Le ferie dei lavoratori: situazioni consolidate e questioni aperte [E.Massi]
L’analisi che segue si soffermerà sull’istituto delle ferie e su alcune questioni operative ad esse connesse, partendo dal presupposto costituzionale della irrinunciabilità del diritto, tradotto in norme “vivente” dall’art. 10 del decreto legislativo n. 66/2003 ove si afferma che, per ogni anno, esse debbono essere di almeno quattro settimane, ferma restando la possibilità del differimento entro i termini fissati dalla legge o dalla pattuizione collettiva. In ogni caso, l’istituto è, oggi, quasi interamente disciplinato dalla contrattazione collettiva o dalla prassi aziendale.
Premesso che alla concessione, per tutte le tipologie riferibili alla subordinazione, sono tenuti tutti i datori di lavoro va sottolineato come i giorni di ferie spettanti si calcolano alla luce di due variabili:
- la maturazione del diritto al momento del godimento che è legata alla effettiva prestazione lavorativa in costanza della stessa e delle assenze equiparate al servizio effettivo;
- la durata stabilita dalla contrattazione collettiva: in genere, la maturazione delle ferie è su 12 mesi ed il periodo, nella maggior parte dei casi, viene rapportato all’anno civile.
Chi non lavora per l’intero periodo di maturazione (ad esempio, perché assunto con contratto a termine inferiore ai 12 mesi o perché, in corso d’anno il rapporto, pur se a tempo indeterminato, si è risolto) fruisce di un periodo di ferie proporzionale all’orario svolto: le modalità di conteggio sono, in genere, dettate dalla contrattazione collettiva. Ovviamente, se il rapporto si è risolto in corso d’anno si possono prospettare due ipotesi:
- se il lavoratore non ha usufruito di ferie maturate queste vanno monetizzate calcolando le stesse sulla base della retribuzione in atto al momento del pagamento;
- se il lavoratore ha fruito in anticipo di ferie non maturate, queste possono essere trattenute in busta paga, attraverso la decurtazione delle giornate non maturate.
Come si diceva pocanzi, la legge prevede una durata minima annuale (quattro settimane), equivalenti, in caso di fruizione continuativa, a 28 giorni di calendario, come chiaramente affermato dal Dicastero del Lavoro con la circolare n. 8/2005 (la legge n. 977/1967 prevede periodi maggiori per i bambini impiegati nelle attività ammesse). Ovviamente, la contrattazione collettiva può prevedere una durata minima superiore come può disciplinare il calcolo dei giorni secondo calendario o lavorativi o le regole da seguire allorquando ci si trovi in presenza di giornate festive. In materia di computo delle ferie può, talora, incidere l’anzianità o il cambio di qualifica durante il periodo: qui è la contrattazione collettiva ad individuare gli scaglioni di servizio sui quali effettuare il computo.
Due parole si rendono necessarie sulla fruizione che, come detto, è un diritto irrinunciabile che pone in assoluta nullità qualunque norma collettiva o individuale contraria. Le ferie, nei limiti delle quattro settimane previste dal Legislatore, non sono assolutamente monetizzabili e, anzi, il rischio di non concederle, anche con l’accordo esplicito del lavoratore, espone il datore di lavoro a conseguenze, anche pesanti, in caso di contenzioso giudiziale. Sotto l’aspetto amministrativo la mancata fruizione è punita dall’art. 18, comma 3 del decreto legislativo n. 66/2003:
- da 100 a 600 euro nella generalità dei casi;
- da 400 a 1.500 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si è verificata in almeno due anni;
- da 800 a 4.500 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori in almeno quattro anni. In questo caso non è ammesso il pagamento in misura ridotta.
Sotto l’aspetto pecuniario, in via giudiziale, può essere individuato un danno non patrimoniale che va risarcito, magari correlando lo “status” di usura psico-fisica alla mancata fruizione delle ferie (Cass., 5 febbraio 2000, n. 1307): anche la previsione di un super minimo atto a compensare la mancata fruizione delle ferie è da ritenersi nulla (Cass., 19 dicembre 2013, n. 28428).
Ma, quali sono i termini per la fruizione delle ferie retribuite? Essi sono:
- per almeno due settimane nel corso del periodo di maturazione (se il lavoratore lo richiede debbono essere consecutive);
- per il periodo residuo entro i 18 mesi successivi all’anno della maturazione (fatta salva la previsione della contrattazione collettiva).
