comma 104 è richiamato ma è, in un certo senso, derogato, dal comma 3 dell’art. 4 del disegno di legge di Bilancio 2021: l’esonero spetta se:
- I datori di lavoro non hanno proceduto nei sei mesi antecedenti a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966 o a procedure collettive di riduzione di personale ai sensi degli articoli, 4, 5 e 24 della legge n. 223/1991 che abbiano riguardato lavoratori inquadrati con la stessa qualifica nella stessa unità produttiva. Giova ricordare che, fino a sei mesi dal recesso, sussiste un diritto di precedenza ai sensi dell’art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949;
- I datori di lavoro non procedono, nei nove mesi successivi all’assunzione a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o a procedure collettive di riduzione di personale che riguardino dipendenti con la stessa qualifica del lavoratore assunto nella medesima unità produttiva.
Lo sgravio contributivo spetta nel rispetto di quanto previsto dall’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 e dall’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015.Da ciò discende che non viene riconosciuto se non c’è:
- Regolarità contributiva;
- Rispetto degli obblighi di legge;
- Rispetto degli accordi e contratti collettivi sottoscritti delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale e, se esistenti territoriali od aziendali;
- Rispetto di obblighi preesistenti stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva;
- Rispetto di diritti di precedenza;
- Rispetto dei lavoratori posti in integrazione salariale, a meno che le assunzioni non siano di livello diverso rispetto ai lavoratori assunti con l’incentivazione o riguardi un’altra unità produttiva. Su questo punto, tuttavia, si potrebbero aprire spiragli interpretativi positivi, alla luce del fatto che l’ammortizzatore sociale COVID-19 è stato, di recente, assimilato dall’INPS alle integrazioni salariali derivanti da forza maggiore e questo non escluderebbe la possibilità di nuove assunzioni;
- Rispetto della disposizione che vieta l’assunzione di lavoratori licenziati nei sei mesi antecedenti da datori di lavoro in rapporti di collegamento o controllo o da aziende facenti capo alla stessa proprietà anche per interposta persona.
Il comma 4 dell’art. 4 ricorda che le norme non trovano applicazione alle prosecuzioni di contratto di contratto ed alle assunzioni previste dai commi 106 e 108 dell’art. 1, della legge n. 205/2017: di cosa si tratta?
Le norme incentivanti non trovano applicazione alla prosecuzione del rapporto di apprendistato nei dodici mesi successivi al tredicesimo dal consolidamento del contratto al termine del periodo formativo (comma 106) ed alle assunzioni dei giovani (comma 108) che vengono assunti al termine del periodo di alternanza scuola-lavoro, nel rispetto delle modalità ivi previste.
Con l’ultimo comma, il n. 5, si stabilisce che le agevolazioni individuate sono soggette all’autorizzazione di Bruxelles ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato dell’Unione. Probabilmente, la richiesta alla Commissione Europea è determinata dal fatto che in alcune Regioni del centro sud lo sgravio ha una durata maggiore (quarantotto mesi).
Esonero contributivo per assunzioni di donne
L’art. 5 del disegno di legge di Bilancio 2021 prevede un particolare beneficio in favore dei datori di lavoro che assumeranno donne nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 ed il 31 dicembre 2022. Riprendendo la previsione contenuta nei commi da 9 a 11 dell’art. 4 della legge n. 92/2012, la norma afferma che la percentuale di sgravio è riconosciuta, in via sperimentale e non strutturale, nella misura del 100% nel limite massimo di importo annuo pari a 6.000 euro.
Tale somma si riferisce alla contribuzione a carico dei datori di lavoro, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e dovrebbe escludere, oltre ai premi e contributi INAIL, anche i c.d. “contributi minori” che ho elencato pocanzi parlando dell’incentivo per l’occupazione giovanile.
Per comprendere la portata della novità che si intende introdurre, credo che sia necessario rifarsi alle disposizioni appena richiamate ed ai chiarimenti amministrativi, a suo tempo, emanati: in particolar modo, la circolare INPS n. 111/2013 e quella del Ministero del Lavoro n. 34/2013.
