I collaboratori familiari nell’artigianato, nel commercio ed in agricoltura [E. MASSI]
La nota di chiarimento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 50 del 15 marzo 2018 relativa ai collaboratori familiari nelle aziende che operano nei settori dell’artigianato, del commercio e dell’agricoltura, consente di effettuare una sorta di riassunto delle condizioni e delle modalità relative ad un loro legittimo utilizzo, alla luce anche degli indirizzi operativi, forniti, nel 2013, dalla Direzione Generale per l’Attività Ispettiva (ora confluita nell’INL).
La nota appena richiamata, condivisa con le strutture dell’INPS e dell’INAIL, intende fornire ulteriori indicazioni operative sia agli ispettori del lavoro che a quelli degli Istituti previdenziali che operano all’interno del coordinamento delle singole strutture territoriali dell’Ispettorato, in ossequio alle previsioni contenute nel D.L.vo n. 149/2015 e nei successivi provvedimenti attuativi.
Ma, cosa afferma, nel concreto, la lettera che si commenta?
Ricorda, innanzitutto, come la posizione lavorativa dei collaboratori familiari (“ivi compreso il coniuge o l’altra persona dell’unione civile”) debba essere esaminata caso per caso, presentando “sfaccettature” diverse che non è possibile ricondurre ad un “unicum”.
La prestazione lavorativa, per essere ricondotta all’interno della fattispecie che si sta esaminando, deve essere svolta, assolutamente, in forma gratuita, in forza del c.d. “vincolo di affezione od obbligazione morale”, come, ad esempio, chiaramente afferma l’art. 74 del D.L.vo n. 276/2003 il quale, a proposito delle prestazioni in agricoltura, richiama la occasionalità, il breve periodo e, appunto, le definisce possibili, senza alcun compenso, a “titolo di aiuto, mutuo aiuto ed obbligazione morale”.
Detto questo, la nota dell’Ispettorato ritiene che, la prestazione di un collaboratore familiare pensionato che non assicuri una presenza continuativa (i limiti massimi di durata furono ben esplicitati nelle lettera n. 10478 del 10 giugno 2013) o quella del familiare che già sia impiegato in una attività a tempo pieno, sia, in linea di massima, riconducibile a prestazioni di natura solidaristica, circoscritte nel tempo e, quindi, occasionali, cosa che, come conseguenza, comporta la “non iscrizione alla relativa gestione previdenziale”.
Si tratta di un “indice di valutazione” per gli organi di vigilanza che si ricollega ai criteri legali individuati dal Legislatore per l’artigianato dall’art. 21, comma 6-ter, del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 326 (90 giorni nell’anno), ove, in ogni caso, pur in presenza della assoluta gratuità, per i parenti e gli affini entro il terzo grado (anche se studenti), sussiste l’obbligo della iscrizione all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali ex DPR n. 1124/1965.
Un discorso analogo va fatto per il settore agricolo ove la previsione della obbligazione morale gratuita viene allargata ai parenti ed agli affini entro il quarto grado: essa è ben esplicitata nell’art. 74 del D.L.vo n. 276/2003 sopra richiamato.
Leggermente diverso, come aveva sottolineato, a suo tempo, la nota ministeriale del 10 giugno 2013, è il discorso relativo al settore del commercio ove, però, può, legittimamente, essere richiamato l’art. 29 della legge n. 160/1975, modificato dalla legge finanziaria n. 662/1996 ove si afferma che l’iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, sussiste per i titolari ed i gestori delle imprese, a prescindere dal numero dei dipendenti, allorquando le aziende siano organizzate con il loro lavoro e con quello dei familiari, compresi i parenti e gli affini entro i terzo grado, o familiari e coadiutori che partecipino personalmente al lavoro aziendale con abitualità e prevalenza. Ovviamente, anche in questo caso, la caratteristica esimente dalla iscrizione presso l’INPS è rappresentata dalla gratuità e dalla occasionalità la quale prendendo quale riferimento temporale quello espresso per il settore artigiano viene ricondotta, a 90 giorni, intesi come frazionabili in ore, ossia 720 giorni nell’anno solare.
Da quanto appena detto discende che, pur nel caso del superamento del limite giornaliero, la prestazione del familiare rientri nella occasionalità se resta, comunque, all’interno del tetto orario (720 ore).
Ma, questo tetto massimo come si raccorda con le attività di natura stagionale nel settore turistico, ove le imprese sono operative soltanto in alcuni periodi dell’anno? E’ sempre lo stesso o va rapportato alla durata dell’attività?
La risposta, chiara, ce la fornisce la nota n. 50 allorquando afferma che i 90 giorni nell’anno vanno riparametrati in relazione alla durata dell’attività stagionale: se questa, ad esempio, dura 3 mesi, i giorni rispetto ai quali va considerata l’occasionalità, sono 22 (il tutto è frutto di una semplice operazione matematica 90:365×90=22).
Ma, cosa sono la parentela e l’affinità, con i relativi gradi, che consentono di far considerare taluni soggetti come collaboratori familiari?
La parentela è il vincolo che lega le persone che discendono dallo stesso stipite, mentre l’affinità è il vincolo che unisce un coniuge ai parenti dell’altro coniuge.
I parenti di primo grado sono i genitori ed i figli, quelli di secondo, i nonni, i fratelli, le sorelle ed i nipoti che siano figli dei figli, quelli di terzo, i bisnonni e gli zii, i nipoti (figli di fratelli e sorelle) ed i pronipoti (figli dei nipoti di secondo grado).
Gli affini di primo grado sono i suoceri, quelli di secondo i nonni del coniuge ed i cognati, quelli del terzo, i bisnonni del coniuge, gli zii del coniuge ed i nipoti, ossia i figli dei cognati.