- i periodi eccedenti le quattro settimane possono essere, alternativamente, goduti entro i termini fissati dalla contrattazione collettiva, o secondo gli usi aziendali, monetizzati o, novità dello scorso anno, ceduti a titolo gratuito , secondo quanto previsto dall’art. 24 del decreto legislativo n. 151/2015, a colleghi per assistere figli minori che necessitano di cure costanti ed assistenza assidua, nel rispetto delle modalità fissate dalla contrattazione collettiva nazionale sottoscritta dalle associazioni comparativamente più rappresentative (al momento, la pattuizione collettiva non sembra aver fatto “passi da gigante” su questo argomento). Ovviamente, le condizioni poste dal Legislatore sembrano non derogabili e, in conseguenza di ci, ad esempio, le ferie non potranno essere cedute per assistere un parente anziano non autosufficiente, mentre, al contempo, non è posto alcun limite legato al livello di inquadramento contrattuale. Ci significa che ferie “in eccesso” di un impiegato amministrativo potrebbero essere cedute, gratuitamente, per la causale prevista dalla legge, ad un operaio, ma anche ad un dirigente.
In ordine a quanto appena detto si possono sottolineare alcune questioni:
- l’onere della prova della fruizione delle ferie spettanti spetta al datore di lavoro;
- le due settimane di ferie vanno, assolutamente, godute nell’anno di maturazione: in caso di sospensioni del rapporto di lavoro (ad esempio, intervento integrativo salariale) che rendano impossibile il godimento nell’anno, le stesse vanno fruite nel tempo stabilito dal datore secondo le esigenze dell’impresa e gli interessi del lavoratore;
- qualora le due settimane nell’anno non siano godute per cause imputabili al lavoratore (malattia, maternità, infortunio, ecc.), nulla può essere imputato al datore. In questo caso, l’interpello del Ministero del 18 ottobre 2006, prot. n. 25/I/ 0004908, ritiene che le stesse debbano essere fruite appena possibile e, comunque, entro i 18 mesi successivi o entro il termine fissato dalla contrattazione collettiva;
- se la sospensione temporanea per cause afferenti la condizione del lavoratore avviene nei 18 mesi successivi al periodo di fruizione, il termine resta legittimamente sospeso per un periodo pari al legittimo impedimento, riprendendo a decorrere nel momento in cui l’interessato riprende il lavoro;
- secondo l’interpello ministeriale sopra citato la contrattazione collettiva può ridurre il limite delle due settimane obbligatorie purché tale riduzione non vanifichi l’istituto delle ferie e sia motivata da esigenze eccezionali e può, altresì, prolungare il termine di 18 mesi ma entro il termine ulteriore che non ne snaturi la funzione.
Le modalità ed il periodo delle ferie sono, generalmente, stabilite dal datore di lavoro, attraverso un piano finalizzato, comunque, a garantire la continuità dell’attività aziendale. In tale quadro di riferimento possono essere stabilite ferie collettive, date contemporaneamente a tutti i lavoratori, con sospensione, anche parziale, dell’attività produttiva.
La determinazione delle ferie individuali spetta al datore: il lavoratore può soltanto indicare il periodo entro il quale intende fruirle. In ogni caso, afferma la Cassazione (Cass., 6 giugno 1991, n. 6431) il datore di lavoro deve mediare tra le proprie esigenze e gli interessi del dipendente, non potendo quest’ultimo, in ogni caso, assentarsi arbitrariamente. Dopo aver fissato le ferie, il datore di lavoro le può modificare, per esigenze aziendali e, al contempo, sempre per lo stesso motivo, può richiamare in servizio il dipendente, previo rimborso delle spese sostenute (comprese quelle “vive” legate alle prenotazioni) e per il rientro (eventuale) nel posto di villeggiatura.
Detto questo, è opportuno verificare le correlazioni tra le ferie ed altri istituti che, a vario titolo, possono interferire con le stesse. Cominciamo dalla malattia e da quanto affermato dalla Corte Europea di Giustizia con la sentenza del 10 settembre 2009 relativa alla causa C- 277/08. Se il lavoratore non è in grado di fruire delle ferie annuali a causa della malattia quand’anche insorta prima del periodo feriale, il diritto non si estingue con il termine dei 18 mesi successivi all’anno di maturazione (o quello diverso fissato dalla pattuizione collettiva): da ci discende che lo stesso ha diritto alla fruizione delle ferie maturate al termine della malattia.
La malattia insorta prima dell’inizio e protrattasi presenta conseguenze diverse secondo la tipologia delle stesse:
- se si tratta di ferie programmate il dipendente resta in malattia fino alla guarigione ed il suo diritto al godimento rimane integro;
- se si tratta di ferie collettive, se la malattia cessa durante le stesse, il lavoratore fruirà delle ferie restanti, fermo restando il diritto a recuperare quelle che non ha fatto.