Le assunzioni, in mancanza di una indicazione specifica del Legislatore, potranno essere a tempo indeterminato, determinato e con modalità di tempo parziale, ma anche dopo l’instaurazione del vincolo associativo seguito da un rapporto di lavoro subordinato nelle cooperative di produzione e lavoro, secondo la previsione dell’art. 1, comma 3, del D.L. vo n. 142/2001. L’agevolazione viene, altresì, riconosciuta anche in caso di assunzione a scopo di somministrazione. Lo sgravio contributivo sarà per un massimo di 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato: esso si protrarrà fino a 18 nel caso in cui il rapporto venga trasformato a tempo indeterminato, mentre nell’ipotesi in cui lo stesso sia, sin dall’inizio, a tempo indeterminato l’incentivo viene previsto, da subito, per i complessivi 18 mesi. Ovviamente, in caso di assunzione a tempo parziale, le agevolazioni sono in proporzione. È appena il caso di aggiungere che l’agevolazione contributiva non possa riferirsi ad un contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato che non assicura la stabilità dell’occupazione.
L’incentivo verrà riconosciuto, oltre che nel rispetto delle condizioni generali previste dall’ordinamento che, come per tutte le agevolazioni, sono quelle richiamate dall’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 e dall’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015, anche a fronte di un incremento netto del numero dei lavoratori dipendenti dal datore di lavoro, rispetto alla media dei 12 mesi antecedenti, come sottolinea il comma 2 dell’art. 5 del disegno di legge. Il calcolo dell’incremento va effettuato mensilmente avendo quale parametro di riferimento il numero dei lavoratori equivalenti al tempo pieno: l’incremento va fatto tenendo presente anche il concetto di “impresa unica” al quale si riferisce l’art. 2, paragrafo 2, del Regolamento n. 1408/2013, richiamato anche dall’art. 31, comma 1, lettera f), del D.L.vo n. 150/2015. Tale concetto è, espressamente, richiamato dal comma 2 dell’art. 5, laddove si afferma che l’incremento va considerato al netto delle diminuzioni del numero dei dipendenti verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’art. 2359 c.c. o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso proprietario. Sono esclusi dal computo della media i dipendenti che non sono più al lavoro per:
- Dimissioni volontarie: oggi, sono soltanto quelle rese con la procedura richiamata dall’art. 26 del D.L. vo n. 151/2015 e con i chiarimenti amministrativi del Ministero del Lavoro;
- Invalidità;
- Pensionamento per raggiunti limiti di età: qui, alla luce delle novità introdotte anche di recente, andrà chiarito se rientrino nelle esclusioni i dipendenti che sono andati in pensione anticipatamente (ad esempio, con “quota 100”) o i lavoratori che hanno risolto il rapporto con la c.d. “APE aziendale”, che sotto l’aspetto normativo è un “prestito”: in questi ultimi casi, tuttavia, la questione può trovare una soluzione attraverso le dimissioni volontarie (ma non la risoluzione consensuale o il licenziamento);
- Riduzione volontaria dell’orario di lavoro;
- Licenziamento per giusta causa.
In passato, con l’interpello n. 34 del 17 dicembre 2014, il Ministero del Lavoro chiarì che se il requisito occupazionale non risulta per tutti i mesi di fruizione ed il datore lo ha, comunque, goduto, esso dovrà essere restituito o recuperato coattivamente.
Ma quali sono i requisiti dei quali, a norma dei richiami effettuati dall’art. 5 alle precedenti disposizioni contenute nella legge n. 92/2012, debbono essere in possesso le donne?
Esse debbono essere prive di un lavoro regolarmente retribuito:
- Da almeno 6 mesi, se residenti in Regioni ammissibili al finanziamento nell’ambito dei Fondi strutturali o, in alternativa, essere assunte per una professione o in un settore economico caratterizzato da una forte disparità occupazionale di genere. Tale ultimo requisito viene determinato, annualmente, con un D.M. del Ministro del Lavoro. Per il 2021 i settori sono stati individuati con D.M. n. 234 del 16 ottobre 2020;
- Da almeno 24 mesi, ovunque residenti.
