Attività lavorativa compatibile con l’indennità di disoccupazione (Naspi, Aspi, ecc.)
L’INPS, attraverso la circolare n. 174 del 23 novembre 2017, ha offerto dei pregevoli chiarimenti in ordine alla coesistenza totale o parziale del trattamento di disoccupazione (Naspi, ma non solo) con lo svolgimento di attività remunerative sia di natura subordinata che autonoma che, con cespiti derivanti dallo svolgimento di altre funzioni.
Si tratta di una circolare che consente ai lavoratori, ai datori di lavoro, ai soggetti che operano presso i servizi per l’impiego e le Agenzie di Lavoro, ai professionisti ed agli operatori sindacali, agli Uffici relazioni con il pubblico delle strutture periferiche dell’INL e del “neonato” URP del Dicastero del Lavoro, agli Ispettori del Lavoro delle articolazioni territoriali dell’Ispettorato, agli Ispettori degli Istituti previdenziali, di operare con una certa sicurezza, atteso che, spesso, il Legislatore (ne avremo un esempio anche nella legge di bilancio per il 2018 a proposito degli incentivi per gli “over 35” ubicati nelle Regioni del Meridione) subordina le agevolazioni alla mancanza di un lavoro regolare negli ultimi sei mesi, comunque correlato al reddito minimo da imposizione fiscale (8.000 euro per il lavoro subordinato e 4.800 euro per il lavoro autonomo). Si tratta di un concetto che è, ad esempio, alla base anche dei benefici previsti dall’art. 4 della legge n. 92/2012 in favore delle assunzioni di personale femminile a tempo indeterminato.
La chiara disamina dell’Istituto agevolerà, senz’altro, “in primis” l’attività di controllo degli organi di vigilanza dipendenti dall’INPS che, del resto, da sempre, sono stati attenti a questi fenomeni.
Ma, andiamo con ordine ricordando, sia pure brevemente, le precedenti circolari n. 94 e n. 142 del 2015.
Con la prima vengono, sostanzialmente, messi in evidenza i requisiti, il calcolo e la misura della Naspi, la condizionalità e l’incentivo alla imprenditorialità ed i limiti in presenza di un nuovo rapporto di lavoro subordinato: per quest’ultimo il percettore dell’indennità è tenuto a comunicare, entro un mese dall’inizio dell’attività, il reddito annuo previsto, fermo restando che il nuovo datore non deve essere lo stesso con cui si è avuto il precedente rapporto, né vi debbono essere rapporti di collegamento o controllo, né assetti proprietari coincidenti: il limite fissato per la continuazione della fruizione viene indicato in 8.000 euro.
Con la circolare n. 142, invece, si risponde ad una serie di questioni ma, tra le altre cose, viene stabilito che in caso di lavoro intermittente (senza indennità di disponibilità) di un fruitore di NASPI, quest’ultima viene sospesa per le giornate in cui vi è prestazione lavorativa e, in ogni caso, in applicazione di quanto affermato dall’art. 9, comma 2, del D.L.vo n. 22/2015, è ammesso il cumulo della prestazione di disoccupazione con il reddito da lavoro nel caso in cui questo non superi il limite degli 8.000 euro annui.
Naspi e compensi derivanti da stage, tirocini e borse di studio e di lavoro
Dopo aver ricordato i riferimenti normativi che sono nel D.L.vo n. 22/2015 agli articoli 9, commi 2 e 3, e 10, comma 1, l’INPS ammette che le logiche seguite dal DPR n. 917/1986 circa l’assimilazione a redditi da lavoro dipendente delle somme percepite a titolo di stage, tirocini, di borsa di studio, assegno, premio, sussidio per fini di studio od addestramento professionale (art. 50, comma 1, lettera c), sono diverse da quelle seguite dall’Istituto, in quanto, mancando una vera e propria attività lavorativa sia nel concreto, sia per dettato normativo (ad esempio, per i tirocini), non c’è remunerazione e contribuzione previdenziale, non essendoci alcun rapporto di lavoro. Di conseguenza, sussiste la piena cumulabilità con la Naspi ed il soggetto fruitore non è tenuto ad effettuare alcuna comunicazione.
Il medesimo discorso va fatto per i premi ed i compensi erogati nell’esercizio di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni, dall’UNIRE e dagli altri Enti promozionale: ci si trova di fronte ai c.d. “redditi diversi” di cui parla l’art. 67, lettera m, del DPR n. 917/1986.
