Nel caso di licenziamento di lavoratori in somministrazione non trova applicazione la disciplina dettata in materia di licenziamenti collettivi dalla L. 223/91
Con l’Interpello n. 1/2015 il Ministero per il Lavoro ha opportunamente chiarito che non è mai applicabile alla somministrazione di manodopera la disciplina di cui alla L. 223/91, dettata in materia di licenziamenti collettivi. Nel caso di licenziamento di una moltitudine di dipendenti somministrati, pur se assunti a tempo indeterminato dall’agenzia per il lavoro e somministrati a termine o a tempo indeterminato in favore di qualsiasi utilizzatore, trova sempre applicazione l’art. 7 della L. 604/1966 e la fattispecie si configura al pari di un licenziamento plurimo individuale.
La soluzione adottata dal Ministero potrebbe apparire prima facie scontata e banale, atteso che il dato normativo è da sempre stato estremamente chiaro: recita, infatti, l’art. 22, comma 4, del D. Lgs. 276/03 che “le disposizioni di cui all’art. 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223, non trovano applicazione anche nel caso di fine lavori connessi alla somministrazione a tempo indeterminato. In questo caso trovano applicazione l’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e le tutele del lavoratore di cui all’articolo 12”.
E così, di fronte all’estrema chiarezza della disposizione di legge, per quasi un decennio non vi è stato alcun dubbio tra gli operatori del settore circa il fatto che anche in caso di licenziamento di una pluralità di lavoratori somministrati, pur se assunti a tempo indeterminato, l’agenzia per il lavoro datrice non fosse mai tenuta ad attivare le procedure di cui agli articoli 4 e 24 della L. 223/91. Ed anzi, proprio in tale ambito, le parti sociali hanno introdotto, a partire dal 2008, una particolare procedura sindacale attivabile dall’agenzia per il lavoro ogni qualvolta non sia in grado di procedere da sola all’immediata ricollocazione di uno o più lavoratori somministrati assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato (così art. 23 CCNL Agenzie per il Lavoro del 24.07.2008, prima, e art. 25 CCNL del 27.02.2014, poi, cui pure in passato è stato dedicato un apposito articolo).
I problemi, tuttavia, sono iniziati a partire dal luglio 2012, con l’entrata in vigore della Legge n.92 (cd. Riforma Fornero), che ha totalmente riscritto l’art. 7 della L. 604/1966, introducendo il tentativo di conciliazione preventiva, da esperirsi innanzi alla competente Direzione Territoriale per il Lavoro ad iniziativa di qualsiasi datore di lavoro, munito dei requisiti dimensionali di cui all’art. 18 della L. 300/1970, che intenda intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo a un proprio dipendente. Come è noto, tale procedura – pacificamente applicabile anche ai casi di licenziamento di lavoratori somministrati intimati da un’agenzia per il lavoro (in tal senso si veda pure l’Interpello n. 27/2013 del medesimo Ministero per il Lavoro) – impone al datore di lavoro l’invio di una comunicazione preventiva alla DTL competente per territorio, con la quale questi dichiari l’intenzione di procedere al licenziamento e i motivi della decisione. Una volta ricevuta la comunicazione, la DTL provvede a convocare le parti (lavoratore e datore) per esperire il tentativo di conciliazione preventiva.
Ebbene, è capitato non di rado che talune Direzioni Territoriali per il Lavoro, una volta ricevuta la comunicazione promanante da un’Agenzia per il Lavoro inerente la volontà di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo di un numero di lavoratori somministrati superiore a cinque, abbiano negato la convocazione al tentativo di conciliazione, ritenendo applicabile alla fattispecie la procedura di cui agli articoli 4 e 24 della L. 223/91, dettata in materia di licenziamenti collettivi. Il rifiuto molto spesso è apparso al pari di una beffa, se sol si pensa che esso è giunto al termine della complessa e onerosa procedura preventiva, prevista dal CCNL per le Agenzie per il Lavoro, volta a favorire la ricollocazione dei lavoratori assunti a tempo indeterminato dalle Agenzie, la cui durata non è mai inferiore a sei mesi.
Tale condotta, tenuta anche da DTL estremamente importanti (tra le altre: Roma, Milano, Torino, ecc.), ha reso di fatto inapplicabile il pur obbligatorio “Rito Fornero” ai licenziamenti plurimi di lavoratori somministrati, lasciando di fatto le Agenzie per il Lavoro, anche se prive di alcuna colpa, in balia di eventuali successive impugnazioni giudiziali promananti dai lavoratori licenziati.
Per onestà intellettuale, va pure segnalato che un contributo tutt’altro che esiguo all’atteggiamento di chiusura perpetrato da tante DTL, lo aveva fornito proprio una precedente Circolare del Ministero per il Lavoro – la n. 3 del 16.01.2013 – con la quale il medesimo Dicastero aveva espressamente raccomandato che “nel caso in cui la Direzione territoriale del lavoro si accorga che il datore ha chiesto più di 4 tentativi di conciliazione per i medesimi motivi deve ritenere non ammissibile la procedura, invitando il datore di lavoro ad attivare quella di riduzione collettiva di personale prevista dalla L. n. 223/1991”, senz’altro precisare.
Ecco, dunque, che appare estremamente opportuno l’intervento chiarificatore del Ministero, che pone fine, una volta per tutte, alla querelle, sottolineando la non applicabilità alla somministrazione della disciplina dettata in materia di licenziamenti collettivi dalla L. 223/1991.
Per sostenere tale interpretazione, il Ministero fa ricorso non soltanto alla chiara lettera della legge, ma anche alla similitudine che appare legare la disposizione di cui all’art. 22, comma 4, del D. Lgs. 276/03 e quella di cui all’art. 4, comma 14, della L. 223/91, che esclude l’applicabilità della disciplina dei licenziamenti collettivi nei casi di “eccedenze determinate da fine lavoro nelle imprese edili e nelle attività stagionali e saltuarie, nonché per i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato”.
Si può, dunque, serenamente concludere che il licenziamento di lavoratori assunti a tempo indeterminato da un’agenzia per il lavoro ai fini della somministrazione – qualunque sia il numero di essi – integri sempre e soltanto la fattispecie del licenziamento plurimo individuale, e ciò sia che i recessi giungano al termine di una missione in somministrazione a tempo determinato, sia che essi conseguano al caso di fine lavori connessi ad ipotesi di somministrazione a tempo indeterminato.
A seguire l’interpello ex art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – risoluzione di rapporto di lavoro dipendente di lavoratori temporanei assunti a tempo indeterminato – gara pubblica per servizi di somministrazione di lavoro per 36 mesi.
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