Ma, cosa occorre fare per sospendere le ferie a causa della malattia?
La prima cosa da fare è comunicare “tempestivamente” tale “status” al datore di lavoro. Da ci discendono alcuni corollari:
- una volta comunicato lo stato di malattia con l’indirizzo del posto in cui ci si trova (qualora diverso da quello di residenza), le ferie vengono interrotte nel momento in cui il datore di lavoro ne viene a conoscenza, cosa che potrebbe non coincidere con il primo giorno di malattia (Cass., 6 aprile 2006, n. 8016);
- Il datore di lavoro può accertare la veridicità dello stato di malattia e l’eventuale compatibilità con l’istituto delle ferie. Sul punto vanno ricordate la circolare dell’Istituto 17 maggio 1999 n. 109 ed una sentenza della Corte Suprema (Cass. S.U. 23 febbraio 1998, n. 1947). Le linee guida dell’INPS prevedono l’interruzione delle ferie in alcune ipotesi riconducibili a stati febbrili, ricoveri ospedalieri, ingessatura di articolazioni, malattie gravi di organi ed apparati. La mancata verifica dello stato di malattia per comportamento imputabile all’interessato, preclude l’interruzione del periodo feriale.
Vediamo, ora, come le ferie interagiscono con altri istituti
Festività: se durante il periodo ricorrono alcune giornate di festività, queste non sono computabili nelle stesse.
Periodo di preavviso e periodo di prova: è lo stesso codice civile (art. 2109 c.c.) a non ritenerle compatibili.
Malattia del bambino: l’art. 47, comma 4, del decreto legislativo n. 151/2001 prevede che il ricovero ospedaliero del bambino fino ad 8 anni interrompa il decorso del periodo feriale del genitore.
Da ultimo, riprendendo un discorso già abbozzato in precedenza, va chiarita la questione delle ferie non godute per le quali, in talune specifiche ipotesi, è prevista la possibilità della corresponsione di una indennità sostitutiva.
È il caso, ad esempio, delle ferie eccedenti le quattro settimane: ebbene le giornate che sono ulteriori rispetto a quelle obbligatorie previste dall’art. 10 del decreto legislativo n. 66/2003, possono essere, di comune accordo, monetizzate, prendendo a riferimento la retribuzione in atto al momento del mancato godimento.
Può accadere, inoltre, che il rapporto si risolva in corso d’anno (per licenziamento, dimissioni o risoluzione consensuale) in un momento in cui non siano state ancora godute le ferie maturate: ebbene, le stesse sono sostituite da una indennità calcolata sulla retribuzione in essere al momento della cessazione del rapporto.
C’è, poi, il caso del contratto a tempo determinato rispetto al quale il Dicastero del Lavoro ha fornito le proprie indicazioni sia con la circolare n. 8/2005 che con l’interpello prot. n. 2041 del 27 luglio 2005. Se la durata del rapporto è inferiore all’anno è possibile monetizzarle ed il pagamento deve, comunque, avvenire al termine del rapporto: in ogni caso, durante il contratto il lavoratore può ben godere dei giorni maturati, finalizzati al recupero delle proprie energie psico-fisiche.
Un caso particolare è rappresentato dal lavoro all’estero: qui l’interpello n. 15 del 10 giugno 2008 sembra consentire l’erogazione della indennità sostitutiva di ferie non godute nel caso in cui sia trascorso un brevissimo lasso di tempo tra la decisione di inviare il lavoratore all’estero e la sua partenza, anche avendo considerato sia il Paese di invio che la durata del rapporto all’estero. Due parole, infine, sulla prescrizione prevista dall’art. 2948 relativa alla indennità sostitutiva. Gli orientamenti giurisprudenziali appaiono non concordanti: infatti se le si attribuisce natura retributiva il termine è, senz’altro, quinquennale (Cass., 10 maggio 2010, n. 11262), mentre se si ritiene che la stessa assuma la veste risarcitoria, il termine diventa decennale (Cass., 11 maggio 2011, n. 10341).
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1 Commenti
monica
Giugno 13, 18:17mi rimane un dubbio dopo aver letto l’articolo…
l’indennità sostitutiva pagata al lavoratore alla fine del rapporto è imponibile ai fini del tfr,
e se sì segue lo stesso trattamento anche l’indennità per i permessi non goduti???
leggo cose contrastanti,
grazie