Ma, cosa significa essere “prive di un lavoro regolarmente retribuito da almeno 6 mesi”?
La risposta la offre il D.M. 17 ottobre 2017 del Ministro del Lavoro: sono non solo le donne disoccupate, ma anche quelle che in tale periodo non hanno avuto un rapporto di lavoro subordinato o attività lavorativa autonoma da cui sia derivato un reddito che per le prestazioni subordinate non è superiore agli 8.000 euro e per quelle autonome a 4.800 euro.
Per quel che concerne il requisito della residenza, in passato, si è fatto riferimento a quella effettiva, senza alcuna specificazione di durata temporale.
L’ultimo comma dell’art. 5 subordina lo sgravio al “via libera” della Commissione Europea: esso potrà essere concesso nei limiti ed alle condizioni fissati con il c.d. “Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato, adottato il 1° marzo 2020 e la cui efficacia termina il 30 giugno 2021 che autorizza gli Stati membri ad usufruire di ogni flessibilità per affrontare gli effetti della crisi pandemica. In base a quanto riportato nella sezione 3.1 del “Quadro” perché l’aiuto sia compatibile la Commissione richiede:
- Che il tetto dei benefici non sia superiore a 800.000 euro per ogni impresa;
- Che l’aiuto sia concesso entro e non oltre il 30 giugno 2021 e sulla base di un regime con budget previsionale;
- Che l’aiuto non riguardi aziende che erano già in difficoltà alla data del 31 dicembre 2019.
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3 Commenti
Simone Emili
Aprile 14, 11:33Dott. Massi, buongiorno.
La circolare INPS n. 56/20201 dice, al paragrafo 5.2:
“2) il lavoratore, nel corso della sua vita lavorativa, non deve essere stato occupato, presso il medesimo o qualsiasi altro datore di lavoro, in forza di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Al riguardo, si precisa che, come previsto dal comma 101 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2018, I PERIODI DI APPRENDISTATO, SVOLTI IN PRECEDENZA, NON SONO OSTATIVI al riconoscimento dell’agevolazione”.
La circolare INPS n. 40/2018 invece recitava:
” I PERIODI DI APPRENDISTATO, SVOLTI IN PRECEDENZA PRESSO IL MEDESIMO O ALTRO DATORE DI LAVORO, non sono ostativi ”
Nella circolare del 2021 manca quindi il riferimento al “medesimo datore di lavoro” , dettaglio fondamentale, perchè si trattava di un’estensione in via interpretativa di una norma, il comma 101, che non conteneva riferimenti al medesimo datore ma solo ad altri datori di lavoro.
Ho quindi l’impressione che, per come è scritta questa nuova circolare, l’esonero non sia applicabile a lavoratori che abbiano avuto in precedenza, col medesimo datore di lavoro, un contratto di apprendistato. Lei che ne pensa?
Simone Emili
Gennaio 03, 15:57La circolare 40/2018 dice : “si precisa che, come previsto dal comma 101 della norma in trattazione, i periodi di apprendistato, svolti in precedenza PRESSO IL MEDESIMO O ALTRO DATORE DI LAVORO, non sono ostativi al riconoscimento dell’agevolazione.”
L’art. 1 c. 101 della legge 2015/2017 però dice: “Non sono ostativi al riconoscimento dell’esonero gli eventuali periodi di apprendistato svolti PRESSO UN ALTRO DATORE DI LAVORO e non proseguiti in rapporto a tempo indeterminato”.
Non c’è una contraddizione? Da dove evince il ministero che la non ostatività valga anche per gli apprendistati svolti presso il medesimo datore”?
Paolo E.V.
Dicembre 18, 17:33Buonasera dott. Massi,
per lo sgravio donne, in caso di trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato (e dunque estensione fino al 18° mese) è comunque richiesto il requisito del privo di impiego regolarmente retribuito? E se sì al momento della trasformazione o dell’assunzione?