Ma, a quale soggetto imprenditoriale va riferito il vincolo coniugale, di parentela o di affinità?
L’analisi (ne è ben conscia la nota ministeriale del 2013) può presentare, talora, alcune criticità: in linea di massima l’obbligo contributivo è in capo sia all’imprenditore individuale che a quello associato, qualunque sia la forma societaria (personale, in accomandita o a responsabilità limitata) come, ad esempio, per il settore artigiano, ricorda l’INPS con alcuni chiarimenti amministrativi espressi in passato (circolari n. 94/1987, n. 126/1997 e n. 179/1997). In agricoltura al questione appare leggermente diversa in quanto occorre far riferimento alle figure del coltivatore diretto, del colono, del mezzadro e dell’imprenditore agricolo professionale.
Tornando agli indici sopra definiti va detto che gli stessi debbono ispirare sia l’azione degli organi di vigilanza che quella dei Capi chiamati ad adottare i provvedimenti definitivi sia di carattere sanzionatorio, attraverso l’ordinanza-ingiunzione, che destinati al recupero della contribuzione obbligatoria (la nota del giugno 2013 afferma che il mancato rispetto delle istruzioni adottate può avere conseguenze sotto il profilo disciplinare e per il Dirigente dell’Ispettorato territoriale può aver rilevanza nella valutazione individuale del comportamento organizzativo).
Ovviamente gli indici restano tali, nel senso che non hanno alcuna caratteristica di definitività: ciò significa che se l’ispettore raggiunge, dopo un accertamento rigoroso, sulla base della documentazione e delle dichiarazioni acquisite, la prova della sussistenza di un rapporto di lavoro che vada ben oltre il “vincolo di affezione”, dovrà effettuare una ricostruzione puntuale della situazione tale da “reggere” a possibili contestazioni della controparte e giungere ad una ricostruzione del rapporto in termini di prestazione lavorativa con le caratteristiche della abitualità o della prevalenza.
Il discorso è, in un certo senso, analogo (pur se va invertito) per quelle ipotesi in cui il familiare collaboratore sia stato inquadrato con alcune tipologie contrattuali come, ad esempio, il rapporto di lavoro subordinato.
Non c’è alcun divieto generale ma è chiaro che gli organi di vigilanza dovranno effettuare approfondimenti particolari (ad esempio, verificare se nella gestione del contratto di lavoro subordinato con il familiare vengono rispettati “in toto” tutti gli istituti tipici come il rispetto dell’orario di lavoro, dei riposi, delle ferie, dei controlli in caso di malattia, delle procedure disciplinari, ecc.).
La questione appena evidenziata non è affatto secondaria sol che si pensi ad ipotesi particolari come, ad esempio, l’iscrizione all’INPS in coincidenza con una gravidanza.
Ovviamente nel caso in cui, dopo un attento esame analitico con verifica documentale e testimoniale, si dovesse giungere al disconoscimento del rapporto, ciò potrà avvenire in assoluta tranquillità.
Quanto appena detto riguarda, sostanzialmente, i rapporti con l’INPS.
Completamente diverso è il discorso relativo agli obblighi assicurativi nei confronti dell’INAIL che scattano allorquando, a prescindere dal settore di operatività, la prestazione abbia una natura ricorrente e non occasionale. La nota del Ministero del Lavoro n. 14184 del 5 agosto 2013 fornisce, a tal proposito, un parametro oggettivo, nel senso che si ritiene accidentale una prestazione resa per una/due volte al mese e con un numero di giornate lavorate nell’anno non superiore a 10: da ciò scaturisce l’obbligo della DNA ed il pagamento del premio assicurativo.
La posizione testè espressa si riverbera anche su altri aspetti ispettivi come l’adozione del provvedimento di sospensione ex art. 14 del D.L.vo n. 81/2018: a tal proposito la nota sopra menzionata ricorda che:
- la base numerica sulla quale computare il totale dei lavoratori “presenti sul posto di lavoro al momento dell’accesso comprende anche i lavoratori che effettuano una prestazione non ricorrente”, ossia anche coloro che non sono soggetti all’assicurazione INAIL;
- ai fini della quota del 20% necessaria per l’adozione del provvedimento non vanno calcolati i lavoratori non assicurabili all’INAIL.
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1 Commenti
Manuel Fantuzzi
Settembre 03, 17:29Gentile Dott. Massi,
Avrei piacere di condividere con Lei le mie perplessità in ambito di lavoro tra famigliari.
Le riporto un caso concreto per semplicità.
SNC costituita tra tre fratelli (A+B+C) che opera nella gestione di un pubblico esercizio.
I tre soci vorrebbero avvalersi delle prestazioni (ovviamente a titolo gratuito) della propria madre e della moglie di A, soprattutto nei weekend dove il lavoro ovviamente aumenta.
La madre è pensionata INPS e la moglie è lavoratrice dipendete full/time presso altro datore di lavoro.
Leggendo quindi il suo articolo ho escluso per loro l’iscrizione alla gestione previdenziale in quanto considerati a tutti gli effetti collaboratori “occasionali”, a prescindere dal numero di ore di lavoro annue.
Mi chiedevo tuttavia quali siano gli adempimenti rimanenti.
Posto che le giornate lavorative saranno sicuramente superiori a 10 giorni, farò la DNA all’Inail per il pagamento del premio assicurativo.
Dovranno essere inseriti nel libro unico? Dovranno risultare in visura camerale?
In caso di ispezione cosa potrà “farmi dormire tranquillo”?
Attendo, come sempre, un suo prezioso aiuto.
Saluti