Naspi e compensi per assegnisti e dottorandi di ricerca
Il discorso cambia, radicalmente, per i c.d. “assegnisti o dottorandi di ricerca con titoli di studio”: qui l’attività viene definita lavorativa, atteso che, a determinate condizioni, l’art. 7 della legge n. 81/2017, riconosce la DIS-COLL. Da ciò discendono, obbligatoriamente, due condizioni:
- i compensi non possono superare il limite degli 8.000 euro l’anno che rappresenta il tetto esente da imposizione fiscale;
- entro trenta giorni dall’inizio dell’attività, pena la decadenza dal trattamento di disoccupazione, o dalla presentazione della domanda di disoccupazione, se antecedente, i soggetti interessati hanno l’onere di comunicare all’Istituto il reddito che si presume di ottenere. Tale comunicazione va effettuata anche nell’ipotesi che la prestazione sia a titolo gratuito.
Naspi e contratto per prestazioni occasionali (PrestO)
Nel passaggio successivo l’INPS si occupa dei redditi derivanti dalle nuove prestazioni occasionali, disciplinate dall’art. 54-bis che, sono, per dettato normativo, esenti da IRPEF e che l’Istituto ben conosce per ogni prestatore interessato, in quanto sia la registrazione delle attività che l’erogazione dei compensi avvengono attraverso la piattaforma informatica dallo stesso gestita e di cui parla, ampiamente, la circolare n. 107/2017.
I lavoratori possono ottenere, al massimo, 5.000 euro nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre di ogni anno: il compenso è cumulabile con la Naspi ed il lavoratore non deve fare alcuna comunicazione, cosa che, in ogni caso, appare del tutto ovvia in quanto tutto è già tracciato in “piattaforma”. La comunicazione non è necessaria neanche per i percettori di indennità di sostegno del reddito (disoccupati, lavoratori in integrazione salariale), in quanto, sulla scorta della previsione contenuta nel comma 8, si provvede, in automatico, a sottrarre dalla contribuzione figurativa, gli accrediti delle prestazioni.
Naspi e compensi dei professionisti iscritti ad Albi professionali
Dopo questa specifica, del tutto analoga al trattamento, a sua tempo, riservato ai “voucher”, cancellati dal nostro ordinamento, per effetto del D.L. n. 25/2017, l’INPS si occupa dei redditi derivanti da attività di natura professionale da parte di soggetti iscritti alla Casse come, ad esempio, avvocati, ingegneri od architetti. Si tratta di ipotesi del tutto residuali rispetto alle quali, osserva l’Istituto, la contribuzione, essendo afferente alle Casse di categoria, non può essere riservata alla Gestione temporanea relativa ai lavoratori dipendenti, come richiede il comma 2 dell’art. 10 del D.L.vo n. 22/2015. Ciò dovrebbe portare alla incompatibilità tra indennità di Naspi e reddito derivante dallo svolgimento della propria professione: tale principio è, però, vero fino ad un certo punto, in quanto non può essere negata al professionista la percezione del trattamento in un’unica soluzione prevista dall’art. 8 ed operativamente definita dal D.M. 29 marzo 2013 (in realtà, questo provvedimento si riferiva all’ASpI che, normativamente, ha preceduto l’indennità di Naspi). .
Ora, se ciò è possibile, non si può escludere la compatibilità tra Naspi e reddito da prestazione professionale entro il limite economico che viene fissato in 4.800 euro, con l’obbligo per l’interessato, pena la decadenza, di informare l’Istituto entro un mese dall’inizio dell’attività al quale si riferiscono i compensi o dalla presentazione della domanda di Naspi se tale attività era preesistente.
Naspi e redditi dallo svolgimento di attività in ambito societario
La disamina dell’INPS relativa alla compatibilità della Naspi continua trattando le questioni relative ai redditi derivanti dallo svolgimento di attività in ambito societario (amministratore, consigliere e sindaco, socio di società di persone e di società di capitali, soci di s.n.c. e s.a.s.). Si tratta, come ben si vede, di situazioni che, sostanzialmente, si riferiscono ad un numero ristretto di soggetti.
