Un lavoratore sta per raggiungere l’età per la pensione. L’azienda può recedere dal contratto senza le dimissioni?
Un lavoratore sta per raggiungere l’età per la pensione di vecchiaia. Vi chiediamo se l’azienda può recedere dal contratto anche in mancanza di dimissioni del dipendente.
Alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia, l’azienda può procedere al recesso del contratto di lavoro, rispettando i termini di preavviso (o pagamento la relativa indennità).
L’eventuale continuazione del rapporto può avvenire esclusivamente qualora vi sia la condivisione di entrambe le parti, in quanto la permanenza al lavoro non è un diritto potestativo da parte del lavoratore (Cassazione sentenza n. 17589/2015).
È possibile approfondire l’argomento leggendo l’editoriale di Eufranio Massi “Lavorare fino a 70 anni: necessità dell’accordo con il datore”. Di seguito un piccolo estratto:
[…] La sentenza sulla quale intendo soffermarmi è la n. 17589 del 4 settembre 2015: secondo la Suprema Corte l’art. 24, comma 4, non riconosce al lavoratore un diritto soggettivo di natura potestativa da esercitare nel caso in cui intenda continuare a lavorare fino ai 70 anni, rispetto al quale l’imprenditore non ha alcun motivo per opporsi: il proseguimento della prestazione non può che essere la conseguenza di un accordo raggiunto con il proprio datore di lavoro[…]
[…] Il ragionamento parte da un esame sistematico della norma il cui obiettivo principale è quello di creare le condizioni per l’equilibrio del sistema previdenziale: si osserva che per il c.d. “sistema pubblico” gestito dall’INPS (Assicurazione generale obbligatoria e gestioni separate) viene esteso il sistema contributivo” pro-rata” con il progressivo innalzamento dei limiti di età e contributivi per il raggiungimento della pensione. Per le gestioni private, invece (tra le quali rientra l’INPGI) il Legislatore richiede che gli Enti garantiscano l’equilibrio tra entrate contributive e spese correlate alle prestazioni pensionistiche alla luce di bilanci tecnici proiettati ad un limite temporale di 50 anni.
La possibilità di proseguire l’attività lavorativa fino al compimento dei 70 anni, osservano le Sezioni Unite, è ipotizzata soltanto nella parte che disciplina il sistema pubblico ove si afferma che ” il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato dall’operare dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di 70 anni”, fermi “restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza” in essere per alcuni comparti come quello del pubblico impiego ove, oggi, il limite massimo per il pensionamento di vecchiaia risulta, inderogabilmente, fissato a 65 anni, con le sole eccezioni che riguardano alcune categorie come i Magistrati ed i Professori Universitari. Nella sostanza, la Corte, stante la genericità della norma contenuta nel comma 4 dell’art. 24, ha ritenuto che la incentivazione al prolungamento del rapporto non deve entrare in contrasto con le disposizioni che sul piano legislativo regolano i vari comparti (individuati sulla base della disciplina del rapporto sia sul piano della regolazione sostanziale che di quella previdenziale) di appartenenza del lavoratore e che potrebbero essere ostativi al nuovo regime previsto dalle disposizioni oggetto di esame[…]
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