Cambio di Appalto: una deroga alla sospensione dei licenziamenti [E.Massi]
Cambio di appalto: cosa cambia per la sospensione delle procedure collettive di riduzione di personale e quelle dovute a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo
La conversione del D.L. n. 18/2020, avvenuta, con modificazioni, attraverso la legge n. 27, ha apportato all’interno dell’art. 46, in tema di sospensione dei licenziamenti fino al prossimo 16 maggio (ma il termine sarà posticipato di tre mesi per effetto di una novità inserita in un prossimo provvedimento d’urgenza), una significativa novità: la sospensione delle procedure collettive di riduzione di personale e quelle dovute a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 della legge n. 604/1966, non si applicano nelle “ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto”.
Questa disposizione rappresenta, senza dubbio, una attenuazione rispetto al principio generale che ha bloccato i recessi dei datori di lavoro, a prescindere dai limiti dimensionali, a fronte della crisi epidemiologica che ha coinvolto tutto il nostro Paese e ove il Legislatore ha inteso, altresì, salvaguardare i posti di lavoro consentendo la fruizione delle integrazioni salariali di vario genere a tutti i lavoratori subordinati in forza alla data del 17 marzo 2020 (data modificata, rispetto all’originario 23 febbraio, dall’art. 41 del D.L. n. 23/2020).
Questa mia breve riflessione si focalizza, unicamente, sui cambi di appalto: mi riservo di tornare più compiutamente sull’argomento allorquando i contenuti dell’art. 46 saranno riscritti all’interno del Decreto Legge che l’Esecutivo si appresta a varare nei prossimi giorni.
A mio avviso, il testo non appare felicemente scritto in quanto sembrerebbe vincolare la legittimità dei recessi di chi ha perso l’appalto ad un comportamento positivo del nuovo appaltatore: tale positività si concretizzerebbe nella riassunzione del personale già impiegato nell’appalto.
Se andiamo a verificare, nel concreto, cosa ha scritto il Legislatore ci accorgiamo come l’assunzione da parte del nuovo appaltatore debba essere conseguente ad un obbligo scaturente da una disposizione di natura legale (ad esempio, l’art. 50 del c.d. “codice degli appalti pubblici”, laddove un forma di tutela è prevista per i servizi ad alta intensità di manodopera ove il costo sia pari ad almeno il 50% dell’importo totale del contratto), di CCNL (ad esempio, l’art. 4 del contratto collettivo multi servizi) o di clausola inserita nel contratto di appalto in base al quale la nuova azienda si è aggiudicata l’appalto.
Tutto questo, però, cozza con alcune realtà concrete: mi riferisco, ad esempio, al settore delle pulizie ove si è in presenza di CCNL, sottoscritti da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che sono specifici per i settori che rappresentano. Ebbene, cosa succede (e succede, sovente) se ad un’impresa del settore industriale delle pulizie che applica il CCNL multi servizi succede nella conduzione dell’appalto un’azienda artigiana che applica il CCNL del proprio settore?
Il primo CCNL prevede all’art. 4 che a parità di prestazioni contrattuali richieste dall’appaltante l’azienda subentrante assuma, senza periodo di prova, con gli stessi termini e condizioni, il personale operante sull’appalto nei 4 mesi antecedenti, con l’esclusione di quelli che non intendono passare a causa di dimissioni o di pensionamento: in caso di condizioni differenti, sarà onere delle organizzazioni sindacali e degli Enti territoriali trovare una sorta di mediazione tra l’impresa subentrante ed i lavoratori.
Già qui c’è una prima osservazione da fare: pur in presenza di due aziende che applicano lo stesso contratto sono fuori dalla sicurezza della riassunzione i lavoratori con contratto a tempo indeterminato in forza nell’appalto da meno di 4 mesi. Quei lavoratori non sono tutelati dalla norma contrattuale ma il loro datore di lavoro ha proceduto al licenziamento avendo perso la commessa. Che si fa? Sicuramente, in caso di contenzioso sindacale una certa soluzione si potrebbe trovare (molti di questi lavoratori, pur se a tempo indeterminato, sono in forza a tempo parziale, magari sono impiegati su più sedi di lavoro), ma il problema, sotto l’aspetto giuridico, rimane.
Il secondo contratto collettivo, quello del settore artigiano delle pulizie, prevede una sorta di franchigia fino a 3 dipendenti, nel senso che le imprese sono obbligate alle riassunzioni se l’appalto in questione occupa almeno 4 presone. Qui c’è molto spazio nella attività di mediazione che, sovente, vede coinvolti sia l’Ufficio delle conciliazioni delle controversie di lavoro dell’Ispettorato territoriale del Lavoro (che oggi si è ubicato all’interno del “processo servizi all’utenza”) che la c.d. “stazione appaltante”, ma in caso di mancata riassunzione (soprattutto, per i dipendenti “in franchigia”) il problema resta ed è grave, atteso che l’impresa che ha perso l’appalto potrebbe avere grosse difficoltà a riprenderli in servizio, a meno che, in questo periodo, non li metta in integrazione salariale.
C’è, poi, un’altra questione da mettere in evidenza: i tempi del licenziamento per fine appalto e quelli della riassunzione da parte del nuovo appaltatore non sempre coincidono se è vero (come è vero) che, sovente, anche le mediazioni che portano ad una conclusione positiva della controversia con l’assunzione dei lavoratori, richiedono tempo.
Alla luce di tali questioni mi sento di suggerire una ipotesi interpretativa che cerca di fornire una risposta coerente: il rispetto della clausola sociale inserita nei contratti collettivi per il cambio di appalto dovrebbe consentire al datore di lavoro uscente di recedere dai rapporti di lavoro con il proprio personale impiegato nell’appalto senza attendere che il nuovo appaltatore proceda alla riassunzione, anche in considerazione del fatto che la previsione contenuta nell’art. 46 non correla direttamente le due ipotesi (cessazione del rapporto e nuova assunzione) ad un termine ben preciso.
Si tratta, comunque, di una disposizione “non felice”, probabilmente scritta sotto l’effetto della situazione emergenziale che stiamo vivendo, e che non risolve assolutamente, questioni non marginali, come quelle che ho sottolineato parlando del cambio di appalto nel settore delle imprese di pulizie.
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