Nel primo caso (amministratori e componenti del consiglio e componenti del collegio sindacale) partendo da quanto affermato dall’art. 50, comma 1, lettera c) bis, del DPR n. 917/1986 che assimila i compensi a reddito di lavoro dipendente, viene ritenuto applicabile l’art. 9 del D.L.vo n. 22/2015 ed il limite reddituale entro cui si ritengono consentite tali attività, in costanza di Naspi “cumulata”, è fissato in 8.000 euro. Anche qui, pena la decadenza, scatta l’obbligo della informazione all’INPS entro il mese successivo all’inizio della prestazione.
C’è, poi, il caso del socio di società di persone e di capitali ove l’art. 44, lettera e) del DPR n. 917/1986 considera redditi da capitale gli utili che scaturiscono dalla partecipazione allo stesso o al patrimonio della società: non c’è lavoro dipendente od autonomo e, quindi, il soggetto può percepire la Naspi per intero. Nel caso in cui, invece, si instauri un rapporto di lavoro subordinato, riemerge il limite di fruizione che è quello usuale attestato ad 8.000 euro, con l’onere della comunicazione all’INPS negli stessi tempi e modi già descritti pocanzi.
Un altro caso che, rispetto ai due precedenti, presenta alcune piccole differenze riguarda il socio di srl, laddove quest’ultimo, sebbene non abbia la piena responsabilità giuridica o rivesta il ruolo di amministratore, svolga un’attività all’interno della stessa, in maniera continuativa, prevalente e personale: esso è iscrivibile alla gestione separata degli artigiani, dei commercianti o per l’agricoltura. Da ciò ne consegue che il limite, per la compatibilità con la Naspi, è fissato in 4.800 euro, con il solito onere comunicativo nei confronti dell’Istituto, a pena di decadenza, entro il mese successivo dall’inizio dell’attività alla quale si riferiscono i compensi.
Naspi ed effetti derivanti dall’iscrizione in Albi professionali o dalla titolarità di partita IVA
Ma, quali sono gli effetti della percezione dell’indennità di disoccupazione rispetto alla iscrizione in Albi professionali o all’apertura della posizione IVA?
Di per se stesso, le situazioni appena descritte non sono, necessariamente, legate ad attività di lavoro autonomo: di qui l’invito, alle strutture territoriali dell’Istituto, a vagliare con attenzione le istanze di Naspi (anche con uno sguardo rivolto alle eventuali attività autonome precedentemente svolte), a verificare se la prestazione viene svolta e non è stata inviata alcuna comunicazione all’INPS: in caso di riscontro positivo, occorrerà procedere a dichiarare la decadenza dall’indennità ed a sospenderne l’erogazione. In tale ottica saranno, a breve, implementate le procedure finalizzate a rendere più facili e chiari gli accertamenti.
Attività autonome per le quali può essere riconosciuta la Naspi in unica soluzione
Da ultimo, la circolare n. 174 individua altre ipotesi nelle quali è possibile chiedere il trattamento di Naspi in un’unica soluzione (art. 8), quale incentivo all’attività autonoma, o per la costituzione di un’impresa individuale, o per la sottoscrizione di una quota sociale di una cooperativa, con l’ulteriore rapporto di natura lavorativa. Esse sono:
- attività professionale esercitata da professionisti iscritti alle Casse;
- attività di impresa commerciale, artigiana od agricola;
- costituzione di società unipersonale caratterizzata dal fatto che si è in presenza di un unico socio;
- costituzione o ingresso in società di persone (s.n.c. o in s.a.s.);
- costituzione o ingresso in società di capitali (s.r.l.).
La nota dell’INPS, giustamente, afferma che l’incentivo alla c.d. “auto imprenditorialità” non può essere riconosciuta nel caso in cui il lavoratore richieda l’indennità, in un’unica soluzione, per conferirla ad una società di capitali: tale partecipazione non appare riconducibile ad una espressione di lavoro autonomo o subordinato e, quindi, viene meno l’obiettivo per il quale tale beneficio è stato concepito.
Per completezza di informazione ricordo che l’istanza per l’anticipo, che risponde ai criteri già fissati nel D.M. n. 73380 del 29 marzo 2013 e nella circolare n. 62/2015, va presentata, in via telematica, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla data di inizio dell’attività autonoma o di impresa o dalla data di presentazione della domanda di Naspi se l’attività era preesistente o dalla data di sottoscrizione della quota di accesso al capitale sociale della società cooperativa.
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